Lo straccio rosso

In Francia si gioca il nostro futuro: Mélenchon e Le Pen, riformismo contro fascismo

È diffusa in tutto l’Occidente, come lo era l’antisemitismo in Europa nella prima metà del secolo scorso, come era il razzismo contro i neri in America. La Francia deve scegliere tra riformismo e ritorno a Vichy

Editoriali - di Piero Sansonetti - 3 Luglio 2024

CONDIVIDI

In Francia si gioca il nostro futuro: Mélenchon e Le Pen, riformismo contro fascismo

Non è uno scontro tra due estremismi: quello della Le Pen e quello di Mélenchon. Questa è un’immagine faziosa, molto inesatta della battaglia francese. Lo scontro è tra destra e sinistra. Semplicissimo. Una destra piena di tradizioni, suggestioni e idee fasciste, quella di Marine Le Pen – figlia di Jean Marie Le Pen, erede della Repubblica di Vichy e del generale Pétain – e una sinistra classica, combattiva e riformista. Mélenchon, come e più di Glucksmann, è un riformista. E la Francia oggi è in bilico tra riformismo e fascismo. Tutta Europa lo è. In Italia il governo, per la prima volta dal 1945, è in mano a un gruppo di eredi di Almirante. E se in Francia vince il Rassemblement national, andrà al potere un partito con una salda ideologia reazionaria e xenofoba.

Generalmente quando dici queste cose ti dicono che insegui i fantasmi. Che il fascismo è morto e che non ha senso parlarne. Non è vero. Non si tratta di demonizzare nessuno – né persone, né parole, né simboli – semplicemente si tratta di eseguire una realistica analisi politica. Cercando di vedere con chiarezza le caratteristiche essenziali della destra radicale, che ha messo a tacere i gollisti e ne ha preso il posto, e della sinistra che torna a proporre idee socialiste. La destra di Marine Le Pen è essenzialmente una destra xenofoba. In modo dichiarato e robusto. Propone un programma di governo xenofobo e se vincerà, e se governerà, realizzerà un programma molto netto di discriminazioni razziali. Per oggi preoccupiamoci solo di questo. La xenofobia non è una caratteristica accidentale e secondaria della destra radicale. In Italia come in Francia ne è la caratteristica fondante. E la xenofobia – prodotto inevitabile del sovranismo – è esattamente il nuovo razzismo.

Esistono tre tipi di razzismi oggi, in Europa e in genere nella società moderna. Quello classico, millenario, dell’antisemitismo. Cioè il razzismo contro gli ebrei considerata razza dannata. Poi c’è il razzismo contro i neri considerati razza inferiore, che si sviluppò soprattutto negli Stati Uniti nel secolo scorso. E infine la xenofobia, il razzismo contro lo straniero, che è il più diffuso, tocca la maggioranza della popolazione, influenza in modo pesante le macchine propagandistiche dei partiti e gli esiti delle consultazioni elettorali. Per fortuna negli ultimi decenni l’antisemitismio e il razzismo contro i neri hanno prodotto un numero piccolo di vittime. La xenofobia, solo per quel che riguarda le morti nel Mediterraneo, ha provocato almeno 30mila vittime. Forse molte di più, perché di migliaia e migliaia di profughi non abbiamo mai saputo niente. La xenofobia è diventata la bandiera dei partiti della destra e addirittura si è insinuata talvolta nei partiti di sinistra arrivando talvolta persino ai vertici di vari governi. La viviamo tutti i giorni nelle strade (ieri a Roma, a Tor Pignattara c’è stata un’aggressione dichiaratamente razzista contro un gruppo di indiani) e ha trovato ormai stabile insediamento nelle politiche di respingimento dei migranti, e di ostacolo ai soccorsi, che è entrata a far parte della nostra legislazione e che ha provocato vere e proprie stragi.

La xenofobia e il suo innalzamento a livelli istituzionali, secondo me, è qualcosa di molto simile alle leggi razziali introdotte in Italia nel 1938. Del resto nel programma della destra francese, osannata da molti giornali italiani, c’è il progetto di vere e proprie leggi razziali, che esattamente come quelle contro gli ebrei di 90 anni fa escludono i migranti da alcuni diritti e dai luoghi di comando. Io penso che il nuovo fascismo sia essenzialmente questo. Xenofobia. Accompagnata dalle tradizionali pulsioni della destra radicale (non di quella moderata) al giustizialismo e all’autoritarismo. Questo fascismo nuovo e moderno si è insinuato negli ultimi anni in molti settori della società. E anche del mondo politico. Soprattutto ha largamente condizionato la Lega e negli anni scorsi pezzi dei 5 Stelle (i settori più giustizialisti e securitari del partito di Grillo). Ora però, in Italia come in Francia, siamo di fronte all’ipotesi che si stabilizzi come ideologia fondante del principale partito di governo.

Dall’altra parte della barricata – ora parliamo della Francia – ci sono i riformisti di Mélenchon. Perché parlo di riformisti? Perché forse è ora di dire che il riformismo non è l’ideologia dei liberali di destra. È l’ideologia della sinistra e dei socialisti. Il riformismo non è liberale e conservatore. Non è reazionario: è progressista. Può fare alleanza coi liberali, ma è una cosa diversa. Mi obiettano: ma Mélenchon vorrebbe imporre una tassa sui patrimoni, che è una tipica misura comunista. E i riformisti, per la loro natura liberale, si oppongono. Non è così. I comunisti non hanno mai pensato a tassare i patrimoni. I comunisti hanno sempre pensato a espropriare i patrimoni. La tassa sui grandi patrimoni esiste in paesi come la Francia, la Svizzera, la Spagna, la Norvegia, la Finlandia, che sono paesi dove il riformismo socialista ha dilagato per molti anni. Il reddito di cittadinanza non è una misura comunista. È puro riformismo. Il salario minimo esiste praticamente in tutta Europa, esclusa l’Italia.

In Francia il Fronte popolare (erede di Leon Blum, personaggio molto, molto, molto più nobile dell’orrido Pétain) chiede e propone una accentuazione delle misure riformiste, in modo da spostare a sinistra l’asse di governo che gli uomini di Macron hanno spinto in questi anni verso destra. Niente di più. Perciò dalla battaglia di Francia dipendono tante cose del nostro futuro. In questi decenni l’Europa ha camminato, seppur molto lentamente, su una strada socialdemocratica e cristiana. Una vittoria di Le Pen segnerebbe la fine della destra moderata, quella di Merkel, di Berlusconi, di Sarkozy, e il dominio della destra radicale e xenofoba. Una vittoria del Fronte sarebbe il ritorno alle idee, alle speranze, all’anima di Mitterrand e di Palme.

3 Luglio 2024

Condividi l'articolo