Una eliminazione “mirata”. Mirata a far esplodere la polveriera mediorientale. Mirata ad umiliare gli ayatollah iraniani spingendoli alla reazione. Mirata a far risalire nei sondaggi interni Benjamin Netanyahu, in caduta libera dopo il 7 ottobre 2023. Mirata a rafforzare Hamas, sì a rafforzarla, perché offre al movimento islamista palestinese un “martire” su cui costruire la narrazione “resistenziale”, un’arma di propaganda, senza pagare alcun prezzo significativo sul piano militare, visto che in quel campo, a tenere le redini dell’organizzazione, è il “fantasma di Gaza”: l’introvabile Yahya Sinwar. Mirata, last but not least , a togliere ogni residua speranza ai familiari degli ostaggi israeliani ancora in cattività nella Striscia. Chi negozierà dopo questo atto di “terrorismo di Stato”?
Poco importa ai ministri estremisti del governo d’Israele, per loro la morte degli ostaggi è un “danno collaterale” nella guerra di annientamento di Hamas e della popolazione palestinese della Striscia. C’è tutto questo dietro l’eliminazione di Ismail Haniyeh. Il capo dell’ufficio politico di Hamas è stato ucciso nella notte di martedì in un raid nella capitale iraniana Teheran da un missile teleguidato ad alta precisione. Fonti di Al-Arabiya e Al-Hadath precisano che l’omicidio mirato è avvenuto “alle due del mattino” di ieri, nella residenza per veterani di guerra in cui era Haniyeh era ospitato a Teheran. Insieme a lui è morta anche una delle sue guardie, Wassim Abu Shaaban. Il segretario generale della Jihad Islamica, Ziad Nakhaleh, era nello stesso edificio – ad un altro piano – in cui si trovava Ismail Haniyeh, a Teheran, nel momento in cui il leader di Hamas è stato ucciso. A riferirlo è l’emittente israeliana Channel 12, citata dal Times of Israel, precisando che Nakhaleh è sopravvissuto. Secondo le notizie riportate dall’emittente Nakhaleh non sarebbe stato un obiettivo.
La Repubblica Islamica dell’Iran ha annunciato tre giorni di lutto nazionale “in seguito al martirio di Ismail Haniyeh”. Lo ha affermato il governo in una dichiarazione. Fonti del New York Times hanno riferito che i funzionari iraniani sono «in stato di shock totale» per l’assassinio del leader di Hamas Ismail Haniyeh, capo dell’ufficio politico di Hamas. Lo scrive su X un giornalista del Nyt. Secondo le fonti, l’omicidio è un «duro colpo alla reputazione dell’Iran» in un momento in cui il paese sta cercando di proiettare il suo potere nella regione. «La Repubblica islamica dell’Iran difenderà la sua integrità territoriale, il suo onore, e farà pentire gli invasori terroristi della loro azione codarda». Lo ha affermato il presidente dell’Iran, Massoud Pezeshkian, commentando su X l’uccisione del capo dell’ufficio politico di Hamas, che in Iran aveva partecipato alla sua cerimonia di insediamento. «Il legame tra le due fiere nazioni dell’Iran e della Palestina sarà più forte di prima, e il cammino della resistenza e della difesa degli oppressi sarà seguito in modo più forte che mai», ha aggiunto Pezeshkian, affermando che l’Iran è in lutto per Haniyeh. «Riteniamo sia nostro dovere vendicare il sangue del martire Haniyeh», rilancia l’ayatollah Ali Khamenei.
«Con questo atto, il regime sionista criminale e terrorista si è preparato una dura punizione», ha aggiunto la Guida suprema della Repubblica islamica. L’uccisione di Ismail Haniyeh «è un evento cruciale e pericoloso che porta la battaglia a nuove dimensioni e avrà ripercussioni importanti per l’intera regione». Lo affermano in una dichiarazione le Brigate Qassam, ala militare di Hamas, aggiungendo che Israele «ha sbagliato i calcoli ampliando la portata dell’aggressione, assassinando i leader della resistenza in varie arene e violando la sovranità di Paesi della regione». «Il criminale Netanyahu, accecato dalla follia della grandezza, sta conducendo l’entità sionista verso l’abisso, accelerando il suo crollo e la sua rimozione dalla terra di Palestina una volta per tutte», aggiungono le Brigate Qassam. I palestinesi di Gaza hanno espresso dolore e rabbia per l’assassinio del leader politico di Hamas. “Ismail Haniyeh era il figlio di Gaza” – ha detto Ahmad Al Nims, in un’intervista con un corrispondente della Cnn a Deir El-Balah nella Striscia di Gaza. Un altro palestinese, Abu Yasser Hassoun, ha affermato che l’assassinio ha colpito “come un fulmine” e ha descritto Haniyeh come un leader che ha unito i palestinesi. Saleh Al Sunnar, sfollato da Jabalya, nel nord di Gaza, ha detto tra le lacrime: “Non diciamo che è di Hamas o Fatah, ma piuttosto che è un leader palestinese, figlio di un padre palestinese e di una madre palestinese. È stata una notizia straziante per tutti noi nella Striscia di Gaza, in tutta la Palestina, fuori dalla Palestina e nella diaspora”.
