Confermate le previsioni dei sondaggi, il Labour ha vinto le elezioni in Inghilterra e Regno Unito e Keir Starmer sarà Primo Ministro. Un trionfo: dopo anni di governo conservatore, la sinistra tornerà a Downing Street. Sconfitta cocente e prevista per i Tory di Rishi Sunak, una disfatta per il premier uscente. Questi i primi risultati emersi dagli exit poll, resi pubblici alle 23 appena chiusi i seggi: di questi ultimi ben 410 andrebbero al Labour (la soglia della maggioranza è 325), mentre solo 131 scranni in favore dei Tory. Delusione anche per Nigel Farage e del suo Reform UK che hanno preso appena 13 seggi. Male anche gli scozzesi dello Scottish National Party che hanno conquistato 10 seggi. Per i Tory è la peggiore debacle dalla loro fondazione.
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Un ritorno al futuro sulla ruota di Londra. Se in Europa continentale c’è chi guarda a destra, l’isola della Brexit sterza stavolta in direzione opposta: verso il centro se non proprio a sinistra, tornando ad affidarsi al Labour – sotto la leadership moderata di sir Keir Starmer – dopo 14 anni di governi e convulsioni Tory. Lo spoglio notturno delle schede delle elezioni britanniche riguarda ormai solo i numeri destinati a fissare le dimensioni del trionfo laburista, frutto anche e soprattutto dell’annunciatissima disfatta dei conservatori del premier uscente Rishi Sunak, sospesi fra la prospettiva d’una batosta di portata storica e quella di un annichilimento epocale, come da indicazioni unanimi della vigilia. A conclusione di una giornata di voto senza grandi nubi nelle quattro nazioni che formano il Regno Unito (Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda del Nord) anche a livello meteo, dopo un mercoledì grigio e piovigginoso. Come a cancellare gli affanni di una campagna elettorale intensa, eppure priva di suspense: apparsa decisa nei suoi esiti sin dal giorno uno della convocazione a sorpresa delle urne da parte di Sunak, qualche mese in anticipo rispetto alla scadenza naturale.
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Elezioni 2024 in Inghilterra e Regno Unito: i candidati
Una scommessa kamikaze destinata in realtà a far scoccare giusto un po’ prima del tempo l’ora di un risultato scontato, figlio d’un diffuso rigetto da fine ciclo del partito di governo uscente più che della capacità d’attrazione dell’offerta programmatica – prudente quanto vaga – starmeriana. Scenario che si traduce ad ogni buon conto in una svolta generazionale. Nella fine di quasi tre lustri di governi a guida conservatrice segnati da crisi, scossoni, scandali, lacerazioni interne e cambiamenti di leader, fra responsabilità proprie e conseguenze di terremoti internazionali; oltre che dai contraccolpi – almeno per ora largamente negativi – di quella sorta di gioco di prestigio che è stato il referendum del 2016 sul divorzio dall’Ue, sfociato nella Brexit. Una svolta che si consuma nel nome del ritorno alla normalità, caratteristica per ora dominante del profilo da ex procuratore della corona prestato alla politica del 61enne Starmer; e che gli elettori desiderosi d’un qualche cambiamento vero (oltre lo slogan elettorale indistinto del ‘change’) sperano non significhi normalizzazione.
Elezioni 2024 in Inghilterra e Regno Unito:: sondaggi e affluenza
Ma che certo prefigura una cesura rispetto ai fuor d’opera di un Boris Johnson, il più controverso e divisivo (ma anche simbolicamente significativo) fra i 5 premier della girandola Tory di questi 14 anni. La super maggioranza in Parlamento che le previsioni tratteggiano lascia del resto se non altro margini di manovra all’uomo incaricato di riportare le insegne del laburismo a Downing Street dai tempi di Tony Blair e Gordon Brown. Un uomo nato politicamente nella corrente intermedia della ‘soft left‘, salvo spostarsi passo dopo passo su posizioni sempre più centriste, il quale tuttavia promette di lavorare a un miglioramento più equo delle condizioni di vita della “gente comune” come antidoto alla “minaccia populista“. Sebbene escludendo di voler cavalcare i contrasti sociali o riaprire ferite come la stessa Brexit, a cui fu a suo tempo contrario, ma che adesso non intende rimettere in causa. Le priorità programmatiche immediate riguarderanno semmai l’avvio accelerato d’iniziative legislative ordinarie su temi ecumenici quali “la stabilità e il rilancio dell’economia“, la sanità, l’edilizia pubblica, la sicurezza e il contrasto (senza piano Ruanda) “dell’immigrazione illegale“.
Elezioni 2024 in Inghilterra e Regno Unito: i risultati dopo la chiusura dei seggi
In un contesto, già benedetto dalle prime reazioni rilassate dei mercati e del business, a cui si affianca l’impegno alla continuità sulla trincea dei conflitti internazionali – sostegno senza quartiere all’Ucraina in primis – e alla lealtà a Usa e Nato. Mentre ai Tories toccherà ripartire dal baratro, con un nuovo leader dopo l’addio inevitabile di Sunak. Per provare a riconsolidare almeno il primato indiscusso a destra, minacciato da Nigel Farage e dal suo Reform UK; e quello della leadership dell’opposizione parlamentare alla Camera dei Comuni, conteso – in uno scrutinio da incubo, senza precedenti in 190 anni di storia, per il partito che fu di Margaret Thatcher – dai redivivi Liberaldemocratici di Ed Davey.