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Intervista a Silvia Stilli: “A Gaza è genocidio, Europa sotto l’ombrellone assuefatta alla guerra”

Intervista a Silvia Stilli: “A Gaza è genocidio, Europa sotto l’ombrellone assuefatta alla guerra”

Silvia Stilli, presidente dell’associazione delle Organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (Aoi): a Gaza continua la strage di innocenti. L’infanzia viene cancellata, come denunciano Unicef e Save the Children. E il mondo sta a guardare.
A Gaza un padre torna a casa dalla registrazione anagrafica dei gemellini appena nati e trova loro e la moglie uccisi da un bombardamento israeliano. Erano questi i pericolosi terroristi da eliminare? Quanto dura l’indignazione? Qualche ora, una giornata, due? Da ottobre 40mila sono i palestinesi uccisi nella Striscia, di cui quasi 16mila minorenni. Le drammatiche storie di chi ha perduto tutto, sembrano scivolare presto sulla pelle della politica e anche dell’opinione pubblica. Ma la diplomazia internazionale non può più permettersi di stare a guardare, perché lo scenario di guerra è regionale. Qualche spiraglio di luce, se pure flebile, forse si può intravedere.

Quale?
L’uccisione due settimane fa in Iran del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ha segnalato al mondo il superamento del limite territoriale della crisi di Gaza: Netanyahu porta Israele in guerra con l’Iran, ma anche con il Libano per la “questione Hezbollah”, che ha visto il proprio capo ucciso a Beirut a fine luglio. Gli Usa si sono attivati nella ricerca di una soluzione per la crisi perché intravedono la possibilità, nell’avvio di un dialogo diplomatico per far cessare il fuoco a Gaza, di riaprire le trattative con Teheran in relazione al nucleare ad uso civile. Anche all’Iran farebbe comodo il protagonismo politico nella risoluzione della crisi di Gaza, perché ne sancirebbe la leadership tra i Paesi islamici. Nonostante questo, a Doha non si sono presentati né Hamas, né Hezbollah, né l’Iran. Ma a Doha si trova il capo negoziatore di Hamas, che potrebbe comunque essere consultato senza che ciò venga ufficializzato. Netanyahu insiste per mantenere il controllo militare permanente del confine meridionale di Gaza, così da limitare la maggior parte dei ritorni a nord della Striscia delle persone. È una condizione non prevista nel piano di Biden che potrebbe compromettere un possibile esito positivo delle trattative. La guerra non si placa. Gli scontri al confine israeliano con il Libano, la ripresa dell’azione militare di Hamas e poi l’ennesima strage a Gaza: nella scuola bombardata di al-Tabin, dove, secondo Israele, erano nascosti capi di Hamas, le vittime civili sono state 100. A Khan Younis, a sud della Striscia, le forze militari israeliane stanno evacuando i palestinesi, in vista di un’ulteriore offensiva. È evidente che per le Ong ogni sforzo e tentativo per raggiungere la pace e salvare vite umane è determinante, ma allora perché la regia dei tavoli delle trattative non si affida alle Nazioni unite? Troppi gli interessi in gioco.

Cos’altro deve accadere per sanzionare Israele? Se quello in atto a Gaza non è un genocidio, come definirlo?
Mi pare evidente che l’esercito israeliano a Gaza sta attuando un genocidio, sotto indicazione del suo governo. Non ho remore nel dirlo chiaramente. I numeri di morti, dispersi, feriti, le condizioni oggettive di vita nella Striscia lo testimoniano chiaramente. Qualunque siano le ragioni per non volere che si parli di genocidio per Gaza non cambia certo il risultato agghiacciante, anzi terrificante, dell’enorme massacro di donne, anziani, bambini e uomini innocenti. Unhcr ogni giorno pone l’attenzione sul prezzo delle guerre in termini di perdite di esseri umani, di condizioni di vita insostenibili per le popolazioni profughe in fuga da violenze e morte. Lo fa anche in queste settimane in cui l’aria vacanziera sembra voler cancellare l’orrore delle immagini da Gaza e le notizie delle riprese delle morti civili in Ucraina.

