La possibilità della tripletta
Regionali e referendum, la sinistra sogna la spallata: l’occasione d’oro per l’opposizione unita
Il Pd intravede la possibilità della tripletta in Liguria, Umbria ed Emilia che galvanizzerebbe l’elettorato trascinando il quorum contro l’autonomia differenziata: il vero colpo grosso. Inevitabili a quel punto le politiche nel 2026
Politica - di David Romoli

Al Nazareno non vogliono parlare di slam, poco importa se grande o piccolo. Insomma, della conquista di tutte o di quasi tutte le regioni che dovrebbero andare al voto tra l’autunno di quest’anno e quello del prossimo: «Intanto pensiamo alle tre regioni che voteranno in autunno: Liguria, Umbria ed Emilia-Romagna. Quanto alle altre, chissà se si voterà davvero nel 2025». La frase sibillina si spiega con i boatos che in Parlamento ipotizzano un rinvio delle elezioni previste per l’anno prossimo a quello successivo. Non è la prima volta che se ne parla. Il Viminale aveva considerato l’ipotesi già nell’inverno scorso, basandosi sulla tornata elettorale ritardata a causa del Covid nel 2020. Allora il rinvio serviva soprattutto a blindare ulteriormente la Liguria, ora destinata invece a votare comunque quest’anno. Ma una sconfitta nelle tre regioni al voto quest’anno consiglierebbe probabilmente di riprendere quell’ipotesi e certo i consigli regionali non sarebbero sfavorevoli.
Ma, scaramanzia a parte, l’ottimismo nel centrosinistra lo si avverte a pelle, appena offuscato dall’increscioso caso Ermini. Un ex parlamentare del Pd, ex vicepresidente del Csm che si ritrova presidente di Spininvest, holding del gruppo Spinelli, cioè dell’imprenditore coinvolto nella vicenda che è costata le dimissioni a Toti, non è il miglior viatico possibile per le prossime elezioni. Andrea Orlando, candidato in pectore per il centrosinistra, si è attaccato direttamente al telefono, ha chiamato Ermini, gli ha fatto presente «l’opportunità di un passo indietro». Ermini ha risposto picche, difendendo la nomina dovuta solo a meriti professionali e non politici. Sarà anche vero ma certo il famoso senso dell’opportunità, sbandierato puntualmente dal Pd quando si tratta di chiedere dimissioni, avrebbe dovuto suggerire a Ermini una scelta diversa. Gliela suggeriranno in molti nelle prossime ore e nei prossimi giorni ma con limitate possibilità di successo.
La spiacevole novità riduce ma non cancella l’ottimismo del Pd, che intravede la possibilità dell’en plein. L’Emilia-Romagna, appena un anno fa, era considerata in bilico e la destra considerava seriamente l’opportunità di giocarsi un nome tanto pesante quanto quello del ministro degli Interni, Piantedosi. Oggi quella conquista appare un miraggio e di Piantedosi candidato a perdere non parla più nessuno. In Umbria l’amministrazione della presidente leghista Donatella Tesei non ha brillato e il Pd può giocarsi una carta molto forte, la sindaca di Assisi, Stefania Proietti. Lei ha chiesto tempo. Cattolica, ci tiene molto alla celebrazione di san Francesco, in programma dal 24 settembre al 4 ottobre, e non vorrebbe farlo in clima di campagna elettorale. Ma i vertici del Pd danno per quasi certa la sua candidatura.
In Liguria il danno d’immagine legato alla vicenda che ha travolto Toti, non solo e non tanto per i rilievi penali ma il quadro sconfortante che ha comunque restituito del suo stile di governo, avvantaggia un’opposizione che si presenterà essenzialmente unita. La controprova della difficoltà in cui si trova all’improvviso la destra, del resto, è la difficoltà nell’individuare un candidato. Dopo il no che sembra senza appello del leghista Rixi, la maggioranza ha ripiegato sull’immancabile esponente della società civile, per ora senza individuarlo. La questione sarà, con il caso Rai, tra gli argomenti principali del vertice di maggioranza che si dovrebbe tenere, con tutti i leader presenti, subito prima della pausa estiva, dunque la settimana prossima.
In ogni caso è evidente che le regionali, considerate sino alle elezioni europee una minaccia potenzialmente esistenziale per Elly Schlein, sono considerate ora un pericolo per la destra, mentre un’opposizione per la prima volta quasi del tutto unita le considera un’occasione d’oro per vibrare un colpo forse non decisivo ma certamente duro alla destra. Anche perché l’eventuale tripletta creerebbe un clima da spallata possibile, galvanizerebbe l’elettorato di centrosinistra e avvicinerebbe il vero colpo grosso che il centrosinistra considera ora possibile, non solo nelle obbligatorie dichiarazioni ufficiali ma anche a porte chiuse: il raggiungimento del quorum nel referendum sull’autonomia. A quel punto diventerebbero quasi inevitabili quelle elezioni politiche nel 2026 che il Pd considera comunque possibili, anzi probabili. Non per le divisioni nella destra e neppure per evitare l’ordalia del referendum sul premierato ma per più tangibili problemi. Il governo non ha e non avrà un soldo da spendere nei prossimi anni. E reggere con i cordoni della borsa serrati sino al 2027, considerano nel centrosinistra, è molto difficile e soprattutto molto poco consigliabile.