L'europarlamentare pd

Intervista a Camilla Laureti: “Meloni non inganna più nessuno, in Europa una débacle”

«Ha perso il ruolo guida dei sovranisti europei, per la competizione di Salvini e ha compresso il ruolo di premier di uno dei paesi fondatori dell’Ue, condannandosi all’irrilevanza istituzionale»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli - 5 Luglio 2024

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Intervista a Camilla Laureti: “Meloni non inganna più nessuno, in Europa una débacle”

Camilla Laureti, europarlamentare PD, eletta prima Vicepresidente del gruppo dei Socialisti e Democratici all’Eurocamera: Francia, Germania, Austria, Belgio… Un vento di destra imperversa in Europa. Come arginarlo?
Partendo dal dato di realtà del Parlamento europeo, dove il PPE è la prima forza e noi socialisti siamo il secondo gruppo. Lo sfondamento a destra, agognato anche dalla nostra presidente Meloni, non c’è stato, e mai come ora le forze sovraniste sono divise, a Bruxelles. Il PD poi ha raggiunto un risultato straordinario alle elezioni europee, subito confermato dalle amministrative. È da qui che bisogna ripartire con determinazione. Certo è innegabile che negli Stati da lei ricordati l’avanzamento delle forze della destra estrema è preoccupante e a questo vento, come lei lo definisce, dobbiamo dare una risposta. Come? Rafforzando il progetto europeo e l’idea d’Europa verde, giusta, femminista di noi socialiste e socialisti europei. Quando abbiamo detto “mai una intesa con Ecr e Id”, e dunque con l’estrema destra, l’abbiamo fatto per un motivo preciso. Noi vogliamo realizzare l’Europa della coesione, del Next Generation Eu, del Green Deal dal ‘cuore rosso’, realizzare l’Europa di Spinelli, Hirschmann e Delors. Questo è il nostro programma ed è radicalmente alternativo a quello delle destre sovraniste. Sta qui, nelle idee, nelle convinzioni, nei programmi, la forza che abbiamo per fermarne la crescita.

A “deragliare” è soprattutto la “locomotiva” franco-tedesca.
È un dato sicuramente allarmante ed a cui dobbiamo dare grande attenzione. In un mondo difficile, segnato da conflitti anche alle porte dell’Unione e dalla crisi climatica, la debolezza ‘europeista’ dell’asse franco-tedesco, cuore del progetto europeo, preoccupa. E questo tanto più alla luce dell’incertezza che grava sugli Usa, con la minaccia del ritorno del trumpismo. Ma aspettiamo il secondo turno del 7 luglio: il sistema francese può riservare delle sorprese. Preoccupa, certo, il clima di polarizzazione e le sue eventuali conseguenze, come ribadito in queste ore da molti analisti politici francesi. Sono convinta, però, che l’accordo sulla desistenza nei collegi da parte di Macron e del Nuovo Fronte popolare, che con la sua affermazione è stato una sorpresa positiva, darà i suoi frutti domenica. Il Rassemblement National non ha conquistato la maggioranza assoluta al primo turno, la partita, insomma, è ancora aperta. Sono tempi complessi, certo, ma l’Europa, come disse Jean Monnet, “sarà forgiata nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni adottate per quelle crisi”. E, quindi, da europeista convinta sono sicura che l’Ue troverà la strada.

L’Italia è stata fuori dai giochi sulle nomine più importanti dell’Unione Europea. Giorgia Meloni fa la voce grossa…
La complessiva direzione politica di questo Governo, l’asse con l’Ungheria di Orban e il rapporto stretto con le forze antieuropeiste, il troppo recente passato anti-UE della stessa Premier, l’atteggiamento sul Mes, la posizione antivaccino durante la pandemia, il G7 in cui la scena italiana è stata conquistata per la posizione assunta dalla premier contro l’aborto: come si può pensare che tutto questo non abbia conseguenze nelle relazioni con gli altri Stati dell’Unione? Come è pensabile che ci facciano sedere al tavolo dell’accordo da co-protagonisti? Per non parlare del fatto che nell’intesa sui cosiddetti top jobs la premier ha agito più da Presidente dei Conservatori che da Presidente del Consiglio che fa gli interessi del suo paese.

