Alle Olimpiadi di Parigi 2024 per la prima volta sono presenti due atleti residenti in Italia nella squadra Olimpica dei Rifugiati. Sono Iman Mahdavi, lotta libera 78 chili, e Hadi Tiranvalipour, taekwondo categoria -58 chili. Entrambi sono entrati nel programma Olimpico per i Rifugiati nel 2022 e nel 2023, entrambi arrivano dall’Iran. Sono 36 in tutto nella spedizione in Francia, 23 uomini e 13 donne, ospitati da 15 diversi Comitati Olimpici Nazionali, impegnati in dodici sport diversi. È la terza volta che il team partecipa ai Giochi.
“Siete un arricchimento per la nostra comunità olimpica e per le nostre società – aveva detto alla presentazione della squadra il Presidente del CIO Thomas Bach – Con la vostra partecipazione ai Giochi Olimpici, dimostrerete il potenziale umano di resilienza ed eccellenza. Invierete un messaggio di speranza agli oltre 100 milioni di sfollati nel mondo. Allo stesso tempo, renderete consapevoli miliardi di persone in tutto il mondo della portata della crisi dei rifugiati”. La maggior parte degli atleti è stata selezionata tra gli atleti rifugiati sostenuti dal CIO attraverso il Refugee Athletes Scholarship Programme, finanziato dal programma Olympic Solidarity del CIO e gestito dalla Olympic Refuge Foundation.
Cos’è la squadra rifugiati alle Olimpiadi
La squadra ha una sua bandiera e la possibilità di competere per il medagliere. La sigla del team è EOR, Équipe Olympique des Réfugiés. I Comitati Nazionali rappresentati sono Austria, Canada, Francia, Germania, Israele, Italia, Giordania, Kenya, Messico, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Usa. Gli atleti gareggeranno in atletica, badminton, pugilato, canoa, ciclismo, judo, tiro a segno, nuoto, taekwondo, sollevamento pesi e lotta. Il progetto garantisce anche sostegno economico a chi entra a farvi parte. Il team ha esordito alle Olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016. In Brasile erano 10, a Tokyo nel 2021 29. Zero medaglie. In Francia il team è brandizzato da Nike.
Il simbolo della squadra è un cuore circondato da frecce tricolori: una bandiera per rappresentare oltre 117 milioni di persone in fuga o sfollate in tutto il mondo secondo i dati del Global Trend 2023 dell’UNHCR. La composizione della squadra è approvata dal Consiglio Esecutivo del CIO ed è basata su diversi criteri tra cui le prestazioni sportive degli atleti e lo status di rifugiato verificato dall’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, tenendo presente anche una rappresentazione equilibrata tra generi e la diffusione tra Paesi di origine.
Gli atleti della squadra dei rifugiati alle Olimpiadi di Parigi:
Farida Abaroge (donna, Etiopia, Francia, atletica)
Omid Ahmadisafa (uomo, Iran, Germania, pugilato)
Yahya Al Ghotany (uomo, Siria, Giordania, taekwondo)
Mohammad Amin Alsalami (uomo, Siria, Germania, atletica)
Amir Ansari (uomo, Afghanistan, Svezia, ciclismo su strada)
Sibghatullah Arab (uomo, Afghanistan, Germania, judo)
Matin Balsini (uomo, Iran, Regno Unito, nuoto)
Mahboubeh Barbari Zharfi (donna, Iran, Germania, judo)
Edilio Francisco Centeno Nieves (uomo, Venezuela, Messico, tiro sportivo)
Muna Dahouk (donna, Siria, Paesi Bassi, judo)
Jamal Abdelmaji Eisa Mohammed (uomo, Sudan, Israele, atletica)
Saeid Fazloula (uomo, Iran, Germania, canoa sprint)
Tachlowini Gabriyesos (uomo, Eritrea, Israele, atletica)
Eyeru Gebru (donna, Etiopia, Francia, ciclismo su strada)
Yekta Jamali Galeh (donna, Iran, Germania, sollevamento pesi)
Fernando Dayán Jorge Enríquez (uomo, Cuba, USA, canoa sprint)
Dorian Keletela (uomo, Repubblica Democratica del Congo, Francia, atletica)
Adnan Khankan (uomo, Siria, Germania, judo)
Perina Lokure (donna, Sudan del Sud, Kenya, atletica)
Iman Mahdavi (uomo, Iran, Italia, lotta libera)
Farzad Mansouri (uomo, Afghanistan, Regno Unito, taekwondo)
Alaa Maso (uomo, Siria, Germania, nuoto)
Kasra Mehdipournejad (uomo, Iran, Germania, taekwondo)
Cindy Ngamba (donna, Camerun, Regno Unito, pugilato)
Dina Pouryounes Langeroudi (donna, Iran, Paesi Bassi, taekwondo)
Mohammad Rashnonezhad (uomo, Iran, Paesi Bassi, judo)
Amir Rezanejad (uomo, Iran, Germania, canoa slalom)
Ramiro Mora Romero (uomo, Cuba, Regno Unito, sollevamento pesi)
Nigara Shaheen (donna, Afghanistan, Canada, judo)
Luna Solomon (donna, Eritrea, Svizzera, tiro sportivo)
Saman Soltani (donna, Iran, Austria, canoa sprint)
Musa Suliman (uomo, Sudan, Svizzera, atletica)
Manizha Talash (donna, Afghanistan, Spagna, breaking)
Hadi Tiranvalipour (uomo, Iran, Italia, taekwondo)
Jamal Valizadeh (uomo, Iran, Francia, lotta greco-romana)
Dorsa Yavarivafa (donna, Iran, Regno Unito, badminton)
Gli atleti rifugiati che vivono in Italia arrivano entrambi dall’Iran, che è il Paese che più contribuisce alla squadra con 14 atleti. A seguire ci sono la Siria e l’Afghanistan. Qualora un atleta dovesse vincere l’oro, il protocollo prevede che sarà suonato l’inno ufficiale delle Olimpiadi. Mahdavi si allena a Pioltello, nell’hinterland milanese, alla Lotta Club Seggiano. Tiranvalipour si allena a Roma. Saranno invece otto gli atleti rifugiati che rappresenteranno la squadra ai Giochi Paralimpici in programma da mercoledì 28 agosto a domenica 8 settembre. Sei Paesi per sei sport. Risiede in Italia Amelio Castro Grueso, scherma in carrozzina. Gli altri atleti sono Zakia Khudadadi, Guillaume Junior Atangana, Ibrahim Al Hussein, Salman Abbariki, Hadi Darvish, Sayed Amir Hossein Pour, Hadi Hassanzada.
L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi ha dichiarato: “La Squadra Olimpica dei Rifugiati dovrebbe ricordarci la resilienza, il coraggio e le speranze di tutti coloro che sono stati sradicati da guerre e persecuzioni. Questi atleti rappresentano ciò che gli esseri umani possono fare, anche di fronte ad avversità estreme. La squadra ci ricorda anche che lo sport può essere trasformativo per le persone la cui vita è stata sconvolta da circostanze spesso strazianti. Trasformativo non solo per gli olimpionici, ma per tutti. Lo sport può offrire tregua, una fuga dalle preoccupazioni quotidiane, un senso di sicurezza, un momento di divertimento. Può dare alle persone la possibilità di guarire fisicamente e mentalmente e di tornare a far parte di una comunità”.