Le trattative a Bruxelles
Nomine Ue, i Popolari “aprono” a Meloni: ma i suoi Conservatori rischiano di perdere pezzi
Esteri - di Carmine Di Niro
Giorgia Meloni aveva parlato in Parlamento di “caminetti” che hanno deciso le nomine per i “top jobs” europei senza coinvolgere l’Italia, ma nel primo giorno di Consiglio europeo la più “corteggiata” è proprio la premier italiana.
Sul tavolo la proposta non cambia: i negoziati tra Popolari, Socialisti e Liberali ha portato a nomi ormai certi, ovvero il bis di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea, il socialista portoghese Antonio Costa alla presidenza del Consiglio Europeo, la premier liberale estone Kaja Kallas per la carica di Alto rappresentante Ue per la politica estera, oltre alla conferma di maltese Roberta Metsola alla guida dell’Europarlamento.
- Nomine Ue, il pianto di Meloni contro l’esclusione dalla partita: “Logiche di caminetto, non ci hanno consultati”
- Giorgia Meloni non sa perdere: tra elezioni e autonomia (che porterà via voti) la premier trema
- Top jobs in EU: cosa sono, il significato, le cariche dell’Unione Europea, le trattative, il ruolo di Giorgia Meloni
Se su questi nomi Meloni non ha toccato palla, mostrando poi in Parlamento a Roma i chiari segni di nervosismo, oggi a Bruxelles le posizioni si fanno più sfumate, in particolare dal Ppe, i Popolari di centrodestra.
I Popolari aprono a Meloni
Tutti, almeno a parole, concordi nella volontà di non escludere il governo di Roma. Aperture arrivate da Donald Tusk, premier polacco e negoziatore dei Popolari al tavolo delle trattative sui “top jobs”.
“Una cosa è chiara: nessuno rispetta il primo ministro Giorgia Meloni più di quanto lo faccia io. Si tratta di un’incomprensione: a volte abbiamo bisogno di piattaforme politiche per semplificare il processo”, ha spiegato Tusk arrivando a Bruxelles. Per Tusk infatti “non c’è Europa senza Italia e non c’è decisione senza la premier italiana. Questo è ovvio per me”.
A dargli manforte Manfred Weber, presidente del gruppo dei Popolari al Parlamento europeo e da tempo leader di quell’ala del Ppe più aperta al dialogo con l’Ecr, i Conservatori di estrema destra di cui Meloni è presidente.
“Ritengo fondamentale per l’Unione” che ci sia, durante questa fase, un “processo inclusivo” sulle nomine, che “tenga conto anche degli interessi italiani”, ha spiegato Weber.
La grana polacca per Meloni
L’obiettivo dei Popolari è chiaro: allargare il perimetro della maggioranza, quantomeno nel voto previsto tra 20 giorni al Parlamento europeo che dovrà confermare le nomine espresse dal Consiglio europeo.
Se da un lato la maggioranza ha i numeri per eleggere von der Leyen, il pericolo dei franchi tiratori potrebbe provocare una sconfitta clamorosa.
Per la premier italiana non si tratta di una partita semplice. Una sua via libera alle nomine, in Consiglio europeo come in Parlamento, rischia di provocare una scissione nell’Ecr. A parlarne apertamente è stato Mateusz Morawiecki, l’ex primo ministro polacco e leader di Diritto e Giustizia (PiS), che esprime 20 parlamentari a Bruxelles nel gruppo dei Conservatori.
Morawiecki in particolare è in trattativa per formare un nuovo gruppo di estrema destra, legato all’area di Visegrad. Dentro ci potrebbero essere il partito Ano dell’ex premier ceco Andrej Babis, che ha recentemente annunciato l’addio a Renew Europe, il Partito democratico sloveno dell’ex primo ministro Janez Jansa e Fidesz, la formazione politica del premier ungherese Viktor Orban. Per la formazione di un gruppo servono almeno 23 eurodeputati da sette Stati.
“È ovvio che potremmo unirci in una piattaforma geografica e non solo ideologica”, ha spiegato Morawiecki a Politico. “Siamo in trattativa con Ecr e questo è l’elemento principale che deciderà del nostro futuro“, ha aggiunto Morawiecki, specificando che il PiS è tentato di andare “in entrambe le direzioni“. “Direi che la probabilità è del 50/50“, ha spiegato, aggiungendo che “non è garantito” che il PiS rimanga in Ecr.