Dopo il voto delle europee

“Europa allo sbando, le ceneri mai spente delle destre fasciste e naziste si sono ravvivate”, parla Salvadori

«La realtà continua a smentire il sogno dei padri fondatori. Il risultato del Pd è una grande soddisfazione. Schlein ha iniziato a lavorare per superare la distanza del partito da coloro che gli avevano voltato le spalle»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

19 Giugno 2024 alle 09:00 - Ultimo agg. 19 Giugno 2024 alle 09:52

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“Europa allo sbando, le ceneri mai spente delle destre fasciste e naziste si sono ravvivate”, parla Salvadori

Per storia, pubblicazioni e profilo accademico, Massimo L. Salvadori è ritenuto, a ragione, uno dei più autorevoli storici e studiosi italiani della sinistra: professore emerito all’Università di Torino. Tra le sue pubblicazioni e saggi, ricordiamo i più recenti: Le ingannevoli sirene. La sinistra tra populismi, sovranismi e partiti liquidi (Donzelli, 2019); Storia d’Italia. Il cammino tormentato di una nazione. 1861-2016 (Einaudi, 2018); Democrazia. Storia di un’idea tra mito e realtà (Donzelli, 2016). Democrazie senza democrazia (Laterza, 2011); L’antifascista. Giacomo Matteotti, l’uomo del coraggio, cent’anni dopo (1924-2024) (Donzelli, 2023).

Professor Salvadori, quale Europa emerge dal voto dell’8-9 giugno?
L’Europa uscita dal voto di pochi giorni fa può essere definita tutto meno che una Unione. I padri fondatori appaiono come nobili utopisti, che purtroppo la realtà ha da tempo smentito e continua impietosamente a smentire. Il loro sogno, frutto dei disastri provocati dalla prima e dalla Seconda guerra mondiale, era di far stringere i popoli del Vecchio continente in una fratellanza culminante nel superamento degli Stati nazionali, dotarli di sola sovranità, pacificata dai secolari conflitti all’interno e proiettata e impegnata per l’affermazione delle intese internazionali. Ebbene, guardiamo allo spettacolo che presenta quell’insieme di popoli e di Stati che si autoproclama Unione Europea: permane la mancanza di un governo comune, di una politica estera concorde, di una intesa sui diritti civili e sulle politiche sociali; sintomo di un disagio corrosivo è la messa in discussione, quando non il disconoscimento, dei valori e dei principi delle istituzioni liberaldemocratiche con la conseguente comparsa delle cosiddette “democrazie illiberali”; ovunque aspri contrasti di fronte alle soluzioni da dare ai flussi migratori provenienti dalle zone più povere del mondo.

A preoccupare di più è la crisi delle due “locomotive” europee: Germania e Francia
Dopo la significativa uscita della Gran Bretagna dall’Unione nel 2020, vero e proprio campanello d’allarme, si era ritenuto che a far progredire e guidare l’Unione potesse essere l’asse forte costituito da Francia e Germania, ma si è andati incontro all’insuccesso. Ora è anche intervenuta la guerra ai confini dell’Unione, e circa l’atteggiamento da tenere di fronte a questo infausto evento, tra gli Stati dell’Unione, i partiti e le correnti dell’opinione pubblica le posizioni sono divergenti. E, dulcis in fundo, in vari paesi si sono potentemente ravvivate le mai spente ceneri delle destre fasciste e naziste. In Italia è al potere un governo di Destra capeggiato dalla Meloni, erede e continuatrice del Movimento Sociale Italiano a sua volta erede della Repubblica Sociale Italiana; in Francia Macron ha subito lo scacco di veder vincere a valanga la nazionalista e sovranista Le Pen e in Germania il cancelliere socialdemocratico Scholz ha subito l’umiliazione di vedere il proprio partito superato dal partito di estrema destra Alternative für Deutschland. Entrambi hanno pagato, tra l’altro, il prezzo del loro oltranzismo atlantico. In Austria il Partito di estrema destra è risultato il più votato. Nella Spagna governata dal socialista Sánchez, il partito Vox, pur in marcata minoranza, ha tenuto un risultato non trascurabile. Si potrebbe continuare. L’Unione si trova così in balia di onde molto forti. Si è fatta tanta propaganda a Bruxelles circa le “magnifiche sorti e progressive” dell’Europa, ma la realtà è sotto i nostri occhi.

Per venire all’Italia. Come valuta il risultato del “nuovo Pd” di Elly Schlein?
È stata una grande soddisfazione vedere che alle elezioni europee il Pd abbia superato la soglia del 24%. Io credo che non vi sia da dubitare che questo risultato sia da ricondursi al fatto che il partito e la Schlein abbiano condotto la campagna elettorale battendo e ribattendo su tre punti cruciali: la critica delle inconcludenti politiche sociali economiche e sociali del governo, facendo il punto in particolare sul salario minimo; la messa in luce delle grandi difficoltà che sta attraversando la sanità pubblica, che, contrariamente alla propaganda governativa, è sottofinanziata; la battaglia contro il progetto di “premierato” e l’“autonomia differenziata”, con nessi e connessi. Detto questo, lo stato del partito desta ancor sempre preoccupazioni. Al suo interno restano aspetti di precarietà. Un partito che nelle primarie elegge la leadership dando la parola decisiva non agli iscritti ma a coloro che in maniera indifferenziata si presentano ai seggi, è, a mio avviso mal strutturato. Occorre prendersi maggiormente cura degli iscritti, coinvolgerli nelle discussioni, ascoltarne la voce prima di prendere decisioni importanti, poiché è dalle loro file, e in specie dai giovani militanti, che possono venire le leve dei futuri quadri dirigenti; occorre opporsi con tenacia a che il Pd mantenga il carattere di un “partito liquido” dalle “porte girevoli”. La Schlein, come dicevo, ha iniziato positivamente a operare per superare la “separatezza” del partito da tutti coloro, in primis lavoratori, che gli avevano voltato e continuano a voltargli le spalle, facendo temere il punto di non ritorno quando un disperato Zingaretti fu indotto a dire che si vergognava di un partito schiacciato dalle correnti e dai cacciatori di poltrone. Spetta ora al partito di mobilitare le sue forze per farne un soggetto forte e coerente in grado di ridare significato alla Sinistra, che guardi per ispirazione, nelle non certo allegre condizioni in cui versano socialisti e socialdemocratici nell’Unione Europea, al positivo esempio offerto dal governo Sánchez e alla sua capacità riformatrice in tema di diritti politici e civili e delle politiche sociali.

