Il campione
Olimpiadi di Parigi 2024, parla Franco Porzio: “L’Olimpiade è il momento più importante per un atleta, l’oro a Barcellona del 1992 il mio ricordo più bello”
Uno dei più grandi pallanuotisti italiani che ha fatto la storia del Posillipo e della Nazionale, in quelli che sono stati gli anni d'oro della pallanuoto nostrana: dal 1984 fino al ritiro avvenuto nel 1998, Franco Porzio ha vinto tutto quello che c'era da vincere, sia con la calottina del prestigioso club partenopeo che con quella dell'Italia. Lo abbiamo intervistato in vista dell'inizio dei Giochi Olimpici, parlando del significato di scendere in vasca per la medaglia olimpica e dello stato di salute della pallanuoto italiana
Interviste - di Andrea Aversa
Domani ci sarà l’inaugurazione delle Olimpiadi 2024 di Parigi. È grande l’attesa per la squadra italiana, i cui atleti aspirano a raggiungere il podio nelle rispettive discipline e perché no, al gradino più alto, quello dell’oro. Tra gli sport più premiati ai Giochi Olimpici, come da tradizione del Belpaese, ci sono quelli acquatici. Oggi, per avvicinarci alla tanto attesa manifestazione, parliamo di pallanuoto. Uno sport malignamente definito ‘minore’ che negli anni è cambiato tantissimo e che necessiterebbe di maggiore sostegno e investimenti. Ne abbiamo discusso con uno dei suoi più grandi campioni. Franco Porzio, 58 anni, pallanuotista napoletano che ha fatto la storia del Posillipo e della Nazionale, ha vinto tutto.
Franco Porzio campione olimpico a Barcellona nel 1992
Con il club rossoverde, del quale è stato bandiera e capitano per sette anni, ha conquistato, otto scudetti, una Coppa Italia, due coppe europee e una Coppa delle Coppe. Con l’Italia ha portato in bacheca, due mondiali, una Coppa del Mondo, tre europei, tre Giochi del Mediterraneo e soprattutto un’oro olimpico, quello storico del 1992 ottenuto a Barcellona contro la squadra di casa, la Spagna. La terza e per ora ultima medaglia d’oro della pallanuoto italiana (le precedenti il Settebello le ha vinte nel 1948 a Londra e nel 1960 a Roma). Oggi Porzio, il cui fratello Pino è stato anch’egli un pluripremiato giocatore e allenatore (come si dice, buon sangue non mente) è Presidente dell’Acquachiara, società sportiva da lui fondata, punto di riferimento dell’area Nord di Napoli.
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Intervista a Franco Porzio
Cosa vuol dire per un atleta partecipare a un’Olimpiade?
“L’Olimpiade è il coronamento del percorso fatto da un atleta. È il punto più alto della sua carriera, dove si cerca di raccogliere i frutti di tutti i sacrifici fatti per arrivarci. Io credo che quando uno sportivo partecipa alle Olimpiadi ha due obiettivi da raggiungere. Anzi, uno è stato già raggiunto, la realizzazione del sogno che hai fin da bambino, ovvero proprio quello di partecipare alle Olimpiadi. Il secondo è quello più importante, da raggiungere sul campo: cioè vincere la medaglia d’oro. Ma per fare questo è necessario raggiungere un equilibrio, una serenità mentale molto forti. Bisogna saper gestire le pressioni, lo stress, le emozioni e la tensione“.
Barcellona 1992, cosa le viene in mente?
“Sono stati dei momenti memorabili e indimenticabili. Ci eravamo preparati in modo impeccabile. Eravamo pronti e consapevoli della nostra forza. Lo eravamo sotto tutti i punti di vista, fisico, mentale e del gioco. Sapevamo che ci attendeva una sfida molto difficile. Soprattutto in finale, contro i padroni di casa della Spagna, una squadra molto forte. Avevamo contro l’ambiente, i tifosi, gli arbitri. Non fu un caso che quella finale fu l’evento conclusivo della manifestazione, a dimostrazione di quanto l’opinione pubblica spagnola tenesse a quell’evento. Tuttavia, riuscimmo a trasformare quella situazione in stimolo, in ‘rabbia’, i giusti elementi che poi ci hanno dato la forza giusta per vincere. Eravamo forti e abbiamo vinto. E la partita si chiuse al sesto tempo supplementare, questo ci dice tanto sull’equilibrio e le difficoltà che affrontammo in vasca“.
