Il summit
G7 nel segno del sostegno incondizionato a Kiev, accordo sui beni russi congelati. Meloni attacca Macron: “Qui per fare campagna elettorale”
In Puglia si è svolto l'incontro tra i 'Grandi' paesi economicamente più forti del pianeta. Intesa sugli aiuti militari ed economici all'Ucraina e sull'utilizzo dei profitti dagli asset russi presenti nelle banche occidentali. La Presidente del Consiglio: "Non è una confisca". Sintonia anche per quanto riguarda la guerra in Medio Oriente. Gelo e polemiche tra la premier e il presidente francese
Esteri - di Redazione Web
Volodymyr Zelensky si aspettava “decisioni importanti” al G7 in Puglia, e così è stato. Il summit di Borgo Egnazia presieduto da Giorgia Meloni, che ha accolto il leader ucraino nella prima giornata dei lavori, ha rinnovato il patto per il sostegno politico, militare ed economico all’Ucraina senza incertezze, nonostante i quasi due anni e mezzo di guerra. Gli Stati Uniti, sponsor principale di Kiev, questo sostegno lo hanno blindato, con un ambizioso accordo di sicurezza decennale, firmato a Joe Biden e Zelensky. Anche gli europei hanno fatto la loro parte, di sostanza: dicendo sì ad un prestito da 50 miliardi per finanziare la resistenza del Paese invaso, utilizzando come garanzia i profitti degli asset russi congelati nei loro istituti. L’abbraccio con la premier italiana ha inaugurato la missione in Puglia di Zelensky, preparata con l’obiettivo di tenere il dossier ucraino in cima all’agenda dei suoi principali alleati. Calorosa la partecipazione con cui anche gli altri leader, hanno salutato il leader ucraino. “Ogni incontro serve a dare all’Ucraina nuove opportunità di vittoria“, ha sottolineato Zelensky. Ringraziando tutti i partner, a partire dalla padrona di casa.
Il sostegno all’Ucraina
Con cui, ha riferito lui stesso, sono stati discussi “i prossimi passi nella nostra cooperazione in materia di difesa“, il “nuovo pacchetto di aiuti militari” che l’Italia fornirà ed il “rafforzamento del sistema di difesa aerea“: ossia, il nuovo dispositivo Samp-t che sarà messo a disposizione di Kiev. A Roma, inoltre, si terrà la prossima conferenza sulla ricostruzione nel 2025. I nuovi aiuti militari saranno anche il piatto forte del nuovo accordo di sicurezza Washington–Kiev. Un’intesa che nelle intenzioni rappresenta un ulteriore salto di qualità rispetto al già generosissimo contributo americano alla causa ucraina. In particolare gli Usa riconoscono per la sicurezza dell’Ucraina può essere garantita dotandola di una forza militare significativa, capacità solide e investimenti sostenuti nella sua base industriale di difesa che siano coerenti con gli standard della Nato. E l’impegno americano in questa direzione sarà sostanziale per i prossimi dieci anni. Lo ha evidenziato Biden, in conferenza stampa con Zelensky, alla fine della giornata: “Solo con il nostro sostegno Kiev può resistere“, ha detto mentre il leader ucraino ha parlato di “una giornata storica“. Zelensky in Puglia ha incassato anche un’intesa bilaterale con il premier giapponese Fumio Kishida, che prevede 4,5 miliardi di dollari da Tokyo solo quest’anno, e un impegno decennale. Dall’inizio dell’invasione russa, Kiev aveva già firmato accordi di sicurezza con 15 Paesi, inclusi Italia, Francia, Germania e Regno Unito.
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Congelati i beni russi: “Non è una confisca”
Altro dossier chiave in Puglia per il sostegno all’Ucraina era quello relativo ai beni russi congelati nelle banche occidentali. Il confronto tra i partner G7 ha richiesto lunghe settimane di lavoro degli sherpa, perché alle pressioni Usa gli europei hanno opposto dubbi di carattere tecnico-giuridico e di opportunità. Alla fine si è arrivati ad un accordo politico, che andrà nel comunicato finale del summit. Come auspicato dagli americani nelle ripetute interlocuzioni con la presidenza italiana. Lo schema è quello di concedere un sostegno finanziario aggiuntivo all’Ucraina di circa 50 miliardi di dollari entro fine anno con un sistema di prestiti, garantiti dai proventi dei beni russi congelati. Ai tecnici adesso spetterà delineare come rendere fattibile dal punto di vista giuridico, e operativo, questo piano. “Non si tratta di una confisca ma di profitti che maturano“, ha chiarito Meloni, dicendosi comunque “fiera” per un “risultato non scontato“. Le hanno fatto eco Ursula von der Leyen e Olaf Scholz, che hanno parlato di “un segnale forte Putin” e di “passo storico“. A Borgo Egnazia ampio spazio anche per l’altro fronte di guerra. I sette grandi hanno ribadito il sostegno al piano Biden in tre fasi che prevede innanzitutto un cessate il fuoco di sei settimane a Gaza per favorire il rilascio degli ostaggi. Ma in prospettiva, ha sottolineato Meloni, bisogna restare ancorati all’obiettivo dei “due popoli e due Stati“. Tutti d’accordo, infine, sulla necessità che Israele si fermi a Rafah.
