Il caso della sorella della premier

Meloni e Fratelli d’Italia gridano al complotto: fantapolitica per distogliere l’attenzione dagli errori del governo

Con o senza il nome di Meloni Arianna nel registro degli indagati le ragioni che spingono l’inquilina di Chigi a sentirsi sotto assedio resterebbero tutti.

Politica - di David Romoli

20 Agosto 2024 alle 12:00

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Meloni e Fratelli d’Italia gridano al complotto: fantapolitica per distogliere l’attenzione dagli errori del governo

Parlano tutti, si infervorano e si accapigliano. Si scambiano accuse roventi. Se ci sia qualcosa di cui parlare o se sia un classico caso del tipo “dietro gli strilli niente”, però, resta oscuro. L’intera maggioranza, dall’ufficiale di grado più alto all’ultimo caporalmaggiore, fa muro in difesa di una Arianna Meloni e si sgola riaffermando in coro “Non ci faremo intimidire”. Però, al momento, di avvisi di garanzia, intimidatori o meno, non se ne vedono. La magistratura dal suo canto, con le toghe di spicco come la vicepresidente dell’Anm Alessandra Maddalena in testa, risponde con una contro-accusa altrettanto corale: “Vogliono delegittimarci”. Come se la sola idea di uso accorto, per non dire apertamente politico, delle indagini fosse pura fantapolitica invece che merce comune in Italia da una trentina d’anni.

In realtà che la maggioranza miri a mettere in mezzo la sorella della premier per delegittimare le toghe è una tesi a dir poco ardita e che invece lo faccia, come sostengono molti esponenti dell’opposizione, “per sviare l’attenzione dai problemi reali come la manovra” lo è – se possibile – ancora di più. La reazione certamente esagitata e sopra le righe della destra, l’ira della premier, convinta che sia in atto una strategia mirante a disarcionarla molto prima che la legislatura arrivi a compimento riflettono una paura reale, certamente amplificata ed esasperata – però non determinata – dal timore di una possibile indagine che arriverebbe più vicina alla premier di come non si può. Quell’eventuale indagine, se fosse confermata e non è affatto detto, sarebbe solo un suggello. Ma con o senza il nome di Meloni Arianna nel registro degli indagati le ragioni che spingono l’inquilina di Chigi a sentirsi sotto assedio resterebbero tutti.

Al primo posto c’è l’Europa. Per un anno e mezzo, con gran scorno di un’opposizione che sperava nel contrario, l’Unione è stata il puntello e il principale punto di forza di un governo sulla carta a maggioranza “sovranista”. Ora quella stessa Europa è una minaccia. Domenica il vicepremier leghista Salvini ha fatto una bella improvvisata alla premier nella masseria pugliese dove Giorgia passa le sue brevi vacanze. C’era il presidente della Camera Fontana, c’era naturalmente il ministro e cognato Lollobrigida e tuttavia perché somigliasse a un vertice mancava un nome essenziale, quello del vicepremier azzurro Tajani. Lo hanno raggiunto per telefono, soprattutto per evitare voci su una manovra per isolare FI dopo le alzate di testa sulle carceri e sulla riforma della cittadinanza. Incontro conviviale e non politico, parola di Giorgia, telefonata amicale e rassicurante, nulla di più.

Però appena sciolto il convivio e abbassata la cornetta, Salvini e Tajani si sono affannati per garantire a voce altissima il loro entusiasmo per l’indicazione di Fitto a commissario europeo, il prossimo 30 settembre. Che si tratti di una pura coincidenza è difficile crederlo. I due vice e leader dei partiti alleati di FdI si sono mossi in sincronia perché Giorgia teme l’agguato a Strasburgo, una manovra per far fuori il suo candidato che moltiplicherebbe il già cospicuo danno seguito alla sconfitta secca nel voto per i Top Jobs europei. La maggioranza doveva mostrarsi granitica a sostegno di Fitto, perché il pur minimo segnale di divisione verrebbe preso nella Ue come incentivo a tentare il colpaccio, con esiti per la credibilità della premier esiziali. Che la paura della premier sia fondata o meno, lo stato dei rapporti con l’Europa, che la preoccupazione comunque restituisce, non è precisamente idilliaco.

Il resto dell’agenda è stato effettivamente rinviato al vertice di maggioranza, politico e non conviviale, fissato per il 30 agosto. Ma qualcosina sul capitolo chiave, la manovra, invece è già stabilito: una dozzina di miliardi andranno alla conferma del taglio del cuneo fiscale per il 2025, altri 4 o 5 serviranno per rifinanziare le sole tre aliquote Irpef. Aggiunte le spese fisse cosa resta? Poco e niente e il problema è proprio che governare senza soldi è molto difficile, senza soldi e dovendo sborsarne parecchi nel 2025, in seguito alla procedura d’infrazione per deficit eccessivo, è molto peggio. Anche perché qualcosa agli alleati Giorgia dovrà concedere e come farlo senza fondi a disposizione è il rebus che dovrà iniziare a essere risolto il 30 agosto. Sempre che sia possibile.

In una situazione oggettivamente da assedio come questa, il nuovo protagonismo di FI è più allarmante, perché più cauto, strategico e sottile, di quello rumoroso, ma essenzialmente propagandistico, di Salvini. Dagli spalti azzurri assicurano che si punta sulle “identità diverse” per poi “colpire uniti”. Solo che mettere in campo un’identità non solo diversa ma alternativa e quasi antagonista sui due punti chiave della destra italiana ed europea, immigrazione e sicurezza, significa anche aprirsi strade alternative a questa maggioranza che oggi né TajaniPiersilvio Berlusconi hanno intenzione di battere. Ma che potrebbero rivelarsi, invece, provvidenziali se i problemi con l’Europa, con il bilancio, con il referendum sull’autonomia e forse davvero anche con la magistratura mettessero il governo in ginocchio.

20 Agosto 2024

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