Dichiarazioni di condanna piovono da tutto il mondo arabo e musulmano, sciiti e sunniti, “moderati” ed estremisti, dal Pakistan all’Egitto, dalla Turchia all’Afghanistan, dal Libano (dove ieri è stato ritrovato il corpo di Fuad Shukr, il comandante militare di Hezbollah ucciso da Israele. È stato trovato sotto le macerie dell’edificio colpito martedì a Beirut.) ai Paesi del Golfo arabico. Il primo ministro del Qatar, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, ha messo in dubbio il successo di una futura mediazione tra Israele e Hamas dopo l’uccisione di Haniyeh, «Gli omicidi politici e i continui attacchi ai civili a Gaza mentre i colloqui proseguono ci portano a chiederci: come può avere successo la mediazione quando una parte assassina il negoziatore dell’altra parte? La pace ha bisogno di partner seri», ha scritto su X lo sceicco Mohammed, che ha guidato gli sforzi di mediazione del Qatar.
Il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha affermato che il cessate il fuoco a Gaza è «imperativo» dopo l’uccisione di Haniyeh. E ha aggiunto che gli Stati Uniti «non sono stati informati» né sono stati «coinvolti» nella sua uccisione. Se fosse così, e visti i rapporti a dir poco freddi tra Netanyahu e l’attuale leadership statunitense, ai “mirata” di cui sopra, se ne deve aggiungere un’altra: “mirata”, l’eliminazione di Haniyeh, a umiliare l’amministrazione Biden da parte di chi governa Israele. “Non commentiamo la morte di Haniyeh”. Così il portavoce del governo di Israele sull’uccisione del leader politico di Hamas, Il portavoce ha poi aggiunto “riaffermiamo il nostro impegno per un accordo su ostaggi e cessate il fuoco” e specificato che il governo israeliano “è in stato di allerta in vista di una rappresaglia iraniana”.
Il portavoce non commenta, ma i ministri sì. «La morte di Haniyeh rende il mondo un po’ migliore». Lo scrive su X il ministro israeliano per il Patrimonio, Amichay Eliyahu. «Questo è il modo giusto per ripulire il mondo da questa sporcizia. Basta con gli accordi di `pace´ immaginari, basta con la pietà per questi mortali. La mano di ferro che li colpirà è quella che porterà pace e un po’ di conforto e rafforzerà la nostra capacità di vivere in pace con coloro che desiderano la pace», ha aggiunto Eliyahu, che è il primo alto funzionario del governo israeliano a commentare la notizia. Eliyahu è membro del partito di estrema destra Otzma Yehudit del ministro per la Sicurezza nazionale Itamar Ben- Gvir.
L’uccisione a Teheran del capo politico di Hamas, riporta alla memoria alcune dichiarazioni attribuite lo scorso dicembre al direttore dello Shin Bet, Ronen Bar, il quale in una registrazione trasmessa dalla televisione statale israeliana Kan minacciava i leader del movimento palestinese, spiegando che dopo la strage del 7 ottobre i servizi dello Stato ebraico avevano ricevuto istruzione di eliminarli ovunque si trovassero. «Siamo determinati a farlo ovunque si trovino: a Gaza, in Cisgiordania, in Libano, in Turchia, nel Qatar o altrove. Serviranno anni, ma elimineremo i capi di Hamas», disse Bar. «Questa è la Monaco della nostra generazione», aggiunse, riferendosi all’uccisione da parte del Mossad degli esponenti di Settembre Nero dopo la strage degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Haniyeh era nato 62 anni fa nel campo rifugiati Shati, il padre pescatore. Dopo le battaglie della prima intifada e la prigione, era diventato assistente dello sceicco paraplegico Ahmed Yassin, fondatore di Hamas, ucciso dagli israeliani nel marzo del 2004, il successore Abdel Aziz Rantisi dura un mese, un missile centra la sua auto.
A quel punto i capi del movimento formano un triumvirato clandestino, meglio restare nascosti, i tre dovrebbero essere alla pari, in realtà lo guidava Haniyeh ed è lui a essere il primo nome della lista che gli islamisti decidono di presentare alle elezioni parlamentari del 2006, Yasser Arafat è morto due anni prima. Stravincono: Haniyeh è capo del governo a Gaza, mentre l’Autorità palestinese fa capo al presidente Abu Mazen a Ramallah. I funerali di Haniyeh si terranno questa mattina alle 8 a Teheran. Lo scrive al Jazeera. Dopo la cerimonia funebre, il corpo del leader di Hamas – riferisce il gruppo islamista su Telegram – sarà trasferito a Doha, in Qatar. Morto un capo se ne fa un altro. Riunioni febbrili tra i funzionari di Hamas fin dal primo mattino, subito dopo la notizia dell’uccisione di Ismail Haniyeh a Teheran, per stabilire il suo successore alla guida politica del movimento. Secondo fonti palestinesi citate dalla tv pubblica israeliana Kan, a prendere il suo posto potrebbe essere Khaled Meshal, 68 anni, uno dei leader del gruppo islamico all’estero e già presidente dell’ufficio politico di Hamas fino al 2017. Nel 1997 ad Amman sopravvisse in una drammatica corsa contro il tempo ad un attentato ordito dal Mossad su ordine dell’allora Primo ministro d’Israele. Lo stesso di oggi: Benjamin Netanyahu.