Dopo la batosta elettorale

Melonismo al capolinea dopo la batosta elettorale: ora attenti ai colpi di coda

Come può reggere una narrazione fatta di ossimori e di paradossi, come può la Meloni nascondere la sua menzogna ontologica? Ecco, ai ballottaggi il Sud le ha risposto che non è disposto a bere la cicuta, anzi che è pronto a scendere in campo. Contro di lei e i suoi azzardi. Contro lo sfascismo.

Editoriali - di Nichi Vendola - 27 Giugno 2024

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Melonismo al capolinea dopo la batosta elettorale: ora attenti ai colpi di coda

Dev’essere stato davvero duro e imprevisto il colpo, per reagire in modo così scomposto e persino grottesco, denunciando addirittura il clima da “guerra civile” costruito contro di lei, la grande fratella d’Italia. Giorgia Meloni, che pure aveva “vinto” le elezioni europee perdendo oltre seicentomila voti, questa volta ha proprio perso: una sconfitta netta, che mette in vetrina la fragilità della classe dirigente della destra e enfatizza l’urgenza della riapertura di un cantiere plurale per l’alternativa progressista alla destra. Il voto amministrativo ha come interrotto la luna di miele tra la destra radicale e il Paese, rivelando una crepa lunga e profonda tra l’establishment e una larga opinione pubblica, prevalentemente urbana e meridionale.

Una bella e sonora sberla, da Potenza a Perugia, da Bari a Firenze, da Cagliari a Campobasso, a cui la premier reagisce con voce rauca e rancorosa, dismettendo quello stile istituzionale che in verità lei troppo spesso fatica a indossare. Mentre la seconda carica dello Stato (per dire in che Stato siamo precipitati!) propone un immediato cambio della legge elettorale, perché ci dovrà pur essere un sistema di voto che non ti fa perdere mai. Diciamo che dopo i ballottaggi si è chiusa una stagione, quella delle “chiacchiere e distintivo”, dei patetici Consigli dei ministri che scodellano provvedimenti a futura memoria e a incerta copertura, mentre Tele Meloni nasconde i tagli feroci, classisti, vergognosi che ogni giorno vengono inflitti alla carne viva dei diritti sociali.

Ecco, comincia ora la stagione dei rendiconti, del principio di realtà che spacca le bolle propagandistiche in cui vorrebbero sequestrarci. E la realtà ci suggerisce una cosa cruciale, la più importante di tutte: la “questione sociale” ribolle sotto la cenere della rimozione, ci sputa addosso l’orrore della strage quotidiana del lavoro precario e servile, ci espone le tabelle di una povertà che dal marciapiede dei clochard sale ai primi piani dei condomini dell’ex ceto medio, mescola vite grame e acrobatiche di stranieri e di indigeni uniti nel salario al ribasso e nella dignità calpestata, ci mette sotto gli occhi l’ideologia fake delle partite Iva la cui dicitura spesso occulta solo altro lavoro precario, ci dice la tragedia del lavoro intellettuale e dei saperi svalorizzati e sospinti verso la fuga all’estero. In un’Italia in cui non si fanno più figli, invece di ragionare su come uscire dall’incubo economico-sociale di questo persistente inverno demografico, si apre la stagione di caccia ai figli delle famiglie arcobaleno: perché serve alla destra nutrirsi di capri espiatori.

Di un’Italia che è un corpo delicato e prezioso, si intende spezzare la colonna vertebrale, il patto solidaristico, magari recuperando una sagoma unitaria solo nel carattere neo-autoritario del potere politico plasmato dal premierato. E la secessione padana è tutta dentro la questione sociale: mascherata da “autonomia differenziata”, è una scelta volgarmente liberista, violentemente classista, culturalmente razzista. Ebbene, questo sì, è un atto da guerra civile. La Meloni e suoi sodali non odiano solo la Costituzione e la Resistenza, odiano pure il Risorgimento. Tra le scene più indimenticabili e iconiche dell’attuale sciagurata legislatura resterà negli annali di Montecitorio l’assalto al tricolore: l’azione squadrista dei deputati fascio-leghisti contro chi impugnava la povera bandiera nazionale. La bandiera usata e abusata nella iconografia della destra impugnata contro la destra, per protestare contro chi si propone di farci regredire all’Italietta pre-unitaria.

Ecco qui un perfetto cortocircuito di simboli e ideologie: il tricolore contro gli stendardi delle repubbliche padane e viceversa. “Io Giorgia” crede di potere tenere tutto assieme: nazionalismo e secessionismo, patriottismo italico e piccole patrie regionali. Tutto e il contrario di tutto! Ma come può reggere una narrazione fatta di ossimori e di paradossi, come può la Meloni nascondere la sua menzogna ontologica? Ecco, ai ballottaggi il Sud le ha risposto che non è disposto a bere la cicuta, anzi che è pronto a scendere in campo. Contro di lei e i suoi azzardi. Contro lo sfascismo.

27 Giugno 2024

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