Alla crescita del Partito democratico e all’inaspettato successo della Alleanza Verdi e Sinistra, fa da contraltare il flop del Movimento 5Stelle di Conte. Una crisi irreversibile?
Quel che è certo è che il Movimento 5Stelle ha ricevuto un duro colpo. Ha perduto molti voti e ha perso la sfida che aveva lanciato al Pd di superarlo in numero di voti e diventare così la forza motrice delle opposizioni. Una crisi tanto profonda non può non investire la leadership di Conte e pone i più seri interrogativi sulla natura del Movimento, sulle sue possibili alleanze, sulle implicazioni che gravano su di esso per non avere mai espresso una propria caratterizzazione culturale. È nato, vissuto, cresciuto e andato al potere come un movimento di chiassosa (seppur non ingiustificata) protesta, con un successo frutto delle altrui debolezze, si è spostato oscillando con la massima spregiudicatezza trasformistica nel campo delle alleanze. La sua crisi potrebbe diventare irreversibile nel caso in cui da un lato il Pd riuscisse a consolidare il suo consenso e a fare percepire all’Avs e altre frazioni orientate a sinistra che esso è in grado di rendere credibile una alternativa di governo alla Destra, dall’altro il Movimento 5stelle restasse sordo al richiamo, chiuso nella solitaria ambizione di tornare ai tempi che furono.

Sul fronte opposto, c’è il successo personale di Giorgia Meloni, prima ancora che del suo partito e il ridimensionamento della Lega di Salvini
Il successo della Meloni è stato comprensibilmente celebrato dalla Destra con toni alti. Ma il suo e quello dei Fratelli d’Italia maschera il dato importante che il partito al governo ha perso alle elezioni europee oltre mezzo milione di voti. Che cosa questo significhi in prospettiva, in quale misura rafforzi il PD e le opposizioni è questione che chiarirà il futuro più o meno prossimo. Un sintomo in ogni caso da tenere ben presente. Quanto al ridimensionamento della Lega di Salvini, anch’esso è molto significativo. La scelta di Salvini di fare del generale Vannacci il suo primo portabandiera non potrà non avere conseguenze sul partito, a partire dalle reazioni dei leghisti che la sua candidatura non hanno affatto apprezzata. Che Bossi, il fondatore abbia sdegnosamente votato alle elezioni europee per un esponente di Forza Italia è un segno eloquente della crisi in cui versa la Lega, che ha subito lo smacco di essere superata da Forza Italia.

Analisi, discussioni che sembrano non tenere conto di un mondo segnato dai numerosi conflitti che oscurano nel profondo le relazioni internazionali, quali la guerra in Ucraina e in Medio Oriente e la gravissima situazione negli Stati Uniti. Il risultato è che il mondo versa in un sempre più aggravato disordine globale.
Anni fa Tony Judt diceva che “il mondo è guasto”: oggi lo è più che mai. Gli eventi quanto mai preoccupanti in corso in Ucraina, Medio Oriente e negli Stati Uniti, per menzionare solo i più eclatanti sulla odierna scena internazionale, vengono sì discussi nel nostro paese e nell’Unione Europea, ma con poco costrutto in conseguenza della scarsa capacità di influire su di essi. Se ne dibatte in chiave chiassosamente polemica tra partiti e Stati che non hanno voce o quasi sulle decisioni relative alle tragedie esterne all’Unione. Anche questo è la spia del grande disordine che regna nel mondo. È ben chiaro a tutti coloro dotati di spirito di razionalità che in relazione all’Ucraina e al Medio Oriente gli Stati Uniti perseguono le loro strategie in piena autonomia e in base ai loro interessi, ma senza la forza di condizionamento che vorrebbero stante altresì lo spettro di una eventuale rielezione di Trump. La situazione è molto pericolosa, poiché non si intravvedono soluzioni. Zelensky, sostenuto da parte degli Stati dell’Unione e soprattutto da Biden, non accetta altra soluzione del conflitto che non sia la totale sconfitta della Russia, Putin per parte sua risponde che l’Ucraina deve prendere atto che questo è un obiettivo senza speranza alcuna. In Medio Oriente Israele Netanyahu non accetta altra soluzione che non sia la distruzione di Hamas, ma respinge l’idea stessa di uno Stato palestinese. La conclusione è che sì, ci troviamo a vivere in un sempre più aggravato disordine globale.

19 Giugno 2024

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