Meloni ha pagato anche la scarsa chiarezza?
Certamente. Il Governo Meloni vede insieme il ministro e capo della Lega Salvini – che parla di “golpe europeo” e guarda al nuovo gruppo antieuropeista dei patrioti di Orban, Babiš e Kickl, vero fumo negli occhi per Ecr di Meloni – e il vicepremier europeista Tajani del PPE, che spinge nella direzione opposta. Ci rendiamo conto della confusione? È questa ‘doppiezza politica’ di Meloni ad averne determinato l’esclusione e l’irrilevanza istituzionale. È rimasta schiacciata politicamente. Ha perso il ruolo guida dei sovranisti europei, per la competizione a destra di Salvini, vero alleato di Le Pen e vicino al gruppo del “Manifesto dei patrioti”, e ha compresso il ruolo di premier di uno dei paesi fondatori dell’Ue, condannandosi così all’irrilevanza istituzionale a Bruxelles. Una doppia sconfitta per lei. Il suo iniziale tentativo è simile a quello messo in atto da Le Pen: la dediabolisation però non inganna più nessuno, perché poi prevale la realtà. E la realtà, e qui voglio concentrarmi su Meloni, è quella di un partito in cui Gioventù Nazionale ha tra le sue fila chi inneggia al nazifascismo e all’antisemitismo e che tiene nel simbolo una fiamma che non ha mai voluto spegnere: non certo un buon segnale per l’Ue.

Le elezioni passano, le guerre continuano, dall’Ucraina al Medio Oriente.
E l’Europa deve rilanciare il suo ruolo di forza di pace, la sua capacità diplomatica. Per farlo serve un’Unione più forte, capace di darsi una politica estera e di difesa comuni, evitando la folle e sbagliata corsa al riarmo dei singoli paesi che è stata la premessa dei drammi del Novecento. Serve poi superare il principio dell’unanimità in Consiglio, che permette la politica dei veti, rallenta la risposta europea, la depotenzia. Anche rispetto ai conflitti che segnano il pianeta, insomma, noi continuiamo a sostenere che serva rafforzare l’Europa e non certo svuotarla, indebolirla. Basta pensare che nella sua ragion d’essere costitutiva c’è proprio l’aspirazione alla pace fondata sul rispetto dello Stato di diritto.
Lei è stata da poco eletta prima Vicepresidente del gruppo dei Socialisti e democratici all’Eurocamera. Con quale spirito e priorità intende svolgere questo importante compito?
Lavorando a rafforzare l’unità del gruppo, in cui la delegazione del Pd è la prima per numero e ha fatto pesare e farà pesare il suo peso sul piano del programma da mettere in campo in questa nuova legislatura. L’unità di S&D sarà centrale per giocare in difesa e in attacco la partita della legislatura. Le destre estreme, e non solo quelle, tenteranno ancora una volta l’assalto al Green Deal e sarà nostro compito difenderlo e rilanciarne l’attuazione garantendo le risorse perché la transizione verde abbia un cuore rosso, garantisca, cioè, la coesione sociale. Siamo determinati come famiglia socialista a far progredire l’Unione della crescita e del welfare, dei diritti e dello stato di diritto, della parità. E dobbiamo farlo in un mondo in tumulto, a cui le destre estreme offrono risposte inadeguate alle sfide, ma adeguate alla propaganda. Anche in Italia siamo impegnati in questa direzione, portando avanti un’opposizione fatta di proposte che vogliono contrastare le disuguaglianze, acuite dalle politiche delle destre, a partire dall’ingiusto provvedimento sull’Autonomia differenziata.
La legge Schlein per la difesa della sanità pubblica e la raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare che introduca il salario minimo sono infatti tra le priorità portate avanti dal nostro partito.

Sabato lei sarà a Latina per la manifestazione nazionale indetta dalla Cgil contro il sistema del caporalato e dello sfruttamento nei campi.
Sì, ci sarò, come sono stata in piazza a Latina, il 22 giugno, dopo l’omicidio di Satnam Singh, inaccettabile per una democrazia e una Repubblica fondata sul lavoro. Le leggi per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, i loro diritti ci sono e vanno applicate. Questo chiediamo, ad iniziare dalla norma di contrasto al caporalato del 2016. Dobbiamo potenziare l’attività di controllo, con un coordinamento reale ed effettivo fra i diversi organi ispettivi (Ispettorato nazionale, Asl, forze dell’ordine etc). Dobbiamo fare in modo che i finanziamenti europei per il settore, la Pac, arrivino realmente e solo alle imprese che rispettano i diritti dei lavoratori, la cosiddetta “condizionalità sociale”. Dobbiamo superare la legge Bossi-Fini per riconoscere un permesso di soggiorno a chi cerca lavoro e introdurre una nuova legge sulla cittadinanza perché chi nasce o cresce in Italia è italiano o italiana.

E a livello europeo?
Proprio in queste ore, nella formulazione delle priorità dei socialisti e delle socialiste europee per questa legislatura da presentare alla presidente von der Leyen, abbiamo proposto come Delegazione PD – ed è stato accolto – un riferimento esplicito all’obiettivo di garantire particolare attenzione alle condizioni di vita e di lavoro, dunque ai diritti dei lavoratori agricoli, e chiederemo al prossimo Commissario all’Agricoltura di introdurre un’attività di reporting che obblighi gli stati membri a dare conto dei controlli effettuati sul rispetto della condizionalità sociale della PAC, compreso appunto il rispetto dei diritti di chi lavora, individuando anche nuove misure per sostenerli in questo impegno.

5 Luglio 2024

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