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Chi era Piero Bargellini: sindaco democristiano di Firenze durante l’alluvione del ’66, nonno della neo-sindaca Sara Funaro

Chi era Piero Bargellini: sindaco democristiano di Firenze durante l’alluvione del ’66, nonno della neo-sindaca Sara Funaro

È un’eredità familiare piuttosto ingombrante, quella che raccoglie oggi la neo-sindaca di Firenze, Sara Funaro. A svelare l’illustre discendenza è stata ieri la prima cittadina stessa, nel discorso tenuto per celebrare il trionfo alle urne. «Dedico la vittoria – ha detto la prima cittadina – a mio nonno Piero Bargellini, ricordando le parole che mi diceva:. ‘ho fatto così tante dichiarazioni d’amore a Firenze che mi rimane solo di sposarla’. Ecco, vorrei dire a nonno Piero che oggi Firenze l’ho sposata io”. Ma chi era Piero Bargellini?

Per dirla in breve è ricordato come il sindaco della città durante l’alluvione del 1966, quella degli “angeli del fango” venuti da tutta l’Italia nella città gigliata per ripulirla dai detriti, immortalati da fotografie che sono impresse nell’immaginario italiano. Figura emblematica del Dopoguerra, intellettuale e politico, scrittore e letterato, Bargellini nacque a Firenze nel 1897 e si dedicò alle lettere presso l’Accademia di Belle Arti. Maestro elementare iniziò ben presto la sua carriera letteraria, raggiungendo una certa notorietà negli anni 30 , con i romanzi Fra Diavolo (1932) e San Bernardino da Siena. Scrittore, ma anche vivace promotore culturale, Bargellini fonda nel 1929 Il Frontespizio, importante rivista letteraria di ispirazione cattolica sulla quale trovarono spazio autori come Carlo Bo, Mario Luzi, don Giuseppe De Luca, Alfonso Gatto, Alessandro Parronchi e Vittorio Sereni.

La rivista si scaglia coraggiosamente contro il regime, ospitando scritti come la reprimenda anti-fascista di Giovanni Papini, Razzia dei Razzisti (dicembre 1934), Ma è dopo la guerra, che Bargellini, pur non rinunciando mai alla vena poetica e letteraria, intraprende l’attività politica nelle file della Democrazia Cristiana. Per molti anni assessore alla cultura nelle giunte di Giorgio La Pira negli anni ’50, Bargellini conquista la poltrona di primo cittadino nel 1966. Resta in carica pochi mesi: per ironia della sorte l’alluvione piomba su Firenze quando il sindaco era già dimissionario. Palazzo Bargellini, situato nello sfortunato quartiere di Santa Croce, è uno dei primi edifici colpiti dall’inondazione. Circostanza che spinse i fiorentini, mai privi di umorismo anche nei momenti più neri, a ribattezzare il primo cittadino, “primo alluvionato”.

Nei giorni successivi al disastro per far fronte alla situazione d’emergenza Bargellini, coadiuvato dalla prefettura fiorentina, utilizzò le unità dell’esercito inviate in città per liberare le strade dal fango, mise al lavoro gli operai della Nuova Pignone e i sommozzatori della polizia di stato per ripristinare i servizi idrici e liberare le fogne e requisì abitazioni private sfitte per alloggiarvi temporaneamente gli sfollati. Sul lungo periodo cercò di stimolare la ripresa economica attraverso la circolazione del denaro in città ed i consumi distribuendo le offerte di denaro provenienti da tutto il mondo, stimolando la creazione di fondi per gli artigiani e le piccole imprese sinistrate, istituendo un fondo per chi nell’alluvione aveva perso tutto il proprio mobilio, raccogliendo e distribuendo stufe a gas e a cherosene per combattere l’umidità ed i rigori dell’inverno.

Riportata la città alla normalità grazie a una capacità gestionale ancora oggi lodata, Bargellini fece il grande balzo nella politica nazionale nel 1968, restando senatore democristiano fino al 1976. Morì a Firenze nel 1980. “Perché il mondo non debba impoverirsi di valori come quelli che Firenze ha portato e porta tuttora – scriveva Bargellini nell’appello alla città appena colpita dall’alluvione – il comitato lancia un accorato appello: risolleviamo Firenze dalla sua momentanea disgrazia, perché il mondo civile non diventi definitivamente più povero”. Respiro letterario, impegno civile concreto e visione alta della politica: cose che appartenevano a una classe dirigente, quella della generazione di Bargellini, ormai pressoché estinta.