L'analisi su Haaretz
“Hamas vuole la pace più di Israele”, l’accusa di Gideon Levy
“Una risposta negativa di Netanyahu al piano di Biden sarà un crimine di guerra. Significa dire sì a un ulteriore spargimento di sangue, sì al genocidio”, scrive su Haaretz
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
«Ci sono tutte le ragioni per trarre questa conclusione». Lo ha detto Joe Biden rispondendo a chi gli chiedeva, nel corso di un’intervista a Time, se il premier israeliano Benjamin Netanyahu stesse prolungando la guerra per motivi politici.
Le conclusioni a cui giunge l’inquilino della Casa Bianca sono la base di partenza del j’accuse lanciato da Gideon Levy. Che su Haaretz annota: “Quando Benjamin Netanyahu rifiuterà la proposta del presidente americano di venerdì sera – in realtà lo ha già fatto – Israele, e non solo la Corte penale internazionale dell’Aia, sarà costretta a dichiararlo criminale di guerra.
Una risposta negativa alla proposta di Joe Biden, la migliore offerta in città, l’ultima possibilità di salvare gli ostaggi, costituirà un crimine di guerra. Dire no a Biden signifi ca dire sì a un ulteriore, inutile, spargimento di sangue all’ingrosso, di soldati israeliani e, ancor più, degli abitanti di Gaza; sì alla morte degli ultimi ostaggi prigionieri di Hamas; sì al genocidio; sì alla guerra nel nord; sì alla dichiarazione di Israele come Stato paria.
Se Netanyahu dirà no a Biden – nulla di più certo – dirà sì a tutto questo. E chi afferma tutto questo dovrebbe essere condannato come criminale di guerra dal suo stesso Paese, a meno che non siamo tutti criminali di guerra. Tra venerdì e sabato sera, si poteva ancora provare piacere nell’illusione che Netanyahu avrebbe detto sì e che la guerra sarebbe finita. L’offerta del Presidente degli Stati Uniti, apparentemente un’offerta fatta da Netanyahu, era un’opera d’arte nella sua composizione, un piano diplomatico accorto per uscire dalla zona disastrata delle relazioni israelo-palestinesi.
Non ci sarà mai un piano migliore. L’offerta annuncia l’ultima possibilità per Israele di abbandonare questa guerra e tagliare le perdite. Ma ogni sabato giunge alla fi ne, con i guerrafondai che emergono dalle loro tane di Shabbat. Con la scelta di presentare il suo piano durante la prima serata per gli israeliani laici, venerdì sera, Biden ci ha dato un barlume di speranza, che è svanito non appena è apparso, con l’apparizione di tre stelle nei cieli di Israele, che annunciavano la fi ne dello Shabbat e la continuazione della guerra. Biden ha buone intenzioni. Israele ha intenzioni nefaste.
Biden vuole la pace, ma Israele vuole la guerra. Persino Hamas, a questo punto, vuole la pace più di Israele. Durante questa guerra, mi sono rifi utato di credere che Netanyahu fosse guidato esclusivamente dal suo destino politico. Il Netanyahu che conoscevo, credo, aveva altre considerazioni. Dicendo no a Biden, cancella le ultime vestigia del contegno da statista che aveva assunto, se ancora ne rimangono, l’aura di relativa moderazione e soprattutto ciò che abbiamo creduto per anni: che quando schierava l’esercito e intraprendeva una guerra, era il primo ministro più cauto e misurato che Israele abbia mai avuto.
La guerra del 7 ottobre ha incrinato questa convinzione fin dall’inizio. Continuare la guerra ora porrà fi ne a questa percezione per sempre. Continuare la guerra non solo rafforza i sospetti sulle motivazioni di Netanyahu, ma anche quelli sui suoi partner ed estorsori di destra: il loro obiettivo è il genocidio. Non c’è altro modo per descrivere la loro brama di vendetta e di sangue, sempre insaziabile. Ma non bisogna aspettare le loro parole.
I volantini distribuiti sabato dall’Idf a Beit Hanoun, che invitano i rifugiati tornati nelle loro case distrutte a evacuarle nuovamente, sono la vera risposta israeliana al piano del Presidente Biden di porre fine alla guerra. E illustrano anche come sarà la guerra d’ora in poi: un ciclo infinito di morte e distruzione. Dopo Rafah si torna all’inizio, al nord della Striscia di Gaza, come in una partita di Monopoli, ma con crudeltà, e da lì verso sud fino a Rafah, attraverso le rovine di Jabalya, e così via, nel fango intriso di sangue.
Le macchine da stampa dell’esercito non smetteranno di stampare volantini e i profughi palestinesi saranno spostati come bestiame in un mattatoio; fino a quando a Gaza non resterà in piedi nessuna pietra, né “scarti di legno per un fuoco o carbone per una stufa, un luogo senza pane, fuoco, acqua, solo con manciate di cenere”, secondo le parole del poeta Moshe Tabenkin.
Biden voleva porre fine a tutto questo. Lo vuole da molto tempo. Vuole farlo, ma non fa nulla. Al suo piano presentato venerdì avrebbe dovuto aggiungere una frase risolutiva. Se Israele rifiuta questo piano, gli Stati Uniti smetteranno immediatamente di fornirgli armi. Subito. Solo così si potrà porre fine a questo incubo, un orrore che per ora non ha fine”.