X

Intervista a Massimiliano Smeriglio: “Il fronte popolare per arginare Le Pen potrebbe non bastare”

Intervista a Massimiliano Smeriglio: “Il fronte popolare per arginare Le Pen potrebbe non bastare”

Massimiliano Smeriglio, già europarlamentare, tra gli artefici dell’ottimo risultato elettorale di Alleanza Verdi Sinistra: Francia, Germania, Austria, Belgio…Un vento di destra imperversa in Europa sull’onda del voto dell’8-9 giugno. Come arginarlo?
Prendendo sul serio la destra. La destra dispone di un discorso pubblico piuttosto efficace, capace di arrivare a solleticare il rancore e la disperazione di chi ha perso tutto o si è impoverito durante il lungo ciclo, fallito, della globalizzazione neoliberista. E il paradosso su cui concentrare il nostro sforzo è che la destra pur apparendo un argine nazionale e nazionalista a queste politiche non muove un dito per contrastarle. Anzi resta neoliberista come gran parte del quadro politico europeo e nordamericano. Ciononostante, riesce a distinguersi dando in pasto a chi sta peggio capri espiatori come a esempio i migranti. Noi dovremmo avere il coraggio di rigenerare una narrazione antiliberista e antinazionalista provando a potenziare politiche pubbliche per sanità, scuola, università, servizi pubblici locali. Tenendoci lontani dai governi delle compatibilità scaturiti dal 2011 in poi, da quando cioè Giorgio Napolitano ha impedito al Paese di andare al voto. In quel momento il Pd di Bersani andava forte e Sel era data al 9% dei sondaggi. Dieci anni di governi lacrime e sangue che hanno spianato la strada a Meloni apparsa agli occhi del popolo il contraltare alle élite liberali che hanno gestito il Paese impoverendo i ceti popolari e la classe media.

In Francia la gauche ritrova le ragioni dell’unità per far argine alla destra estrema di Marine Le Pen. nelle elezioni legislative del 30 giugno e 7 luglio. Meglio tardi che mai, verrebbe da dire. Ma basterà?
Il mio compagno e amico della Izquierda unida spagnola, Manu Pineda, dice sempre che loro la lezione dell’unità l’hanno imparata nel 1936. A noi non è bastato il 1922. Il Fronte popolare è un tentativo estremo e generoso, spero vada più forte possibile. Non so se basterà, so che la responsabilità dei liberali di Macron in questa storia è enorme. Politiche elitarie, distanza dalle mobilitazioni sindacali, femministe e studentesche, piglio interventista in Ucraina e negazionista sulla tragedia palestinese al medesimo tempo. Non bastano le pur apprezzabili politiche sui diritti civili se non pratichi politiche salariali, welfare e redistribuzione sociale e se in politica estera sponsorizzi il riarmo e la peggiore tra le ideologie “occidentale”, ovvero non più la democrazia ma il mercato esportato con le armi. Soprattutto Macron sulla vicenda Palestina, così come Biden negli Stati Uniti, ha praticato la frattura incolmabile con i giovani, i movimenti studenteschi, gli intellettuali e la popolazione di religione islamica allontanandoli ulteriormente dal gioco democratico e dunque dalla partecipazione alle elezioni. C’è poi un altro dato politico da rimarcare: nel governo Macron su 15 ministri 11 erano di Parigi. Una conferma esplicita dell’idea di una élite globale che governa sopra la testa del popolo, delle periferie e delle aree interne dove la crisi e l’assenza di lavoro sono più evidenti.

In Italia, il risultato più inaspettato è stato quello raggiunto da Alleanza Verdi Sinistra, di cui lei è stato candidato. Che c’è alla base di questo risultato e come renderlo fruttuoso per le prossime sfide?
Un risultato straordinario costruito con intelligenza dal gruppo dirigente dei Verdi e di Sinistra italiana allargando e mettendo a valore biografie e storie che hanno bucato l’opinione pubblica. In particolare, la vicenda di Ilaria Salis che ha smosso coscienze riportando temporaneamente al voto gente di sinistra disillusa. Un voto sulla fiducia, di incoraggiamento, ancora non stabilizzato. Credo serva prenderlo sul serio. Sentendo nel profondo la responsabilità di non tradirlo. Come? Avviando processi di allargamento, di forme democratiche aperte, trasparenti capaci di permettere a chi vuole di dare il proprio contributo a questo processo politico che non è solo una alleanza elettorale. Per rafforzare un soggetto politico organizzato serve la rappresentanza, servono anche le pratiche sociali, serve il conflitto, la costruzione quotidiana di case matte extra mercantili, e serve urgentemente una nuova connessione tra politica e intellettualità diffusa per la costruzione di una ideologia capace di contrastare, contestualmente, le destre razziste e le compatibilità tecnocratiche e atlantiche che hanno sin qui impedito all’Europa di sviluppare sovranità e indipendenza. Mettendo al centro del progetto giustizia sociale e giustizia climatica, coscienza di classe e coscienza di luogo.

