L'orrore
Violenze e degrado, il dramma dei bambini migranti alle Canarie
L'orroreI centri hanno superato il 200% della capienza. Mancano posti letto, personale, attività educative. In questo sistema saturo gli abusi sono all’ordine del giorno
Esteri - di Martina Ucci
«Mia madre mi chiede se sto studiando, se sto facendo qualcosa, se sto bene, e io le mento per farla stare tranquilla perché sono stato rinchiuso qui per nove mesi senza fare assolutamente nulla. Non mi aspettavo di essere trattato così». Sam (nome di fantasia) sono quasi 300 giorni che si sveglia intorno alle nove, va a fare colazione e poi si siede in strada, sul marciapiede, ad ascoltare musica e guardare video su Tik Tok. Così fino alla sera, in cui trascina a fatica i piedi per andare nella sua stanza, che è una sala riunioni riempita con circa 200 letti. Da quando ha attraversato il mare Sam è ospitato in un centro per minori a Tenerife.
Negli ultimi anni le Isole Canarie sono sommerse da arrivi di migranti minori non accompagnati. Ma dall’ottobre del 2023 la situazione ha raggiunto i massimi storici. Come riferisce El País, in un’inchiesta sull’accoglienza dei minori nelle isole spagnole, si tratta di circa 5.600 arrivi, in confronto a una capacità di accoglierne al massimo 2mila. Negli ultimi 18 mesi le autorità canarie hanno accolto la metà dei minori stranieri non accompagnati arrivati in Spagna.
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«Nonostante gli sforzi del governo delle Canarie e di molti professionisti, è impossibile garantire i diritti dei ragazzi con questi livelli di saturazione», spiega al quotidiano spagnolo Sara Collantes, la responsabile delle politiche per l’infanzia e lo sviluppo dell’Unicef Spagna.
Questa situazione sta creando grossi problemi nella vita dei minori. Si denunciano abusi, violenze e anche una condizione di vita non dignitosa. La procura del governo autonomo delle Isole Canarie aveva deciso di chiudere un centro per minori in cui un centinaio di ragazzi viveva in condizioni terribili, ma a causa dell’aumento degli arrivi e delle richieste di posti letto in continua crescita, questo luogo non ha mai chiuso davvero. Tra le altre criticità che si riscontrano – come sottolinea El País – ci sono la mancanza di accesso alle strutture educative o di formazione lavorativa e la quasi totale inesistenza di attività per i ragazzi, che spesso, come nel caso di Sam, passano le giornate a non fare nulla e dopo 9 mesi in Spagna, ancora non sanno la lingua. «Meno della metà dei minori che ospitiamo frequenta la scuola», racconta un’assistente sociale di un centro di accoglienza di Gran Canaria. «I ragazzi sono demotivati. Ed è logico, passano la maggior parte della giornata nel centro senza fare nulla».
Questi ragazzi sono arrivati a bordo di un cayuco (un barchino fatto in legno), senza possedere nulla, neanche i documenti. Da ottobre, sono quasi 3.900 i minori registrati dal sistema di accoglienza, ma di loro soltanto in 300 hanno ottenuto i documenti. Secondo una fonte della procura, intervistata dal quotidiano spagnolo, questa discrepanza sarebbe dovuta all’inottemperanza del governo delle Canarie, che non si è mai occupato di presentare la documentazione necessaria a legalizzare i minori.
In questo scenario di grande difficoltà, questi ragazzi si trovano intrappolati, bloccati a vivere in condizioni terribili, senza la possibilità di ricevere i documenti e poter lasciare i centri di accoglienza in cui sono obbligati a dormire in stanze con oltre cento letti, a fare i turni per poter mangiare e poter accedere ai bagni.