Quella è stata una stagione d’oro per la pallanuoto napoletana e italiana. Il ‘suo’ Posillipo e la Nazionale dominavano nelle rispettive competizioni
“Mezza squadra della Nazionale proveniva dal Posillipo. Con il club avevamo già iniziato a vincere. Dopo l’oro olimpico con la Nazionale facemmo il grande slam, vincendo tutto quello che c’era da vincere: la Coppa del Mondo ad Atene in Grecia, l’Europeo a Sheffield in Inghilterra, i Giochi del Mediterraneo in Francia a Linguadoca-Rossiglione e il Mondiale in casa nostra a Roma, nel 1994. In questa occasione battemmo la Croazia in semifinale e di nuovo la Spagna in finale, agli spagnoli andò male anche la rivincita. A tutto questo, se sommo i quattro scudetti consecutivi e le due coppe dei campioni vinte con il Posillipo, non posso che definire quegli anni meravigliosi e irrepetibili“.
Che pronostico farebbe per l’Italia in vista delle Olimpiadi di Parigi?
“Sia la nazionale maschile che quella femminile possono arrivare tra le prime quattro. In generale sarà una competizione molto equilibrata, con le squadre più forti che più o meno si equivalgono. Inoltre, conosco bene entrambi gli allenatori, siamo stati compagni di squadra proprio in occasione della vittoria dell’oro a Barcellona (Sandro Campagna per il Settebello e Carlo Silipo per il Setterosa, ndr). Sono degli allenatori in gamba, competenti e capaci che saranno in grado di fornire ai loro giocatori gli strumenti giusti per gestire, appunto, tutta la pressione psicologica che ci sarà. Se andrà bene questo passaggio, entrambe le nazionali possono arrivare fino in fondo e togliersi una bella soddisfazione“.
Come se la sta passando la pallanuoto oggi in Italia e a Napoli e cosa servirebbe per promuoverla e favorirne la crescita?
“A livello nazionale ci sono molte difficoltà, basta pensare al dominio incontrastato degli ultimi anni del Recco che ha monopolizzato il campionato. In generale è uno sport che sta vivendo di pochi investimenti, perché non ci sono progetti validi. Progetti che mettano al centro del club la crescita umana e sportiva dei giovani. Su questo, focalizzandoci su Napoli, devo dire che il Posillipo – unica squadra partenopea in A1 – sta svolgendo un ottimo lavoro e sta pian piano tornando ad essere una squadra di livello. Non dimentichiamo la Canottieri, che ha mancato per un soffio la promozione nella massima serie ed anche ha tra le sue fila dei ragazzi interessanti e di prospettiva. Quello che mancano sono i modelli, gli educatori, certi tipi di allenatori che noi chiamavamo ‘Maestri’ che ti insegnavano tanto sotto molteplici aspetti, diventando un tuo punto di riferimento, un esempio da seguire. Si sente l’assenza di queste figure che erano come dei ‘fari’. E poi c’è da lavorare tanto con le strutture sportive“.
Parliamo proprio dell’Acquachiara, club che lei ha fondato e che presiede, dal nome non casuale e che rappresenta una realtà importante, anche in merito alla discontinuità che ha segnato rispetto ai circoli. Ci racconti quest’avventura
“L’Acquachiara, il cui nome è dedicato a mia figlia, compie domani 27 anni. Non sono pochi per una realtà nata da zero, in periferia e che in poco tempo è arrivata in A1, a giocare la coppa campioni e una finale di Eurocup. Abbiamo avuto e abbiamo ancora oggi dei giovani atleti che hanno vinto con le giovanili delle nazionali. Proprio perché al centro del nostro progetto ci sono loro, i ragazzi, sui quali investiamo le nostre risorse. Ma la cosa più importante e che mi rende orgoglioso è che l’Acquachiara è diventato un punto di riferimento, anche sociale, nel quartiere. Un riferimento per questo territorio e le sue famiglie. Ci sono altre realtà a Napoli che lavorano in questo modo è ovvio che bisogna fare sempre di più ma è anche vero che ci vorrebbe maggiore sostegno. Devo riconoscere che negli ultimi anni sono stati fatti dei grandi passi avanti, soprattutto per la gestione delle piscine cittadine. L’aver nominato Napoli centro federale è stato un ottimo punto di partenza che fa ben sperare per il futuro“.
Facciamo un ultimo salto nel passato. Le sarebbe potuto diventare un buon calciatore, invece è stato un campione di pallanuoto. Come ha avuto inizio la storia di Franco Porzio in vasca?
“Ero piccolo, vedevo le partite in televisione di pallanuoto. Papà portava spesso me e mio fratello alla Scandone per guardarle dal vivo. Così è nata una vera passione e mi sono innamorato di questo sport. L’ho scelto e non me ne sono mai pentito. Ad oggi posso dire di aver fatto la decisione giusta“.