C’è un rischio di assuefazione?
L’assuefazione alla guerra purtroppo rischia di farsi strada e radicarsi nell’opinione pubblica, che vede comunque ancora lontana, in Europa sicuramente, la minaccia di un conflitto che coinvolga i territori in cui vive. La comunità mondiale è gravemente colpevole di aver permesso fino ad oggi ad Israele di annettere terre di un altro popolo e renderne le persone profughe, di negare ai palestinesi di Gerusalemme le libertà individuali e i diritti, di bombardare e invadere la più grande enclave del mondo, Gaza, isolandola del tutto, privandola di acqua, cibo, medicine, fonti di energia. Il rispetto della memoria sul piano internazionale del genocidio degli ebrei nella Seconda guerra mondiale, non può automaticamente essere una giustificazione per non condannare le azioni di Israele in Palestina, Se il pacifismo non è più un pensiero diffuso e apprezzato, almeno lo sia la giustizia. E la giustizia delle Nazioni unite si è espressa. Il 26 gennaio scorso la Corte dell’Aja ha chiaramente definito l’azione militare israeliana a Gaza a “rischio plausibile” di genocidio e ha ammonito il governo di Tel Aviv all’adozione di misure immediate per garantire i mezzi di sussistenza e l’entrata di aiuti umanitari nella Striscia, laddove, come ricorda Oxfam, l’accesso all’acqua è ridotto del 94% e 3.500 bambini sono a rischio di morte per disidratazione. Sono ancora 1.800 i containers internazionali bloccati in Egitto al valico di Rafah. Il Procuratore capo del Tribunale a maggio ha chiesto l’emissione di mandati di cattura nei confronti dei leader di Hamas, di Netanyahu e del ministro della Difesa israeliano per crimini di guerra. Un monito rivolto a tutti i 124 Stati aderenti alla Corte penale internazionale, di cui peraltro Israele non fa parte. Cos’altro deve accadere, appunto?

Di fronte alla scuola rasa al suolo, il ministro Tajani si è limitato ad affermare che è “inaccettabile “. In questo scenario apocalittico, il mondo solidale, di cui Aoi è parte attiva, cosa si sente di chiedere a governo, Parlamento e alla sinistra?
Chiediamo a tutte le istituzioni democratiche italiane più decisione e autorevolezza nel condannare il genocidio in corso a Gaza, chiamandolo per quello che è e attuando misure adeguate nel contribuire a porvi fine. Non ci si può fermare all’aggettivo “inaccettabile”, perché a nulla serve senza un’azione conseguente. Questo vale ovviamente per la Farnesina e la maggioranza che governa il nostro Paese, ma anche per le opposizioni. Ringraziamo e apprezziamo quelle e quei parlamentari della sinistra, a partire dall’intergruppo della Camera per la pace tra Palestina e Israele, che hanno condiviso le condanne dei massacri, le interrogazioni e gli interventi a sostegno delle nostre azioni umanitarie e che hanno preso parte alla missione organizzata a Rafah nel marzo scorso al fine di sbloccare i containers degli aiuti delle organizzazioni italiane per la popolazione di Gaza e per testimoniare le violazioni dei diritti umani.

E alle forze di sinistra?
Chiediamo di superare la difficoltà a compattarsi nel richiedere unitariamente misure e deliberazioni certe dell’Esecutivo nei confronti del governo di Netanyahu. Il Governo italiano chieda formalmente e con fermezza a quello israeliano l’apertura dei valichi per far entrare gli aiuti per la sopravvivenza della popolazione civile nella Striscia e pretenda l’entrata degli operatori umanitari senza blocchi e vincoli. Aoi chiede che le attività umanitarie delle Ong riprendano subito. Governo e Parlamento condannino apertamente la colonizzazione dei territori palestinesi da parte di cittadini dello Stato di Israele, che in questi giorni ha dato l’ok ad altre occupazioni. Adesso nell’immediato si tratta di accogliere il monito della Corte internazionale di Giustizia, di farlo proprio e di garantire la vita a milioni di civili innocenti e sostenere il dialogo a livello internazionale per il cessate il fuoco e il rilascio delle persone israeliane ancora ostaggio di Hamas. Null’altro che questo.