L’operazione Libia-bis dell’esecutivo di Giorgia Meloni in Tunisia, ovvero il trasferimento al regime di Kais Saied di sei motovedette al governo di Tunisi per il “pattugliamento” del proprio specchio di mare con l’obiettivo di bloccare le partenze di migranti, si ferma di fronte ai giudici.
Il Consiglio di Stato ha accolto l’istanza cautelare di un cartello di ong e associazioni, sospendendo fino a nuova decisione il trasferimento delle sei motovedette: non se ne riparlerà prima dell’11 luglio, data in cui è stata fissata l’udienza in camera di consiglio.
I ricorsi per bloccare le motovedette italiane a Tunisi
Una vicenda della quale l’Unità si era già occupata negli scorsi mesi, dando spazio al ricorso presentato al Tar del Lazio da parte di una serie di associazioni (Asgi, Arci, Actionaid, Mediterranea Saving Humans, Spazi Circolari e Le Carbet), in cui si impugnava l’intesa e il decreto con cui nel dicembre 2023 il ministero dell’Interno italiano ha stanziato 4,8 milioni di euro per la rimessa in efficienza e il trasferimento di 6 motovedette alla Garde Nationale (G.N.) tunisina, replicando il modello già adottato in Libia.
Tar che a fine maggio aveva rigettato il ricorso delle organizzazioni: di fronte al rischio dell’effettivo trasferimento delle prime tre motovedette al regime tunisino già questo mese, le sei organizzazioni avevano impugnato la sentenza del Tar di Roma presso il Consiglio di Stato, chiedendo d’urgenza la sospensione cautelare del provvedimento, richiesta poi accolta dal massimo giudice amministrativo.
I finanziamenti italiani al regime che viola i diritti umani
Se il Tar del Lazio aveva dato il via libera alla cessione delle sei motovedette italiane al regime di Saied, una delle promesse formulate da Giorgia Meloni nei tanti viaggi di stato a Tunisi, facendo riferimento al Memorandum del 16 luglio 2023 tra Ue e Tunisia e da ultimo la conferma italiana della Tunisia quale Paese di origine sicuro, il Consiglio di Stato ha ribaltato tale tesi.
In particolare il massimo giudice amministrativo ha infatti ritenuto “prevalenti le esigenze di tutela rappresentate da parte appellante“, sospendendo il trasferimento delle motovedette alla luce delle possibili violazioni che tale atto può comportare. “Le deportazioni di massa, gli arresti arbitrari e le violenze ai danni delle persone migranti dimostrano che la Tunisia non può essere considerata un luogo sicuro di sbarco. Come per la Libia, le autorità tunisine non possono quindi essere considerate un interlocutore nelle attività di soccorso“, commenta Lorenzo Figoni di ActionAid Italia, una delle organizzazioni ricorrenti.
“Come sostenuto anche dalle Nazioni Unite, fornire motovedette alle autorita’ tunisine vuol dire aumentare il rischio che le persone migranti siano sottoposte a deportazioni illegali“, spiegano invece Maria Teresa Brocchetto, Luce Bonzano e Cristina Laura Cecchini del pool di avvocate che segue il caso.