Altro che fascisti...
Decreto sicurezza e “riformetta” della giustizia, da Nordio e Salvini acqua fresca e più prigione
Hanno fatto una riforma della giustizia da far ridere i polli. E un decreto sicurezza da fare accapponare la pelle...
Editoriali - di Piero Sansonetti
Ci vuole un bel coraggio per dire che questa cosetta qui è una riforma della giustizia. Diciamo che per essere una riforma della giustizia, mancano due cose: la riforma e la giustizia. C’è poco da scherzare. Ci avevano detto che avrebbero fatto la separazione delle carriere, la riforma del carcere, la responsabilità civile del giudice, la fine dell’obbligatorietà dell’azione penale, e tantissime altre cose importanti, cioè che avrebbero provato a rimettere in piedi lo Stato di Diritto sfidando i veti dell’Anm (l’associazione dei magistrati) e di Scarpinato e di Travaglio. Hanno partorito un piccolo piccolo topolino, e non è nemmeno questa la cosa più grave. La cosa più grave è che insieme al topolino hanno partorito una bestia feroce che rende il nostro sistema giudiziario ancora più repressivo e schifoso di quanto non fosse prima. Dico di più: in alcuni aspetti hanno peggiorato le norme del codice Rocco che aveva voluto Mussolini. Noi ogni tanto scriviamo che questi al governo sono un po’ fascisti, e tutti ci danno addosso. Dicono che siamo ideologici. Altro che fascisti: talvolta sono molto peggio.
Le riforme che si stanno discutendo sono due. Una è questa briciolina che chiamano riforma della giustizia. L’altra è la conversione in legge di una serie di decreti sicurezza, voluti soprattutto da Salvini, che trasformano il nostro codice penale in qualcosa che più che Beccaria ricorda Pol Pot. La riforma che esalta gli animi dei “garantisti un po’ così” consiste nell’abolizione dell’abuso di ufficio (che però in parte viene ripristinato nei decreti sicurezza), nel ridimensionamento del reato di traffico di influenze, che comunque resta (e che finora ha portato a un numero di condanne definitive vicino allo zero), e in un gioco delle tre carte che finge di limitare le custodie cautelari ma non le limita affatto. La riforma della custodia consiste nell’obbligo, da parte del Gip di ascoltare il futuro prigioniero prima di metterlo in prigione. Che sarebbe una cosa buona. Ma poi la legge precisa che questo interrogatorio può essere evitato per i reati minori ( in particolare solo quelli dei colletti bianchi) e solo se il magistrato ritiene che ci sia il rischio di fuga o di inquinamento delle prove. Questo scherzetto permette ai magistrati di continuare ad arrestare chi vogliono senza problemi. Basta dire che siccome se lo avverti che lo arresterai quello poi inquina le prove, e allora è meglio non interrogarli.
L’unico aspetto non negativo della riforma sono alcune norme che riducono (ma non moltissimo) la possibilità per i giornalisti di pubblicare col copia-incolla tutte le carte che sputtanano gli imputati e sputtanano anche moltissime persone che non sono imputate. Non potranno più fare il copia-incolla, i giornalisti, dovranno riassumere. E questo comporterà un aumento della fatica per loro, e la cosa li fa infuriare, ma non è detto che diminuiscano le possibilità della gogna. Tutto qui. Squit squit. E mentre si porta a casa questo sconquasso, che stavolta forse neanche l’Anm troverà la faccia tosta per protestare (visto che in pratica ha vinto su tutta la linea), si fanno altre due cose. La prima è quella di affossare la legge Giachetti sulla liberazione anticipata, che permetterebbe di alleggerire il sovraffollamento attraverso delle piccolissime riduzioni delle pene (legge che ha provocato le convulsioni di Travaglio e della Lega e di Fratelli d’Italia), e visto che quella legge sarà affossata è difficile spiegare ai lettori come e perché Italia Viva abbia deciso di votare la riformetta Nordio. La seconda cosa è il decreto sicurezza, in discussione in commissione. È un decreto che definire giustizialista è un eufemismo. Si ispira al più cristallino salvinismo: carcere carcere carcere e butta la chiave.
Prendiamo in esame due soli elementi. L’aumento delle pene per resistenza a pubblico ufficiale, con l’aggiunta che diventa reato la resistenza passiva. Si tratta delle norme “anti-no-ponte” che introducono il nuovo reato di “terrorismo della parola”, che prevede un inasprimento delle pene “se la violenza o la minaccia è commessa per impedire la realizzazione di una infrastruttura strategica”. Avete capito bene, sì: “terrorismo della parola”. È il frutto di un emendamento del leghista Igor Iezzi. Sono idee che effettivamente forse sarebbero piaciute a Mussolini, ma per varie ragioni non gli vennero in mente. A Mussolini invece era venuta in mente una legge che proibiva la detenzione in carcere delle donne incinte e soprattutto dei bambini con meno di un anno di età. La legge fu introdotta nel codice Rocco. Beh, a questo governo è sembrato un cedimento inammissibile del duce al liberalismo, e ha deciso di abolire quella norma. Con l’opposizione, se Dio vuole, anche di Forza Italia. Salvini ha tuonato felice, quando ha annunciato la fine della vecchia norma umanitaria fascista e ha gridato contro le borseggiatrici schifose e vigliacche. Gli ha risposto per fortuna la deputata del Pd Michela Di Biase che ha ribaltato l’accusa. Gli ha detto: “Caro Salvini, il vigliacco è lei”.
Effettivamente è difficile non parlare di vigliaccheria se viene approvata una legge contro i bambini appena nati. Che stabilisce che per cause di forza maggiore questi bambini devono trascorrere in cella i primi anni della loro vita. In condizioni atroci. Che danneggiano in modo irreparabile la loro psiche, i loro sentimenti, la sensibilità, la possibilità di essere felici. E se uno poi pensa che leggi di questo genere vengono proposte e accettate, in un’orgia inarrestabile di ipocrisia, da chi esalta la maternità, la famiglia, la cristianità, il patriottismo! Mammamia che spettacolo agghiacciante. È assurdo non tenere insieme i decreti sicurezza e la riforma della giustizia. Perché è dal combinato disposto che si capisce che si tratta di una operazione politica di netto sapore giustizialista. Che sta dentro la scia delle politiche oscurantiste dell’ex ministro Bonafede. Il bilancio di questo governo sulla giustizia è tutto nell’aumento dei reati e delle pene. Di garantista c’è zero, virgola zero. L’unico fatto non negativo è l’attenuazione dei reati per i politici, e questo va bene, perché qualunque attenuazione dei reati è un fatto positivo. Ma se qualcuno mi viene a dire che si è avviato un cammino garantista vuol dire che il garantismo non sa nemmeno dove sta di casa (diceva così il mio professore di lettere, alle scuole medie…).