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Suicidio assistito, passettino avanti della Consulta

Il caso di Dj Fabo

Il caso di Dj Fabo

“Nella perdurante assenza di una legge che regoli la materia, i requisiti per l’accesso al suicidio assistito restano quelli stabiliti dalla sentenza 242/2019 (sul caso Dj Fabo, ndr), compresa la dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, il cui significato deve però essere correttamente interpretato in conformità alla ratio sottostante a quella sentenza”, è quanto stabilito dalla Corte costituzionale, nella sua nuova pronuncia sul tema del fine vita. “Tutti questi requisiti”, quali “irreversibilità della patologia, presenza di sofferenze fisiche o psicologiche, che il paziente reputa intollerabili, dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, capacità del paziente di prendere decisioni libere e consapevoli – ha spiegato ieri Palazzo della Consulta – devono essere accertati dal servizio sanitario nazionale, con le modalità procedurali stabilite in quella sentenza” del 2019. Secondo la sentenza depositata ieri, nell’ambito dei paletti già fissati dalla sentenza sul caso Dj Fabo, ci sono più casistiche di cui tenere conto: “La nozione include quindi anche procedure – quali, ad esempio, l’evacuazione manuale, l’inserimento di cateteri o l’aspirazione del muco dalle vie bronchiali – normalmente compiute da personale sanitario, ma che possono essere apprese anche da familiari o caregivers che assistono il paziente, sempre che la loro interruzione determini prevedibilmente la morte del paziente in un breve lasso di tempo”. Per l’associazione Luca Coscioni il pronunciamento della Consulta segna dei “passi in avanti importanti” e “una sconfitta piena per le richieste del governo”.

“Non abbiamo ottenuto il riconoscimento pieno del diritto ad essere aiutati a morire anche per quelle persone che sono sottoposte a sofferenze insopportabili anche se non sono dipendenti da trattamenti di sostegno vitale, quella era la nostra richiesta principale. Però fa la Corte ha fatto dei passi avanti importanti nell’inerzia assoluta della politica”, ha commenta Marco Cappato. “È evidente che ci siano due aperture: da una parte vengono riconosciuti i trattamenti di sostegno vitale non forniti da personale sanitario e il fatto che anche coloro che li hanno rifiutati potranno accedere al suicidio medicalmente assistito”. Per l’Associazione “si amplia la platea delle persone che possono accedere alla morte volontaria. Parrebbe che rimangano fuori i malati oncologici in questa sentenza per questo le nostre iniziative di assistenza e di disobbedienza civile proseguiranno”.