«È un caos. Uno dei motivi per cui ho deciso di andarmene è stata la valanga di arrivi di ottobre, quando abbiamo visto 200 ragazzi lavarsi con un tubo perché nel centro c’erano solo due bagni. Per non parlare della mensa, abbiamo dovuto organizzare 10 turni per farli mangiare, perché lo spazio che avevamo a disposizione poteva ospitarne solo 20 alla volta». Questa è la testimonianza che un’ex operatrice ha rilasciato a El País a condizione di restare anonima. Questa donna è stata testimone anche di maltrattamenti degli educatori nei confronti dei ragazzi. «Un giorno è successo che un ragazzo senegalese di 17 anni si è rifiutato di fare il suo turno di pulizie. Io gli ho detto “Ok, oggi non esci finché non lo fai”. Probabilmente aveva avuto una brutta giornata, quindi ha iniziato a urlarmi contro e a insultarmi. Lo abbiamo calmato, ma è arrivato un educatore e lo ha portato in ufficio. Ha attaccato la sua fronte a quella del ragazzo e ha iniziato a insultarlo: “feccia, figlio di puttana”, minacciandolo di rimandarlo al suo Paese. Il ragazzo si è pisciato addosso”».
«Non è necessario un motivo per punirti». A parlare è un 15enne gambiano arrivato a Tenerife lo scorso agosto, che racconta di essere stato più volte rinchiuso dagli educatori del centro in cui era ospitato, insieme ad altri cinque ragazzi, in una panic room, una stanza di isolamento. «Prima ti portano in un ufficio e due o tre educatori ti picchiano dappertutto. Durante l’isolamento ti tolgono il cellulare e a parte dormire, quello che puoi fare è solo guardare un monitor che sta acceso 24 ore al giorno. Al momento dei pasti ricevi un vassoio che ti lanciano sul letto».
Questi ragazzi arrivano in Europa attraverso la cosiddetta “rotta atlantica”, imbarcandosi prevalentemente dal Marocco, Mauritania e Sahara occidentale. Questo è un percorso estremamente pericoloso, che, come denunciato dalla ong Caminando fronteras, ha ucciso 6.007 persone nel 2023 e 5.054 solo nei primi cinque mesi del 2024, che corrispondono a circa 33 migranti morti al giorno.
La violenza è indescrivibile in un sistema saturo. Due ex operatori che lavoravano nel centro in cui è rinchiuso Sam attribuiscono uno dei maggiori problemi al personale che viene assunto per occuparsi dei ragazzi. «Lì c’è tutto tranne che educatori, persone con una totale mancanza di formazione», racconta una mediatrice linguistica che ha lavorato per un centro. «Assumono dei portieri da discoteca per intimidire i ragazzi».
«Un giorno sono entrati nella stanza delle punizioni, quella che chiamano “panic room”» – racconta Ibrahim, ragazzo gambiano di 16 anni. – «Mi hanno chiesto di spogliarmi e di fare la doccia davanti a loro e mi hanno picchiato». Da grande Ibrahim vuole fare l’elettricista, «ma se il viaggio finisce alle Canarie, non c’era bisogno di attraversare il mare», conclude.
Questi ragazzi arrivano in Europa attraverso la cosiddetta “rotta atlantica”, imbarcandosi prevalentemente dal Marocco, Mauritania e Sahara occidentale. Questo è un percorso estremamente pericoloso, che, come denunciato dalla ong Caminando fronteras, ha ucciso 6.007 persone nel 2023 e 5.054 solo nei primi cinque mesi del 2024, che corrispondono a circa 33 migranti morti al giorno.
Questa situazione emergenziale sta diventando un caso politico nazionale che ha spaccato in due il Partito popolare (Pp), il principale partito di centrodestra all’opposizione, che dal 2023 governa alle Canarie, insieme al partito nazionalista locale Coalición Canaria. A inizio giugno l’amministrazione delle Canarie e il governo centrale hanno concordato una proposta di legge che aiuti oltre le Canarie, anche le due exclave spagnole in territorio marocchino, Ceuta e Melilla. La proposta presentata prevede la redistribuzione obbligatoria dei “minori non accompagnati” dalle regioni in cui è stata superata la capacità di accoglienza del 150%. A questo si aggiunge anche il contributo di 125 milioni di euro a queste regioni.
Come dovrebbe funzionare questa redistribuzione non è chiaro. Il vicepresidente delle Canarie, Manuel Domínguez, ha dichiarato che si aspetta sia il capo del Governo spagnolo Pedro Sánchez ad obbligare le regioni ad accettare una redistribuzione.
Nel frattempo mentre la popolazione delle Canarie è in rivolta contro questo sistema di accoglienza per loro non sostenibile, il governo spagnolo si aspetta che i numeri degli sbarchi continueranno ad aumentare.