Conti in rosso

Perché l’Italia è sotto procedura di infrazione dall’Europa: troppo deficit, a rischio le promesse di Meloni

Economia - di Carmine Di Niro - 19 Giugno 2024

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Perché l’Italia è sotto procedura di infrazione dall’Europa: troppo deficit, a rischio le promesse di Meloni

Come ampiamente previsto, da Bruxelles è arrivata mercoledì mattina l’attesa bocciatura per i conti pubblici italiani. Confermando le previsioni della vigilia, la Commissione europea ha raccomandato l’apertura di una procedura d’infrazione contro il governo di Roma per deficit eccessivo: dietro la lavagna assieme al Belpaese finiscono anche Belgio, Francia, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia, mentre si sono salvati in extremis Estonia, Finlandia, Repubblica Ceca, Slovenia e Spagna.

La richiesta della Commissione deve essere ora confermata dal Consiglio dell’Unione Europea, a cui spetta l’apertura formale della procedura d’infrazione.

Cosa prevede la procedura di infrazione

Per i sette Paesi finiti nel mirino della Commissione Ue per i conti in rosso è previsto un percorso sostanzialmente obbligato di rientro dal deficit, con quello italiano da anni il più alto d’Europa.

I numeri italiani sono infatti allarmanti e ben oltre i limiti fissati dal Patto di stabilità, con i paletti del 60 per cento nel rapporto debito Pil e il 3 per cento per il deficit: Roma ha chiuso i conti del 2023 con un disavanzo record pari al 7,4 per cento del Pil, anche a causa degli effetti nefasti del Superbonus.

I tempi per l’Italia sono brevi: entro il 20 settembre il governo di Giorgia Meloni dovrà presentare alla Commissione un piano di rientro fatto di tagli da 10-12 miliardi annui per i prossimi sette anni, dato che la regola-faro comporta un taglio del deficit dello 0,5 per cento ogni anno.

Le conseguenze della procedura contro l’Italia

La procedura di infrazione equivale ad un macigno per l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. A dirlo, banalmente, sono i numeri: ai 10-12 miliardi annui di deficit da tagliare, obiettivo da raggiungere con tagli alla spesa pubblica o nuove tasse, vanno aggiunti i 20 miliardi di euro che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti deve recuperare per confermare anche nella manovra 2025 le due misure economicamente più importanti per l’esecutivo, in scadenza quest’anno.

Parliamo del taglio del cuneo fiscale e dell’accorpamento delle due aliquote Irpef: il primo provvedimento vale una decina di miliardi, il secondo oltre quattro. Alle due spese “maxi” vanno poi aggiunti una serie di misure più piccole ma ampiamente sbandierate dall’esecutivo come identitarie, dal bonus per le mamme lavoratrici con due figli alle deduzioni fiscali per le imprese: il totale dei fondi da trovare per il rifinanziamento tocca così quota 20 miliardi di euro.

19 Giugno 2024

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