I dem contro la nomina

Altolà di Orlando a Ermini: “Lascia il gruppo Spinelli”

Il Procuratore Piacente, che ha condotto le indagini su Toti e l’imprenditore Spinelli, è stato nominato al vertice dell’ufficio di Genova proprio quando alla guida del Csm c’era l’ex parlamentare Pd: captatio benevolentiae da parte dell’indagato?

Giustizia - di Paolo Comi

31 Luglio 2024 alle 17:30

Condividi l'articolo

Altolà di Orlando a Ermini: “Lascia il gruppo Spinelli”

“Rinuncia all’incarico”, ha intimato senza molti giri di parole il dem Andrea Orlando, prossimo candidato del campo largo alla presidenza della regione Liguria, a David Ermini, ex vice presidente del Consiglio superiore della magistratura e da questa settimana neo presidente del Gruppo Spinelli. Una nomina, quella di Ermini, avvocato penalista e già parlamentare del Pd ai tempi della segreteria di Matteo Renzi, che va oltre l’immaginazione in un Paese ormai abituato a tutto e che non poteva non sollevare polemiche.

Si dà il caso infatti che il procuratore di Genova Nicola Piacente, colui che ha condotto le indagini e che in questi mesi ha sempre dato parere negativo alla scarcerazione sia del governatore Giovanni Toti che di Aldo Spinelli, fondatore dell’omonimo gruppo leader nel settore della logistica dei porti, accusati entrambi di corruzione e finanziamento illecito ai partiti, sia stato nominato a capo dell’ufficio inquirente del capoluogo ligure proprio durante la consiliautura guidata da Ermini. Difficile dunque non pensare che dietro la scelta del board del Gruppo Spinelli di puntare su Ermini, di cui si sconoscono le competenze in ambito portuale, ci possa essere stata la ricerca di una sorta di “captatio benevolentiae” da parte del principale indagato nel procedimento che ha terremotato la politica ligure.

“Sono onorato di assumere questo ruolo, è un gruppo in salute dalle grandi potenzialità di sviluppo”, aveva dichiarato un euforico Ermini, affermando di essere pronto a lavorare insieme ai membri del nuovo consiglio e ai manager del gruppo “per raggiungere nuovi traguardi e costruire un futuro prospero per tutti i nostri stakeholder esterni e interni”. Esternazioni che non tengono conto però del fatto che l’incarico di presidente di una società è incompatibile con l’esercizio della professione forense e che pertanto dovrà lasciare la difesa dei parlamentari del Pd Debora Serracchiani e Valter Verini, parti civili nel processo contro il sottosegretario Andrea Delmastro per rivelazione del segreto d’ufficio nella vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito.

La nomina di Ermini per la cronaca è arrivata a distanza di qualche settimana da quella di un altro componente del Csm, il professore di diritto Alberto Maria Benedetti, neo commissario dell’Autorità portuale. Anche Benedetti, eletto all’epoca a Palazzo Bachelet in quota M5s, sarà ovviamente un caso, aveva votato per Piacente procuratore di Genova. In passato comunque Ermini si era reso protagonista di alcuni scivoloni clamorosi. Il più celebre riguarda la gestione dei verbali della loggia Ungheria, strappati e gettati nel cestino dei rifiuti dopo averli ricevuti da Piercamillo Davigo. Una condotta che lo fece trovare nella scomoda posizione di dover riferire su notizie e su atti segreti ricevuti dall’ex pm di Mani pulite senza presentare denunce agli organi competenti, considerato che per questa divulgazione Davigo è stato poi condannato a Brescia in primo e secondo grado. Per ironia della sorte anche Ermini aveva rischiato di essere iscritto per rivelazione del segreto d’ufficio per la divulgazione dei verbali degli interrogatori dell’avvocato esterno dell’Eni Piero Amara riguardo l’esistenza della loggia Ungheria.

I verbali, consegnati dal pm milanese Paolo Storari a Davigo, erano stati portati da quest’ultimo nella primavera del 2020 allo stesso Ermini nel suo ufficio a piazza Indipendenza.
Sentito come testimone nel processo a carico di Davigo, Ermini aveva affermato sotto giuramento, più volte incalzato dal presidente del collegio Roberto Spanò, di non averli letti e di averli appunto immediatamente strappati. “Perché lì ha distrutti?”, gli chiese Spanò, sottolineando che era come se avesse voluto sbarazzarsi di una cosa “imbarazzante”. Varie le giustificazioni di Ermini: dal fatto che erano copie da una chiavetta, senza firma, e che era stato informato il procuratore generale della Cassazione. “Erano irricevibili” e “dovevo tutelare il Csm”, aveva aggiunto Ermini, stigmatizzando il comportamento di Davigo che non aveva mai avuto una grande considerazione della sua persona e che considerava l’elezione a vice presidente del Csm il frutto delle torbide trame di Luca Palamara. I rapporti fra i due erano successivamente migliorati, al punto da trascorrere le vacanze insieme in un centro termale a Merano.

Ma fra i cortocircuiti giudiziari che caratterizzano l’estate 2024 è doveroso un accenno anche a quanto sta accadendo in queste ore nei confronti della consigliera laica del Csm Rosanna Natoli, eletta in quota Fratelli d’Italia. La procura di Roma ha deciso di iscriverla nel registro degli indagati per un reato che è stato abolito dal Parlamento: l’abuso d’ufficio. Natoli, vicina al presidente del Senato Ignazio La Russa, aveva incontrato lo scorso novembre a Paternò una magistrata, la giudice catanese Maria Fascetto, che mesi prima era stata da lei giudicata in sede disciplinare. La circostanza è diventata di pubblico dominio in quanto la magistrata aveva pensato bene di registrare l’incontro e di consegnare, tramite l’avvocato Carlo Taormina, l’audio al Csm. Natoli, chiamata a fornire spiegazioni, dopo aver definito “inopportuno” tale incontro, aveva però precisato di averla incontrata solo per un “atto di pietà” e solo dopo che era stata comunque emessa la sentenza.

L’attuale vice presidente del Csm, il leghista Fabio Pinelli, che nei mesi scorsi si era scagliato contro Ermini affermando di aver trovato al suo arrivo a Palazzo Bachelet un arretrato di anni, aveva trasmesso subito l’audio in Procura pur essendo l’eventuale rivelazione del segreto, l’altro reato ipotizzato, avvenuto come detto a Paternò e quindi di competenza dei pm catanesi. Come leggere l’iniziativa dei pm della Capitale? Spingere alle dimissioni l’avvocatessa siciliana, evidentemente non gradita, e dar vita all’ennesimo ribaltone al Csm in previsione di nomine importanti. Prime fra tutte quelle dei quattro procuratori aggiunti a Roma. Il Palamaragate insegna: chi tocca piazzale Clodio, come fece Palamara, fa sempre un brutta fine. Ed anche in questo caso la storia si ripete.

31 Luglio 2024

Condividi l'articolo