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Fratelli palestinesi, non fate gli israeliani: i drammatici segni di arretramento nella politica interna

Fratelli palestinesi, non fate gli israeliani: i drammatici segni di arretramento nella politica interna

La mia vera felicità è che io sia cittadino di uno Stato, abbia un’identità riconosciuta. È molto questo?
(Y. Arafat)

Il capolavoro dei palestinesi è stato quello di dare, ai dispersi della propria diaspora condannati all’irrilevanza umana e politica, la dignità di un popolo cosciente dei propri diritti, forte della propria cultura e della sua indomita capacità di resistenza. Ci sono riusciti, è il caso di dire, soli contro il resto del mondo. L’Olp era riuscita a dare vita a una società laica, in mezzo a fanatismi religiosi di ogni genere, e democratica, in presenza di regimi autoritari se non dittatoriali. Una società, pur senza uno Stato, il cui contagio positivo era irreggibile da parte delle autocrazie circostanti. Ecco perché, per i palestinesi, molti guai sono arrivati da parte dei… “fratelli arabi”, prima ancora, spesso, che da parte di Israele. Sicché si è cominciato a lavorare con lena nel tentativo di fiaccare dall’interno la “minaccia” laica e democratica palestinese.

La fondazione di Hamas, nella seconda metà degli anni Novanta, è apparsa a tutti il grimaldello giusto. Costola del movimento dei Fratelli musulmani, fondamentalista, finanziata all’inizio da vari regimi arabi e poi, copiosamente, anche da Israele in funzione anti Olp e anti Arafat, fino a determinare il cruento “regalo” del 7 ottobre 2023. (Nel libro Palestina Israele. Il lungo inganno, la soluzione imprescindibile, Mimesis 2024, scritto da me insieme a Luciano Neri, viene fra l’altro documentato, in modo inoppugnabile, il ruolo di Israele nello sviluppo di Hamas). Chi vuole avere un’informazione veritiera sul Medioriente e, in particolare, sul conflitto Palestina-Israele-Ue-Usa, farebbe bene a leggere l’agenzia quotidiana Anbamed, in italiano, gestita da palestinesi senza paraocchi, a cominciare da Farid Adly.

Tutti i giorni ci sono notizie di prima mano sulla disumana carneficina in corso, e pure sulle dinamiche interne alla politica palestinese. Si apprende, per esempio, che a Ramallah, sede dell’Anp, le autorità di sicurezza palestinesi hanno arrestato Fakhri Jradat, accusato di avere pubblicato sui social media un post di critica alla politica del presidente Abbas e in merito alla cooperazione in materia di sicurezza con i servizi israeliani. Ho conosciuto Jradat, era uno degli uomini di scorta di Arafat, di provata fede rivoluzionaria. Le sue critiche, più che fondate, dovrebbero farlo considerare un benemerito della causa palestinese. In particolare la richiesta di interrompere la cooperazione (ancora?!) fra i due servizi, che serve solo a trasformare le vittime in collaborazionisti degli oppressori. L’averlo arrestato per un tipico reato di opinione è un pessimo segno di arretramento della dialettica interna. E c’è un altro episodio ancora più inquietante.

Il giovane e noto attivista politico Amin Abed si era rifiutato di lasciare Gaza city, rimanendovi per soccorrere la sua gente. L’altro giorno aveva pubblicato un post che criticava il comportamento di Hamas nelle trattative con Israele. L’indomani venti uomini della Brigate Qassam, l’ala militare del movimento, lo hanno sequestrato e torturato, procurandogli fratture alle ossa di tutti e quattro gli arti. Aberrazioni incentivate dalla guerra, certo. Ma, fratelli palestinesi, io che conosco la vostra umanità e intelligenza, vi dico: queste cose non devono succedere. Non potete – non dovete! – omologarvi alla barbara disumanizzazione dei fratelli israeliani aggressori. E, questo, proprio nel momento in cui il ministro della Difesa Gallant (Likud), intervenendo in parlamento, vi ha definito di nuovo “animali umani”, che “devono essere eliminati”. Mentre le cancellerie vilmente tacciono, non vi dovete sentire soli perché la maggior parte dei popoli sotto ogni cielo è con voi. Perciò non abbandonate la speranza: avete un mondo nuovo da costruire.