Il 10 giugno del 1981, nella campagna intorno a Roma, un bambino cadde in un pozzo. Cominciò così una vicenda straziante che per due giorni avrebbe tenuto tutta l’Italia incollata alla tv: la tragedia di Vermicino. Questa sera e mercoledì 12 giugno Rai 1 trasmette, in prima visione, alle 21.30, la miniserie “Alfredino, una storia italiana“. È la storia dell’incidente del piccolo Alfredo Rampi, noto come Alfredino e quel che ne seguì: per 48 ore i tentativi di salvare il bambino richiamarono, oltre a una gigantesca quanto sbalordita e impotente organizzazione di soccorsi, l’attenzione dell’informazione, della politica e della gente comune di tutto il Paese.
L’incidente del Vermicino: la storia di Alfredino Rampi
La Rai avrebbe documentato ininterrottamente le vicende di Vermicino, in una diretta tv di 18 ore a reti unificate, passata alla storia dell’Italia. In quattro puntate (due in onda oggi, altre due domani) il lavoro del regista Marco Pontecorvo riesce a fare un’accuratissima ricostruzione storica di quei giorni e a mettere in evidenza il fortissimo versante emotivo che colpì al cuore tutta l’Italia. Anna Foglietta è precisa e coraggiosa nel prestarsi a interpretare Franca Rampi: i tanti italiani (almeno 28 milioni, oltre i circa 10mila che si recarono sul posto) che in quei giorni s’incollarono al teleschermo non hanno mai dimenticato il volto e le parole di quella mamma.
Chi è Alfredino Rampi
Alfredino aveva solo sei anni quando cadde nel maledetto pozzo artesiano di via Sant’Ireneo, arteria che collega la Casilina alla Tuscolana, in località Selvotta, frazione di Frascati. Il piccolo cadde a una profondità di 60 metri. Dopo i continui tentativi di salvataggio, durati poco più di due giorni, il povero Alfredino fu portato in superficie senza vita. La vicenda e il suo carico emotivo e mediatico, portò in prima linea le istituzioni, con l’arrivo sul posto dell’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini. L’iniziativa del servizio pubblico scatenò anche delle polemiche: la Rai fu accusata di morbosità.
La diretta tv e i soccorsi
Questa la dinamica dell’incidente del Vermicino. La famiglia Rampi (il padre Ferdinando, la madre Franca Bizzarri, la nonna paterna Veja e i figli Alfredo e Riccardo, quest’ultimo 12enne), nel mese di giugno del 1981, stava trascorrendo una vacanza presso la loro seconda casa che si trovava nei dintorni di Frascati. La sera di quel dannato mercoledì 10 giugno, Alfredino era in compagnia del papà e di due amici, mentre passeggiavano in aperta campagna. Il bambino chiese al padre di poter tornare da solo per i campi, attraversando i prati, il piccolo sarebbe arrivato a casa prima del genitore. Ma ciò non avvenne, ed iniziò l’incubo.
Le indagini e le controversie: la nascita del corpo della Protezione civile
Il cadavere di Alfredino, dopo svariati tentativi di salvataggio – con almeno tre persone che tentarono di calarsi nel pozzo – fu estratto dopo 28 giorni. Il piccolo fu dichiarato morto il 13 giugno, quando le comunicazioni con lui erano ormai interrotte e ‘silenziose’ (in realtà fu provata la cessazione del battito cardiaco). Le difficoltà, anche logistiche, organizzative e di coordinamento tra le varie forze in campo, portò alla nascita del Dipartimento della protezione civile. Diverse le controversie, sia sul lavoro svolto dalla Rai, sia in merito alle successive indagini. Le inchieste, alcune delle quali vennero indirizzate su più ipotesi di reato, furono poi archiviate. Nel maggio del 2022, in via Rocco da Cesinale alla Garbatella, è stato inaugurato un murale di circa 70 metri quadri dedicato a Alfredo Rampi.
Alfredino Rampi: il ricordo e la serie tv
La serie televisiva è stata prodotta da Sky Italia e Lotus Productio, con la collaborazione della famiglia Rampi attraverso il Centro Alfredo Rampi, da loro fondato (per promuovere la prevenzione dal rischio ambientale e un miglioramento del soccorso, tecnico e psicologico nelle emergenze). La miniserie è composta da quattro puntate, trasmesse su Sky Cinema Uno il 21 e 28 giugno 2021. In merito, ha dichiarato il regista Pontecorvo:
Le parole del regista Marco Pontecorvo
“La storia di Alfredino Rampi appartiene al DNA dell’Italia in maniera transgenerazionale. Ricordo di aver vissuto la tragedia di Vermicino a casa con i miei genitori. Per raccontare un evento di questa portata siamo andati sempre con i piedi di piombo. Devo ammettere che la lavorazione è stata particolarmente difficile: abbiamo girato durante la pandemia in un periodo molto freddo e segnato dal maltempo. Sul set abbiamo girato con pozzi reali di 4/5 metri scavati in location, il resto è stato ricostruito in studio. Non ci interessava cavalcare i sentimenti del melodramma ma seguire una rotta che si allontanasse il più possibile dalla ‘tv del dolore’ e dal pietismo televisivo. La speranza è che il pubblico, rivivendo oggi la storia di Alfredino, riesca a riviverla, superarla prendendone gli aspetti migliori“.