È uscito il 12 luglio Mind Games- The Ultimate Collection, edizione speciale, anzi specialissima, per celebrare quello che fu nel 1973, il quarto album da solista di John Lennon, che anche solo a dire e scrivere “John Lennon” sappiamo benissimo di chi si sta parlando e della sua importanza non solo come artista, perché John Lennon non è stato solo questo, non solo ha cambiato con i Beatles la storia della musica e ogni pezzo delle nostre vite ma lo è stato anche dopo, con la sua unione sentimentale e artistica con Yoko Ono per il fatto di esserci come sia come artista, ma ancora di più di esserci stato come uomo. E anche la sua morte è stata scioccante ed importante allo stesso tempo, anche se John lo avremmo voluto qui, in mezzo a noi, ancora a difendere questo pianeta. E allora questa Mind Games -The Ultimate Collection è un’occasione, enorme e forse non sapete nemmeno quanto, per capire dove siamo arrivati oggi, di quanto la parola pace sia una parola quasi di cui vergognarsi oggi, di quanto essere attivi per volere un mondo migliore sia qualcosa da tenere nascosto e da non fare. Mind Games e la figura di John Lennon per comprendere che volere la pace non è una questione di retorica, non è qualcosa di banale ma anzi necessario. Qualcosa che, come lo stesso John, canta dovrebbe essere come un mantra, da ripetere, tutti insieme “chanting the mantra “peace on earth”.
Eppure, a vederlo oggi che siamo nel 2024, forse John Lennon è sempre stato un artista troppo idealista, troppo pacifista, troppo fiducioso nel genere umano, troppo convinto che l’arte potesse smuovere qualcosa, troppo sognatore anche. Un estremista della pace. Troppo attivista e coinvolto in quello che faceva, insieme alla moglie Yoko Ono, che lo ha trascinato nel mondo migliore, diciamo così, in quel mondo che loro sognavano senza confini, senza passaporti, senza distinzioni di razza, dove l’amore doveva essere e poteva essere ancora l’unica risposta possibile. Nel riascoltare questo Mind Games, dove grazie alla tecnologia la voce di John Lennon si sente in maniera perfetta come mai prima, ci si rende conto di quanto tutto sia andato a rotoli, di quanto non era così troppo pacifista e fiducioso nel genere umano, ma forse siamo noi ad essere diventati troppo indifferenti, siamo noi ad essere diventati piccoli e inutili e solo buoni a scorrazzare per le pagine dei social senza avere in realtà la ben minima idea di quello che accade vicino a noi e più di quanto noi riusciamo ad immaginare. Per chi lo ha amato John Lennon e per chi davvero ne ha compreso l’indole sin da quando era nei Beatles è quasi come ricevere uno schiaffo, fortissimo anche, e nemmeno sentirne il dolore ma solo l’amarezza e la delusione profondissima. Perché quel sogno di John Lennon, quello che le nuove generazioni possono anche riscoprire in questa riedizione di Mind Games, è quasi come se quel sogno, quell’ideale si fosse frantumato con quei suoi occhialetti rotondi incerottati di sangue, quell’8 dicembre del 1980, quando quello psicopatico furioso di Mark David Champan gli spara sotto casa. Ve lo diciamo chiaramente invece: John Lennon era un pacifista, John Lennon era un estremista della pace, che non c’è ideale più puro, umano e sconvolgente di quello di volere la pace a tutti i costi.
