Le presidenziali Usa

Parla Nadia Urbinati: “Fantapolitica Michelle Obama candidata, di sicuro ha perso la democrazia”

«La pessima performance di Biden rischia di mettere in secondo piano una delle migliori presidenze americane. L’ipotesi della ex first lady alla Casa Bianca, che tanto piace in Europa, in America non è mai stata considerata»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli - 5 Luglio 2024

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Parla Nadia Urbinati: “Fantapolitica Michelle Obama candidata, di sicuro ha perso la democrazia”

Biden alle corde, i Democratici americani al bivio. L’Unità ne discute con Nadia Urbinati, accademica, politologa italiana naturalizzata statunitense, docente di Scienze politiche alla Columbia University di New York.

Negli Stati Uniti si sta consumando il dramma, politico e personale, di Joe Biden. Professoressa Urbinati, come leggere questa vicenda?
La debolezza di Biden non è un fatto recente. I leader del Partito, ma anche fuori da esso, ne erano consapevoli da tempo. Stavolta, però, con il duello televisivo, questa debolezza è deflagrata. Biden si è sentito impaurito, ha avvertito sulle proprie spalle la responsabilità di un intero Paese. Lui è profondamente convinto, e a ragione, della pericolosità di Trump ed è altrettanto profondamente convinto, nonostante tutto, di essere la persona più adatta per evitare che lo tsunami Trump si abbatta sull’America e terremoti il sistema democratico.
Questa drammatizzazione oggettiva dello scontro finisce da un lato per paralizzare Biden ancor più di quanto non lo sia di suo e dall’altro blocca i Democratici nelle loro scelte. Sono finiti in un cul-de-sac, in un vicolo cieco dal quale è davvero difficile uscire. È molto tardi adesso.

Quali le opzioni sul tavolo?
C’è una parte dei Democratici che vuole accelerare i tempi per preparare la sostituzione di Biden come candidato presidenziale e un’altra parte che ritiene che, giunti a questo punto, a pochi mesi dal voto, questo cambio in corsa sia un suicidio politico. È un terno al lotto, perché nessuno sa quale delle due opzioni sia la più vantaggiosa per il Partito democratico e per l’America. I due destini mai come oggi sono lo stesso destino.

In campo democratico, esisterebbero personalità in grado di reggere, in queste condizioni, lo scontro con Trump?
In articoli sul New York Times, sul Washinton Post, su The Atlantic, di nomi ne sono stati fatti. Qui da noi non li conosciamo, perché sono nomi interni al Partito democratico e agli Stati Uniti e hanno avuto poca audience esterna. La ricerca è avviata e, nonostante la difficoltà, quanto a personalità politicamente apprezzabili, i Democratici non sono all’anno zero. Però…

Però, professoressa Urbinati?
L’ultima uscita di Nancy Pelosi che praticamente pone a Biden un aut aut ultimativo, è un fatto di grande rilevanza, perché lei e Biden sono i due pilastri del Partito democratico. I Democratici americani devono molto a queste due personalità. Se Pelosi si dissocia da Biden ciò significa che una parte del Partito è già su questa posizione ed è già alla ricerca di una sostituzione.
Il problema è che oggi una eventuale sostituzione dovrà essere dirompente. Dovrà essere una persona capace davvero di attirare tutto quello che Biden non è più capace di avvicinare nell’opinione pubblica statunitense. In secondo luogo, che non appaia come una scelta della disperazione. Perché se appare come tale, la questione diverrebbe drammatica.

Michelle Obama è solo una suggestione?
Michelle Obama è il nome che ricorre in Europa. Ma negli Stati Uniti questo nome, come possibile e auspicabile candidata alla Casa Bianca, non c’è, non circola. D’altro canto, lei ha sempre negato di voler fare politica attiva, non ha mai presentato sé stessa come una ipotetica candidata.

