Il percorso già tracciato
Meloni ha vinto e passa all’incasso: avanti tutta sulle riforme
La premier dovrebbe sentirsi sicura ma sa perfettamente che il vero filo doppio che legherà gli alleati al suo carro sono le riforme di bandiera. Andrà avanti a passo di carica.
Politica - di David Romoli
Avanti tutta sulle riforme. Per il premierato e l’autonomia differenziata il percorso è già tracciato e dovrebbe essere questione di giorni. Per la riforma della giustizia le date ancora non ci sono ma la premier è decisa a portare la riforma in Parlamento prima di giugno. È un passo obbligato per portare a termine quel che le urne hanno iniziato: cementare la maggioranza.
Il vero risultato che le permette di fregarsi le mani è questo e forse ancor di più il poter rivendicare la corona di unico governo del G7 (e in realtà non solo del G7) che resista in una tornata elettorale che ha massacrato chiunque governasse, da Macron a Scholz allo stesso Orbàn con uno scappellotto persino per lo spagnolo Sanchez e, sul fronte opposto, per l’olandese Wilders.
In termini di voti assoluti, a conti fatti, FdI ha in realtà perso oltre 600mila consensi. Il dato non impensierisce Meloni più di tanto. Quel che conta sono le percentuali, e lì il bottino è cospicuo. Ma rassicurante è soprattutto il quadro politico complessivo.
Tajani, che esce meglio di tutti dalla prova in termini politici, è galvanizzato. Per le politiche fissa un traguardo che definire ambizioso è poco: il 20%.
Quanto al governo: “Nessun problema. La tenuta della maggioranza si rafforza. Ho sentito la premier e le ho fatto i complimenti. Continueremo ad andare d’amore e d’accordo”.
Già, ma allora perché continua a ripetere che il successo degli azzurri prova che c’è uno spazio a metà strada tra Schlein e Meloni? “Il mio obiettivo è allargare i confini del centrodestra, non risistemare i conti nella coalizione. Siamo cresciuti non a danno della Lega o di FdI. Siamo partiti diversi e guardiamo a un altro tipo di elettorato”.
Quel che blinda la maggioranza, in effetti, è proprio il fatto che tutti e tre i partiti abbiano guadagnato qualcosa, in percentuale se non in voti sonanti, senza togliere decimali agli altri. Ma la frase di Tajani resta sibillina. L’anello debole era la Lega.
I risultati del Carroccio li hanno attesi tutti col fiato sospeso. Il sorpasso azzurro c’è stato ma l’elemento davvero a rischio era l’eventuale crollo nei consensi.
La Lega, rispetto al 2022, guadagna invece lo 0,1%, dall’8,9 al 9%. A Salvini basta: “Ci davano per morti, siamo oltre il 9%: ci hanno allungato la vita”.
Dunque avanti tutta senza ripensamenti fino al congresso nazionale, in autunno: “Confermerà che la scelta nazionale è quella del futuro”. Lui comunque al passo indietro non ci pensa per niente: “Andrò avanti finché avrò la passione per farlo”.
Un pensierino, casomai, c’è sulla possibile espulsione addirittura di Umberto Bossi, il padre fondatore che ha votato Fi: “Ha mancato di rispetto a tutta una comunità e a me non piacciono i fuggiaschi e quelli che tradiscono”, afferma minaccioso il sopravvissuto di via Bellerio.
Per la fronda, se Salvini uscirà vincente dal congresso, la vita diventerà difficile. I giochi non sono ancora del tutto fatti, però quello 0,1% in più, dopo mesi di profezie sul crollo, è quasi una garanzia.
In questa situazione la premier dovrebbe sentirsi sicura ma sa perfettamente che il vero filo doppio che legherà gli alleati al suo carro sono le riforme di bandiera. Andrà avanti a passo di carica.
Il secondo e forse principale elemento positivo è la forza che il voto le assegna a paragone della debolezza di tutti gli altri governi. Non è una carta decisiva ma avrà tutto il suo peso quando si tratterà di definire la presidenza della Commissione europea e i vari commissari nella sede davvero centrale: il Consiglio europeo.