L'obbligo di legge non rispettato
Carceri, l’associazione Coscioni denuncia le Asl: “Dovete fare le ispezioni, è vostro compito”
Approvati sia il ddl Nordio che il decreto carceri, ma il senso di umanità, la rieducazione e la soluzione al sovraffollamento non vi trovano spazio
Giustizia - di Marco Perduca
Mentre alla Camera iniziavano le votazioni finali sul Decreto carceri, la presidente del Consiglio convoca va i responsabili di via Arenula per discutere le misure necessarie per affrontare il sovraffollamento nei 189 istituti di pena italiani. Pare un caso di dissonanza cognitiva ma è cronaca parlamentare. In effetti, nel decreto adottato con la fiducia nelle due Camere, di misure che vadano a sanare l’illegalità dell’esecuzione penale in Italia non ce ne sono. Si assumeranno 100 persone – 500 nel 2025, le altre nel ‘26 – si nomineranno figure burocratiche apicali, tra cui un Commissario speciale (ci mancherebbe) per l’edilizia penitenziaria, come se negli anni non ne avessimo visti apparire e sparire senza alcun risultato, si toglierà qualche ostacolo per l’accesso ai domiciliari per gli ultrasettantenni – qualche centinaio di persone – ma non si affronta minimamente il problema più noto: una sovrappopolazione del 131%. Niente, neanche per le detenute in gravidanza o con prole minorenne.
Molte sono le concause della presenza di 61.133 persone in strutture che ne possono contenere, a una conta non burocratica, circa 45mila. Dalla iper-penalizzazione, spesso di reati senza vittima (leggi quelli previsti dal Testo unico sulle droghe del 1990), all’irragionevole durata dei procedimenti (quasi il 25% dei detenuti non ha una sentenza definitiva), dalla chiusura di locali fatiscenti agli infiniti lavori di manutenzione e/o costruzione di nuove strutture. Una seconda analisi della qualità degli istituti fa poi emergere condizioni di restrizioni disumane e quindi degradanti. Situazioni che, oltre a configurarsi come “tortura”, come sentenziato nel 2013 dalla Corte europea dei diritti umani con la sentenza “Torreggiani”, non prevedono: servizi socio-sanitari adeguati, attività trattamentali, né quel che va comunque garantito a chi è privato della libertà personale ma si trova in un Paese che all’articolo 27 della propria Costituzione prevede, tra l’altro, che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
La mancanza di misure strutturali per garantire la salute nelle carceri italiane ha portato l’Associazione Luca Coscioni a predisporre delle diffide per tutte le Asl d’Italia, sollecitandole ad adempiere ai propri compiti stabiliti dalla legge – primo fra tutti effettuare sopralluoghi nelle strutture penitenziarie per valutarne le condizioni igienico-sanitarie. Nei giorni in cui si legge di routinarie visite parlamentari in carcere, occorre ricordare ai direttori delle aziende sanitarie il loro compito di riferire ai ministeri di Salute e Giustizia sulle condizioni delle strutture ispezionate e di suggerire i provvedimenti necessari da adottare. La totale mancanza di attenzione per il diritto alla salute del recente Decreto carceri, oltre che le denunce sistematiche dei Garanti cittadini e regionali, le notizie di stampa e i resoconti delle visite ispettive, oltre che le decine di interrogazioni parlamentari che non trovano risposta, fanno emergere una situazione di palese violazione strutturale del diritto alla salute delle persone ristrette in Italia.
Il ministro Nordio sembra intenzionato a intervenire sulla custodia cautelare in carcere passando dalla “dimissione di responsabilità”, come nel Decreto che porta il suo nome o quello sulle carceri, alla “remissione di responsabilità”: la magistratura di sorveglianza può mandare a casa circa 5mila persone in pochi giorni. E dire che il ministro Nordio è stato pm, dovrebbe quindi avere contezza della mole di carte che albergano sulle scrivanie dei suoi ex colleghi… Nel caso in cui le diffide dell’Associazione Luca Coscioni dovessero cadere nel vuoto, le autorità competenti regionali e cittadine verranno “interessate” con altri strumenti perché la salute in carcere è un diritto.
*Associazione Luca Coscioni