Il caso del dossieraggio
Politici e vip “spiati”: che fine ha fatto l’inchiesta del secolo?
Striano in questi mesi ha rilasciato diverse interviste ma, inspiegabilmente, non è mai stato ascoltato davanti alla Commissione antimafia. Chiamato dai pm di Perugia, il finanziere si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Giustizia - di Giovanni M Jacobazzi
Doveva essere l’inchiesta del secolo, quella sul più grande dossieraggio mai realizzato in Italia in danno di politici, imprenditori, professionisti, personaggi dello spettacolo. Parliamo dei circa 40mila accessi abusivi effettuati presso le banche dati in uso alla Direzione nazionale antimafia ed antiterrorismo. Numeri, a detta degli stessi inquirenti, “mostruosi”. Lo scorso marzo il capo della Dna Giovanni Melillo ed il procuratore di Perugia Raffaele Cantone, quest’ultimo titolare del fascicolo, esploso lo scandalo diramarono un comunicato dai toni drammatici chiedendo di essere immediatamente ascoltati in tutte le sedi competenti, come la Commissione parlamentare Antimafia, il Copasir, il Csm. A distanza di oltre tre mesi l’indagine epocale, seguendo le migliori tradizioni italiane al riguardo, è però finita nel dimenticatoio. Dopo l’eccitazione iniziale, l’inchiesta è infatti sparita completamente dai radar e tutto procede come se nulla fosse accaduto.
Per fare il punto sull’inchiesta è uscito questa settimana Il Verminaio, un libro scritto dalle giornaliste di Libero e del Tempo Brunella Bolloli e Rita Cavallaro. Il Verminaio ripercorre tutte le tappe dello scandalo, iniziando dalla denuncia del ministro della Difesa Guido Crosetto da cui prese avvio l’inchiesta, aggiungendo particolari inediti che aprono scenari quanti mai inquietanti.
L’unico elemento certo ad oggi è che gli accessi furono effettuati dal tenente della guardia di finanza Pasquale Striano. Alcuni di questi accessi, si è accertato, vennero fatti su input di giornalisti che poi utilizzarono il materiale ricevuto per fare degli scoop. Il libro affronta anche il tema delle fonti del giornalista, domandandosi se per scrivere un pezzo sia lecito istigare un pubblico ufficiale alla commissione di reati. Striano in questi mesi ha rilasciato diverse interviste ma, inspiegabilmente, non è mai stato ascoltato davanti alla Commissione antimafia. Chiamato dai pm di Perugia, il finanziere si è avvalso della facoltà di non rispondere.
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Eppure gli interrogativi sono tanti. Perché avrebbe dovuto compromettere la carriera e rischiare una condanna a dieci anni di reclusione per fare un piacere ad un giornalista amico che doveva scrivere un pezzo? Gli inquirenti, dal poco che è trapelato, non sono riusciti a sapere dove siano finiti i documenti abusivamente acquisiti da Striano. Quest’ultimo, da parte sua, nelle varie interviste rilasciate ai media ha sempre affermato di aver agito correttamente seguendo le procedure e le indicazione impartire dai superiori. Nel suo fascicolo personale è stata anche trovata una valutazione caratteristica “eccellente” firmata da Federico Cafiero De Raho, allora procuratore nazionale antimafia ed attuale deputato del M5s.Melillo, comunque, ha fatto sapere di aver messo mano alle banche dati, disponendo una stretta sugli accessi. Altri provvedimenti non si sono visti. Striano, ad esempio, è stato solo trasferito di sede. “Questo caso non deve essere insabbiato, l’Italia deve sapere la verità”, scrive nella prefazione il direttore del Tempo Tommaso Cerno. Nemmeno a farlo apposta, comunque, l’altro giorno dalla maggioranza è intervento in Parlamento il senatore Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in Commissione giustizia a Palazzo Madama, invitando i colleghi a tornare ad occuparsi di questo caso. Le due giornaliste hanno fatto sapere di essere già pronte per la seconda puntata.