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Era uno che cantava la pace, che ci credeva: Imagine non doveva essere solo una canzone famosissima ma doveva essere fondamentale. Retorica per molti, banalità per tanti però per John Lennon era bellissimo essere banale e volere la pace piuttosto che essere realisti e guerrafondai. Non si è mai vergognato di crederci alla pace, non si è mai vergognato di credere nell’uomo. E per quanto ne sia stato scritto e detto non è mai inutile accostarsi a John Lennon, o ricordarlo e dare solo un’occhiata dallo spioncino della porta per entrare nel suo mondo, per capire quanto siamo diventati orrendi, ma orrendi proprio nel volerci definire essere umani. E allora immaginatevi un po’ più piccoli di come siete ora, immaginate prima che tutto fosse così, così nel senso di così tremendamente abituati all’orrore delle guerre e così tremendamente abituati a non fare nulla se non a cliccare per cambiare immagine o scena. Immaginatevi nelle vostre stanzette, con il poster di John Lennon alle vostre spalle, con quella scritta, “Working Class Hero”, con tanti sogni e tanti ideali. Perché: che male c’è ad essere stati idealisti, ad aver creduto in un mondo migliore? Con la figura di John Lennon che avete quasi idealizzato, ricordate quando ascoltavate Watching the wheels o Imagine o Woman o Xappy Christmas pensando che il mondo era ancora chiuso con voi in quella stanzetta. Pensate a John Lennon nei vostri anni come ad un uomo che alla fine è riuscito a cambiare qualcosa, qualcuno che non voleva come voi le bombe, i morti, i bambini di Gaza, i bambini ucraini, i bambini africani, i bambini lasciati annegare nei barconi nelle nostre acque, che ora sono fieramente bandiere blu che si tengono in piedi con l’asta della morte.
John Lennon invece amava il profumo della vita, amava la pace, amava l’uomo, lo dimostrava in ogni suo gesto, comprensibile o meno quanto fosse importante per lui l’umanità, usava la sua immagine da ex Beatles, si usava da solo per convincere quelli che lo amavano che si poteva cambiare, che quel bambino chiuso nella sua cameretta poteva diventare un uomo migliore di quelli che c’erano intorno. E invece siamo cresciuti, spiando dal buco della serratura abbiamo voltato le spalle a quel poster, a quegli ideali, abbiamo voltato le spalle e ce ne siamo fatti amaramente una ragione. Abbiamo voltato le spalle a quello che volevamo essere e così che il poster di John Lennon è andato in frantumi insieme ai suoi occhialetti rotondi insanguinati, rimasti lì all’ingresso del Dakota Building di New York tra le mani di Yoko Ono, ed è così che abbiamo dato ragione al calibro 38 di Chapman.
Sarebbe bello, magari negli stadi, far sentire in qualche modo le note di Imagine, di Mind Games, Give Peace a chance, Whatching the wheels, qualcosa di John Lennon non per ricordare lui ma per ricordare noi, quello che non siamo, quella pace che vorremmo ma che solo a pronunciarla sembra finire nella retorica. Farle risuonare le note e le parole delle sue canzoni per ricordarci che oltre alle feste, al pallone, al mondo colorato degli yatch e dello star system, c’è la guerra, c’è un mondo che soffre la fame, c’è un mondo che va in frantumi, e noi non facciamo niente. Allora questo Mind Games- The Ultimate collection usatelo come uno specchio, entrate nelle stanzette di quando guardavate quei poster sognando un mondo migliore, toglietevelo il colletto bianco che avete ora che a furia di sistemarlo ogni giorno non vi accorgete che vi sta strozzando. John Lennon era un’estremista della pace. Retorica? Ok, meglio retorici che guerrafondai, meglio retorici che lasciare annegare dei corpi in mare, lo stesso mare dove poi allegramente ci facciamo il bagno. Chissà cosa avrebbe fatto oggi John Lennon, chissà in quale piazza sarebbe stato, perché ci sarebbe stato nelle piazze e anche con la bandiera sbagliata per molti, di sicuro, chissà … chissà come ci guarda lui da quel buco della serratura, che al solo pensiero dovremmo provare vergogna, lo sappiamo ed è per questo ci nascondiamo… “Viviamo in un mondo in cui ci nascondiamo per fare l’amore, mentre la violenza e l’odio si diffondono alla luce del Sole“. (John Lennon)