Gelo Macron-Meloni
Sin dal tiepido abbraccio in mattinata davanti all’ingresso di Borgo Egnazia si è capito che il G7 sarebbe stato teatro di un duello fra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron. Non certo il primo, e con ogni probabilità non l’ultimo. La premier e il presidente francese stanno giocando la partita della nuova governance Ue da due prospettive diverse e con obiettivi decisamente divergenti. La leader di FdI, alla luce della crescita delle forze di destra, punta a frenare le mosse di popolari, socialisti e liberali per una rapida conferma di Ursula von der Leyen e il mantenimento di alleanze all’insegna dello status quo. Ma a chi gli domandava se Meloni ora è più forte, l’inquilino dell’Eliseo ha risposto tranchant: “Gli equilibri politici” in Europa “sono cambiati relativamente poco“. É inevitabile leggere in quest’ottica le tensioni che hanno accompagnato la vigilia e la prima giornata del summit in Puglia. Non solo sul paragrafo dedicato all’aborto nella dichiarazione finale dei leader. Difficile non notare come alla vigilia Macron abbia ricevuto Ursula von der Leyen, protagonista principale del risiko per il vertice della Commissione europea.
Lo ‘scontro’ tra la Francia e l’Italia
E che nelle stesse ore sia arrivato da Parigi l’annuncio dell’accordo raggiunto sull’utilizzo dei beni russi congelati per dare nuovi aiuti all’Ucraina. È uno dei “risultati concreti” a cui puntava Meloni in veste di presidente di turno del gruppo dei Sette grandi. E che, dopo un intenso lavoro condotto dalla sherpa del governo per il G7, Elisabetta Belloni, ha potuto annunciare solo nella dichiarazione al termine della prima giornata, sottolineando che era un traguardo “non scontato“, che la rende “particolarmente fiera“. Insomma il bilancio del vertice finora è positivo per la presidente del Consiglio. “Sono contenta, certo“, ha sorriso passando davanti a giornalisti e fotografi prima di assistere su un campo da golf alla cerimonia delle bandiere. In attesa della giornata “storica” in cui per la prima volta un pontefice sarà ospite del G7, invitato speciale per affrontare il tema dei limiti etici all’Intelligenza artificiale, la leader di FdI rivendica una “ampia condivisione” da parte dei leader sul Piano Mattei lanciato dal governo. E già può annunciare che sulla dichiarazione finale c’è il consenso. Resta, però, l’incidente diplomatico sulla tutela dell’aborto.
L’aborto e gli equilibri in Europa
La premier, secondo le ricostruzioni filtrate da altre delegazioni internazionali, si è ritrovata isolata sull’idea di evitare di inserire un esplicito riferimento all’interruzione di gravidanza. Una posizione fatta filtrare alla vigilia anche da fonti francesi. L’irritazione di Palazzo Chigi appare evidente nei toni con cui fonti italiane hanno ricostruito l’episodio come un caso di “strumentalizzazione post elettorale“. E la stessa Meloni sottolinea: “Non c’è alcuna ragione di polemizzare su temi che già da tempo ci trovano d’accordo. E credo sia profondamente sbagliato, in tempi difficili come questi, fare campagna elettorale utilizzando un forum prezioso come il G7“. Accuse con destinatari generici, ma non è difficile pensare che gli indiziati siano oltralpe. Di certo è un’azione di disturbo tutt’altro che gradita a chi come Meloni punta sul buon esito del G7 anche per poter rafforzare la propria posizione quando entreranno nel vivo i negoziati fra i 27 per i ruoli apicali di Commissione e Consiglio Ue. Il primo appuntamento informale è lunedì a Bruxelles. Il saluto gelido con von der Leyen a Borgo Egnazia conferma che l’entusiasmo verso un suo bis è ai minimi termini. E ogni trattativa, dal punto di vista italiano, dovrà includere una poltrona da commissario di peso, e una vicepresidenza della Commissione. Meloni non ha fretta, vuole attendere le elezioni legislative in Francia del 30 giugno. La sua speranza è che l’ultradestra di Marine Le Pen, dopo l’exploit alle Europee, vada al governo, enfatizzando il cambio di vento rivendicato dalle varie forze conservatrici dopo il voto per il Parlamento europeo. Per Macron è al limite una leggera brezza che nulla cambierà.