Restando all’Italia, cosa dicono alla sinistra i risultati dei ballottaggi?
Risultati incoraggianti soprattutto quando il tema del campo largo viene declinato con candidature innovative e di sinistra. Come nel caso di Perugia dove Vittoria Ferdinandi è una forza della natura. O come quando si investe sulla costruzione minuta di squadre plurali come a Firenze, Bari o nel Lazio a Civitavecchia. Il dato è politicamente chiarissimo: la destra si può battere, con coalizioni progressiste larghe che non smarriscano le ragioni di fondo che le tengono insieme, cambiare le città per cambiare la società investendo in politiche pubbliche locali capaci di redistribuire reddito diretto, indiretto e opportunità.

Analisi, discussioni che sembrano non tenere conto di un mondo segnato dai numerosi conflitti che oscurano nel profondo le relazioni internazionali, quali la guerra in Ucraina e in Medio Oriente e la gravissima situazione negli Stati Uniti. Il risultato è che il mondo versa in un sempre più aggravato disordine globale.
È esattamente ciò che manca, una discussione vera sul nuovo mondo multipolare scaturito dal fallimento della globalizzazione finanziaria. E quale ruolo dovrebbe svolgere l’Europa in questo nuovo mondo che sembra aver perso una bussola comune. Una funzione terza, indipendente, distinta dall’agenda atlantica, capace di difendere i propri interessi e valori facendo avanzare un piano di lavoro basato su una descalation dai teatri di guerra. Purtroppo, le prime mosse del nuovo parlamento sembrano andare in direzione esattamente opposta. Ad esempio, se il nuovo Alto rappresentante, il ministro degli esteri Ue, sarà un liberale proveniente dai Paesi baltici il messaggio sarà chiarissimo: insistere sul fronteggiamento pericoloso con la Russia, allontanando lo sguardo dalla tragedia palestinese. Pace, welfare, transizione ecologica, tutela del lavoro cognitivo di fronte allo tsunami della intelligenza artificiale, reddito universale di cittadinanza, diritti umani e civili. Queste le coordinate di lavoro per la sinistra e le forze ecologiste.

Stragi in mare senza soluzione di continuità. L’Italia e l’Europa continuano sulla linea securitaria. Il Mediterraneo è sempre più il “Mare della morte”, mentre la premier Meloni continua a magnificare il “piano Mattei” per l’Africa.
Al di là della propaganda con venature razziali, le chiacchiere stanno a zero. L’unico obiettivo che la premier si era data e cioè modificare un punto essenziale del Patto sulle migrazioni votato in aprile, chi arriva in Italia arriva in Europa, è stato un fallimento totale. Nessuna ricollocazione obbligatoria bensì la monetizzazione, fino a 30mila euro a essere umano, come risarcimento di altri Stati per le ricollocazioni mancate. Piuttosto è grave che in Europa sia passata la logica degli hot-spot fuori dai confini europei, su modello albanese. Luoghi distanti dagli occhi, dallo stato di diritto, dai vincoli del rispetto dei diritti umani, da aprire in Tunisia, Libia, Egitto, Turchia. Una vergogna, una pagina nera della democrazia europea. Purtroppo, temo che il nuovo parlamento potrà fare persino peggio. I nuovi deputati europei dovranno vigilare e battersi contro questa deriva.

Cosa racconta la tragica morte di Satman Singh?
La vicenda drammatica di Satnam Singh, le parole dense di dolore e denuncia della moglie, parlano di cosa siamo diventati e comportano responsabilità penali specifiche di cui si occuperanno i magistrati. La politica, il governo Meloni, dovrebbero avere occhi per guardare nel profondo un vero e proprio sistema fondato su forme, più o meno esplicite, di schiavitù e caporalato. In tutto il sud pontino, nella sostanza, l’agricoltura si regge su modelli arcaici, medievali, senza alcuna innovazione di processo e modernizzazione dei macchinari per una raccolta fondata sullo sfruttamento. Grazie anche a forme di ricattabilità generate dalla assoluta inefficacia e ingiustizia della legge Bossi Fini, ancora oggi assurdamente in vigore. Non è la mela marcia il nostro problema, ma l’intero cesto. Urgono controlli, ispettori, visto che abbiamo il doppio degli incidenti sul lavoro della Germania, servono sanzioni severe, urgono soprattutto politiche di tutela dei lavoratori rafforzando e legittimando in ogni luogo il ruolo dei sindacati. Urgono politiche agricole capaci di ragionare sui prezzi, tutelando i lavoratori, il prodotto di qualità, sostenendo lo sforzo degli agricoltori virtuosi che investono in biologico, km zero e dialogo con istituzioni e sindacati. Affrontando anche domande scomode, quale ad esempio il giusto prezzo per un chilo di pomodori per garantire un salario giusto? E da lì ricostruire la filiera che tiene insieme il salario e il prezzo di vendita, un obiettivo della buona politica da un lasciare al mercato e alla grande distribuzione organizzata. Di questo dovrebbe occuparsi il ministro Lollobrigida quando parla di sovranità alimentare, lasciando perdere insetti e stupidaggini varie. Intanto contribuiamo tutti alla raccolta fondi organizzata dalla Cgil per la famiglia di Satnam, per rimanere umani e non dimenticare la tragedia umana che si è determinata di fronte ad una distrazione di massa generalizzata.