L'analisi su Haaretz
Israele dopo Gaza apre il fronte nord col Libano: “Anche questa volta diranno che è una guerra obbligata”
Scrive Gideon Levy: “È incredibile come Israele scivoli verso il peggiore dei suoi conflitti senza un dibattito, senza opposizione. Di solito ci si può fidare molto di più di una promessa di Hezbollah che di una promessa di Netanyahu”
Esteri - di Umberto De Giovannangeli
Altro che cessate il fuoco. Per Benjamin Netanyahu la guerra è l’assicurazione sulla sua vita politica, la sua e quella del governo più a destra nella storia d’Israele. Che la guerra continui, dunque. Di più: che si allarghino i fronti. Non solo Gaza, ma il Libano.
A darne conto è Gideon Levy su Haaretz: “Il successo non si discute, certamente non in Israele. Dopo lo straordinario successo nella Striscia di Gaza, adotteremo lo stesso modello in Libano: una grande guerra, una vittoria totale. Lo abbiamo già detto tante volte: non abbiamo dimenticato nulla e non abbiamo imparato nulla. Ma mai prima d’ora abbiamo applicato questo trito luogo comune a un periodo di tempo così breve.
Le lezioni apprese dalle guerre vengono sempre dimenticate a un certo punto, ma dobbiamo dimenticare la lezione della guerra a Gaza ancora prima che sia finita, per poi ripetere lo stesso errore due volte? La follia di Israele la fa vergognare, come l’arroganza di presumere che la vittoria sia in tasca. Diciamolo subito: Come a Gaza, anche la guerra che sta per svilupparsi nel nord sarà classificata come un’altra guerra di scelta”.
“La Terza Guerra del Libano che è alle porte sarà ovviamente descritta, come le precedenti -la prima delle quali fu chiamata Operazione Pace in Galilea e scoppiò, per inciso, il 6 giugno 1982, e la seconda scoppiò nel luglio 2006- come una guerra che ci è stata imposta: cosa si può fare quando la Galilea è abbandonata e va in fiamme? Stare seduti e tacere? Chinare la testa? La discussione su una guerra nel nord è un dibattito unilaterale. Nessuno presenta l’alternativa (e c’è un’alternativa).
L’unica domanda riguarda i tempi. Dobbiamo esentare il nord dalla punizione di Hezbollah e questo, si dice, si può ottenere solo con la guerra. Come a Gaza. Ancora una volta, le Forze di Difesa Israeliane invaderanno, occuperanno, uccideranno e saranno uccise; il fronte interno sarà martoriato come non lo è mai stato prima e così, probabilmente, anche l’esercito”.
La guerra “obbligata”. La guerra “inevitabile”. La guerra “scelta”. È la narrazione di regime, veicolata da una informazione mainstream (tutto il mondo è paese…) che Levy destruttura con sapienza e coraggio: ”Il terribile verbo “intensificare” è stato trasferito verso nord – rimarca Levy – Intensificare la guerra. Il capo di stato maggiore ha già annunciato che siamo arrivati al punto in cui è necessario prendere una decisione. Intendeva l’unica decisione che conosce: un’altra guerra. Non c’è alternativa, assolutamente non c’è alternativa.
Certo che c’è un’alternativa. In mezzo a tutto il rumore, il fuoco e le sofferenze degli abitanti del nord, è stato dimenticato e fatto dimenticare il motivo per cui Hezbollah sta attaccando: la guerra a Gaza. Ora ci sono due alternative: La prima, verso la quale ci stiamo dirigendo, è replicare il fiasco di Gaza fino alla periferia di Beirut. La seconda, troppo buona, è fermare la guerra a Gaza. Solo così si potrà raggiungere la pace in Galilea. Un accordo garantirà sempre di più di un’altra guerra, che rischia di essere la peggiore delle guerre di Israele.
È incredibile la serenità con cui Israele scivola verso la peggiore delle sue guerre senza un dibattito pubblico, senza opposizione, persino senza la presentazione dell’alternativa: un accordo di cessate il fuoco per porre fine alla guerra con Hamas. Il cartello “No alla guerra nel Nord” non è ancora stato scritto. Le manifestazioni contro la guerra in Libano non hanno ancora riempito le piazze. Hezbollah ha dichiarato che la fine della guerra a Gaza porterà alla fine della guerra nel nord, e di solito ci si può fidare molto di più di una promessa di Hezbollah che di una promessa di Benjamin Netanyahu.
Hezbollah non sarà sradicato e non si ritirerà oltre i monti Chouf, ma cosa otterrebbe una guerra, a parte le vittime? Una guerra nel nord otterrà solo un ulteriore orribile spargimento di sangue, dopo il quale verrà firmato un accordo esattamente come quello che potrebbe essere firmato ora senza una guerra. Hezbollah non può continuare se Gaza si calma – e Gaza si chiuderà solo con un accordo. Israele si imbarcherà in una grande guerra nel nord quando la sua posizione internazionale è al punto più basso di tutti i tempi e l’Idf è ammaccato dai suoi fallimenti a Gaza.
Un promemoria: i due obiettivi dichiarati (non reali) di Israele a Gaza non sono stati raggiunti. Tutt’altro. Nella guerra di Gaza, dall’inizio alla fine, Israele sta solo perdendo. E se sta funzionando così bene contro Hamas, la guerra funzionerà sicuramente ancora meglio di fronte al suo fratello maggiore e meglio armato, Hezbollah.
Colpiremo e saremo colpiti. E torneremo al tavolo dei negoziati. È impossibile rimanere in silenzio di fronte a ciò che sta accadendo nel nord del Paese. Israele deve a decine di migliaia di suoi cittadini una soluzione al loro disagio, cosa di cui non si è parlato abbastanza. La soluzione al loro disagio si trova a Gaza, solo a Gaza. O, per meglio dire, nell’ufficio del Primo ministro a Gerusalemme”.