87 esecuzioni dal 6 luglio

Iran, il regime del terrore che ha già giustiziato 374 persone: nelle carceri è sciopero contro le esecuzioni

Il “governo delle esecuzioni”, al 14 agosto ha giustiziato 374 detenuti. In un solo giorno, il 7 agosto, 29 uomini sono stati uccisi

Esteri - di Elisabetta Zamparutti

18 Agosto 2024 alle 13:00

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Iran, il regime del terrore che ha già giustiziato 374 persone: nelle carceri è sciopero contro le esecuzioni

Masoud Pezeshkian, neo-presidente dell’Iran, in un discorso dopo il voto, ha ringraziato così la Guida Suprema, Ali Khamenei: «Se non fosse stato per lui, non penso che il mio nome sarebbe uscito facilmente da queste urne». Insomma, come in tutti i regimi, ma ancor più in una teocrazia come quella iraniana, c’è un solo elettore che realmente conta: il dittatore, che in Iran coincide con la Guida Suprema. Poco importa allora soffermarsi sulle percentuali di affluenza alle urne, o sull’aggettivazione “riformatore” piuttosto che “conservatore” di un candidato o di un vincitore rispetto a un altro. Perché chi dà le carte del gioco politico è uno e uno solo. È lui che ti fa candidare oppure no, che ti fa vincere o perdere, dunque, è lui che bisogna compiacere e assecondare. È a lui che bisogna ubbidire.

La Guida Suprema reagisce a ogni criticità, tanto dentro che fuori i confini nazionali, ricorrendo alle esecuzioni capitali come briglia da tirare per domare quel popolo che, come un cavallo, tiene stretto tra le sue gambe. È successo, solo per considerare l’ultimo lustro, durante le manifestazioni di piazza del 2019, di nuovo dopo quelle seguite alla morte di Mahsa Amini. Ora che alla crisi domestica si aggiunge, aggravata, quella internazionale, la repressione interna attraverso il cappio raggiunge livelli di drammatica necessità secondo la logica della Guida Suprema. E Masoud Pezeshkian ha prontamente assecondato questi desideri fin dalla formazione della nuova compagine governativa, che possiamo già definire come il “governo delle esecuzioni”. Dal monitoraggio quotidiano di Nessuno tocchi Caino risultano 374 esecuzioni, al 14 agosto.

Almeno 87 persone sono state impiccate nelle carceri iraniane in un mese dalle elezioni presidenziali del 6 luglio. In un solo giorno, il 7 agosto, 29 uomini sono stati giustiziati: 26 nella prigione di Ghezel-Hesar, 3 in quella di Karaj. Un’esecuzione di massa che non ha precedenti se non risalenti al 2009 e che era stata preannunciata dalla notizia del loro trasferimento nella sezione di isolamento di queste carceri. Il giorno prima, martedì 6 agosto, il regime aveva impiccato Reza Rasaei, un detenuto politico arrestato durante le manifestazioni in Iran del 2022. Il decimo di quei manifestanti giustiziato, secondo Iran Human Rights. Reza Rasaei è stato giustiziato di martedì. Martedì è il giorno che coincide con un’iniziativa nonviolenta di sciopero della fame chiamata proprio “Il martedì contro le esecuzioni” che i detenuti politici hanno promosso dal mese di febbraio 2024 in risposta all’ondata di esecuzioni di prigionieri condannati per crimini ordinari e successivamente estesa a quelle per ragioni politiche di giovani curdi e sunniti, come Farhad Salimi, impiccato mentre era in sciopero della fame.

Il 13 agosto sono arrivati alla 29° settimana consecutiva di questa manifestazione nonviolenta. I prigionieri politici, le donne e gli attivisti per i diritti umani detenuti in tutto l’Iran hanno dato notizia della loro tenuta dello sciopero della fame contro le esecuzioni nel Paese, in particolare per condannare l’alto numero di impiccagioni degli ultimi giorni. Hanno denunciato le 45 esecuzioni compiute nell’ultima settimana e le condanne a morte pronunciate nei confronti di un gruppo di prigionieri politici per «corruzione in terra» e per «Baghi» (rivolta contro il sovrano islamico). Recentemente sei detenuti politici sunniti sono stati condannati a morte dalla Corte rivoluzionaria di Mashhad. Con la forza morale che li connota sono riusciti a trovare il sarcasmo per fare l’eco a quanto dichiarato da Masoud Pezeshkian in merito all’Iran come «il Paese più sicuro del Medio Oriente» dicendo che «nel regime delle esecuzioni, la “sicurezza” è definita così». Fanno lo sciopero della fame in 18 carceri: Evin, Ghezel Hesar, il carcere centrale di Karaj, Khorramabad, il carcere militare di Shiraz, Khoy, Naqadeh, Tabriz, Urmia, Ardabil, Salmas, Saqqez, Baneh, Marivan, Kamyaran, Lakan Rasht, Qaemshahr e Vakilabad Mashhad.

I prigionieri hanno anche condannato la violenta repressione delle proteste all’interno di varie prigioni, come quella nel reparto femminile della prigione di Evin e la brutale repressione dei manifestanti nella prigione di Lakan a Rasht. Hanno ribadito la loro determinazione nel proseguire in questa lotta considerando la resistenza contro questa “barbarie” un loro diritto ed esprimendo solidarietà con le famiglie dei giustiziati, in particolare con quella di Reza Rasai. Si sono appellati a “tutti gli individui coscienziosi dentro e fuori il paese” affinché si sollevino contro le esecuzioni e sostengano la loro iniziativa. Aderirò a questa loro iniziativa e sciopererò con loro ogni martedì. E lo faccio nella profonda convinzione che solo affrontando la violenta repressione interna del regime iraniano nei confronti del popolo iraniano possiamo pensare di risolvere la crisi mediorientale che ha in questa teocrazia la sua più nefasta causa.

18 Agosto 2024

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