In questo primo faccia a faccia televisivo, tutti gli occhi degli analisti erano puntati su Biden. E Trump? Che immagine ha dato di sé?
L’immagine di un bugiardo seriale. Ha detto delle cose assurde. Non so se l’abbia dette perché non sa le cose o perché le voglia proprio dire. Comunque sia, è stato il Trump di sempre: un manipolatore senza scrupoli. Gli occhi erano puntati su Biden, perché a Biden si guarda come salvezza contro Trump. Se il “salvatore” non ha funzionato in quel duello televisivo, c’è da temere e tanto. Personalmente, credo che aver deciso di fare quel faccia a faccia televisivo sia stata una scelta improvvida, sbagliata da parte dei Democratici e dell’entourage del Presidente. Non avrebbero mai dovuto fare un duello di quel tipo. Hanno voluto fare una cosa alla Macron, rischiare il tutto per tutto. È stato un errore, e questo oggi lo ammettono in molti all’interno del Partito democratico. Tant’è che invitano a non considerare quel duello televisivo un fatto rilevante. Più rilevanti sono le capacità del team-Biden. Invece che su Biden solo, s’insiste, a ragione, sulla sua squadra.

Perché a ragione?
Perché è un team valido e lo ha dimostrato in questi quattro anni di presidenza. Quello di Biden è stato uno dei migliori governi che l’America ha avuto da anni a questa parte. Quindi si insiste molto sulla collegialità più che sulla individualità. Ma quando vai in tv, ci vai da solo. E questa si è rivelata una scelta sconsiderata.

Il mondo ha avuto l’immagine, un po’ sconvolgente, di una iperpotenza globale la cui leadership è contesa da un Presidente che si dipinge come debole e un avversario criminale. Perché si è giunti a questo, professoressa Urbinati?
Il discorso sarebbe lunghissimo e complesso. Diciamo che la politica ha progressivamente attratto non i migliori, perché la politica è uno strumento utilizzato da altri potentati che stanno dietro le quinte, ma che sono i veri attori, anche se non si vedono sulla scena. Quelli che orientano le scelte che contano in politica estera come su piano interno. L’impressione è che non conti poi più così tanto il dominio politico tradizionale, quanto contino sempre di più i dominii finanziari ed economici che poi sono quelli che pilotano dall’esterno e che sono invisibili. Questa è una lettura.
L’altra è che a partire dalla fine degli anni ’70 e per tutto il decennio successivo e oltre, ci sia stato un declino nell’attenzione verso la politica come una possibile vocazione per le giovani generazioni o dei migliori, come si usa dire. In questo senso, la politica è stata abbandonata. Resta il fatto che Biden è uno dei migliori. Biden ha avuto una grandissima traiettoria politica. Viene da un ceto medio-basso, ha un rapporto fortissimo con le classi lavoratrici. Non è il Biden che appare all’estero come un guerrafondaio, una critica che qui in Europa è particolarmente diffusa a sinistra. Il Biden delle politiche nazionali, è un Biden socialdemocratico, progressista, senza se e senza ma. La questione la guardiamo e analizziamo solo attraverso i leader, ma andrebbe affrontata andando a vedere, nel profondo, cosa siano diventati oggi i partiti, il che vale per l’America come per l’Europa e l’Italia. Per restare agli Stati Uniti, ciò che emerge con forza è la dissoluzione del Partito repubblicano per quello che è stato nella sua lunga storia. Oggi, il Gop – Grand old Party – è stato “trumpizzato” nel profondo, nella sua cultura, se tale può essere definita, nella sua visione delle cose, nel suo modo di essere e di proporsi. Questo Partito repubblicano non è più un partito considerabile come una opposizione degna, legittima. Non lo è più. La democrazia americana è nata con il riconoscimento che l’opposizione può e deve essere legittima. In questo caso, si hanno seri dubbi che il Partito repubblicano lo sia ancora.

5 Luglio 2024

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