Approvato il dl carceri
Sulle carceri tutto il potere va al Dap, e la Cgil non dice nulla…
La circolare sulla disponibilità facile dei mezzi antisommossa con tanto di simulazioni è preoccupante. Sembrano prove di guerra civile in carcere
Editoriali - di Franco Corleone
Il decreto carcere è stato approvato senza esame in commissione e con il voto di fiducia in Aula nonostante la scadenza fosse ai primi di settembre. Uno sfregio ulteriore al ruolo e alla dignità del Parlamento. La discussione sugli ordini del giorno e le dichiarazioni di voto finali hanno però avuto il merito di far emergere gli spiriti animali della maggioranza senza cuore e senza umanità.
Il deputato Vinci di Fratelli d’Italia ha ringraziato il ministro per l’aumento dei detenuti, ovviamente di quelli che sono espressione delle leggi criminogene contro i poveri, gli stranieri e i consumatori di sostanze illegali, in nome della sicurezza dei cittadini bianchi e perbene. L’on. Matone della Lega, già magistrata e ospite del salotto di Vespa, si è gloriata di una norma di stampo razzista (presente nel disegno di legge sicurezza) contro le donne rom, sostenendo che la previsione peggiorativa del Codice Rocco sulle detenute incinte è fatta a fin di bene per salvarle dall’inferno dei campi dei gitani. Dalla padella alla brace si potrebbe dire. La pretesa salvifica giustifica la persecuzione dei soggetti deboli, in primis dei cosiddetti tossicodipendenti che si vorrebbero togliere dal carcere per rinchiuderli in comunità chiuse, di stampo autoritario.
Questa norma è stata contestata dal Cnca, il Coordinamento delle comunità accoglienti, che raccoglie più di duecento strutture educative aperte. Le reazioni di Elena Boschi, di Riccardo Magi e di Debora Serracchiani sono state all’altezza della provocazione e hanno mostrato che si comincia a capire, come ammoniva Ugo Foscolo, di che sangue grondi l’azione del governo. È sempre più evidente l’ossessione del sesso che perseguita le forze politiche che pretendono di comandare senza limiti, dimostrata dal boicottaggio del diritto alla affettività e ai colloqui senza controllo visivo sancito dalla Corte Costituzionale da sette mesi con motivazioni becere e pornografiche e addirittura per il timore di gravidanze. Alla faccia della preoccupazione della denatalità! Dopo anni di battaglia culturale della Società della Ragione si era riusciti a parlare di architettura per una concezione degli spazi dei corpi reclusi non costrittivi e invece si torna a proporre l’edilizia penitenziaria come fatto quantitativo. Addirittura nominando un commissario esautorando l’ufficio tecnico del Dap e offrendo consulenze ad esperti amici. Occorre però fare chiarezza sul sovraffollamento: bisogna smetterla di dire che mancano celle perché questa affermazione legittima la costruzione di nuove galere fiammanti, come diceva Margara.
Va imposta la necessità di eliminare la detenzione sociale che oggi occupa 30.000 posti a causa diretta o indiretta della legge antidroga, privilegiando le misure alternative (anche concesse dal giudice della cognizione), i lavori di pubblica utilità, la Messa alla Prova (Map), gli affidamenti in prova. Questa prospettiva coinvolge già oggi più di ottantamila persone che potrebbero facilmente aumentare con risorse inferiori a quelle che occorrerebbero per nuove prigioni. Semmai si potrebbe investire sulla ristrutturazione degli edifici esistenti (il caso di Udine è illuminante). Anche per i problemi di salute, anche mentale, va cambiato il paradigma. La tutela di questo diritto fondamentale è attribuito al Servizio sanitario nazionale e quindi è responsabilità delle Regioni, delle Asl e dei Dipartimenti di salute mentale. Non esiste più la sanità penitenziaria e occorre difendere una riforma basata sui diritti di cittadinanza, individuando l’interlocutore giusto. Le cose da fare sono note e sull’Unità del 31 luglio ho segnalato sette punti essenziali.
Certo il bilancio è sconsolante, perché di fronte a un carcere senza speranza, la maggioranza ha prodotto il nulla, il vuoto pneumatico. Per buttare sabbia negli occhi ha scritto modifiche confuse che creeranno problemi di interpretazione e lungaggini ulteriori. Ci deve essere un motivo oscuro se addirittura hanno impedito l’approvazione di una legge istitutiva delle case per le detenute madri e i loro bambini che sono solo 26 e sarebbe un problema facilmente risolvibile. Viene il sospetto che si vogliano fare esplodere le carceri per dare il via a repressioni legittimate: dalle torture all’uso della forza indiscriminato. In questa condizione delle carceri in cui l’art. 27 della Costituzione è un miraggio, dovrebbero essere i sindacati della Polizia penitenziaria a pretendere un provvedimento di amnistia e indulto, in realtà le organizzazioni corporative vogliono il potere al Dap e negli Istituti, ad ogni costo e strumentalizzano le difficoltà di gestione a questo obiettivo (ma la Cgil non ha nulla da dire?). La circolare sulla disponibilità facile e immediata dei mezzi antisommossa (caschi, scudi, guanti, ecc.) con la previsione di simulazioni per dare un avviso ai prigionieri è assai preoccupante. Viene il sospetto che si vogliano fare prove di guerra civile in carcere. Poi chissà.