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Perché Grillo e Conte sono in guerra, la sfida sul futuro del Movimento 5 Stelle: fondatore e leader “se le suonano”

Perché Grillo e Conte sono in guerra, la sfida sul futuro del Movimento 5 Stelle: fondatore e leader “se le suonano”

Grillo batte un colpo ed è un colpo duro anche se confezionato con una cura diplomatica per l’uomo poco usuale. Non è ancora lo scontro frontale con Giuseppe Conte che potrebbe andare in scena nell’Assemblea costituente del Movimento, in autunno, ma ne è il necessario prologo. È un post sul blog del comico dal titolo asciutto, “Il nostro dna”. Grillo in effetti è molto attento a evitare ogni accenno alle scelte politiche. Si muove solo sul terreno dell’identità del Movimento, quello che istituzionalmente gli compete in quanto garante, con un’attenzione a non esorbitare dai limiti di quel ruolo degno di Sergio Mattarella.

Fissa in effetti solo tre punti fermi, tutti attinenti all’identità dei 5S, i quali però, avverte, sono “pilastri imprescindibili”. L’aspetto bizzarro è che due di quei tre elementi irrinunciabili dell’identità pentastellata non sono mai stati messi neppure vagamente in discussione e non sembra che Conte intenda farlo nel prossimo futuro: il simbolo e il nome del Movimento. Il simbolo, sottolinea l’autore del post, “è un richiamo al cambiamento, l’emblema di una intera rivoluzione culturale e politica, la bandiera sotto cui milioni di italiani hanno marciato con noi”. Dunque è “la bussola che orienta il cammino verso il futuro senza mai tradire il passato”. Il nome ha in sostanza la stessa funzione: “Difenderlo significa difendere la nostra storia, il nostro diritto di essere riconosciuti per ciò che siamo ieri, oggi e domani”. Conte però questa cose le sa benissimo da solo e figurarsi se proprio lui metterebbe in forse marchi di fabbrica la cui rendita di posizione è per lui essenziale. Ma allora perché il padre fondatore (“con Gianroberto”, come ci tiene a rimarcare) insiste tanto nel difendere ciò che nessuno assedia?

Può essere che il garante tema colpi di testa del leader politico tesi a trasformare anche formalmente il Movimento 5 stelle nel suo partito personale. Però è improbabile e comunque non giustificato da nessun indizio, fosse pure vago. L’insistenza su nome e simbolo serve dunque essenzialmente a blindare quel che nome e simbolo significano: il legame non tanto con il passato quanto con le radici progettuali, L’ “ideale chiaro” che aveva spinto lui “e Gianroberto” a creare il M5s: “Creare un’alternativa al sistema politico tradizionale”. Inseguire “il sogno condiviso che ci ha portato a sfidare un sistema corrotto, a restituire voce ai cittadini, a provare a costruire un’Italia più giusta e trasparente”. Tutto ciò può sembrare solo una petizione di principio ma non lo è. La vera accusa che Grillo muove a Conte, e che potrebbe brandire per sfidarlo nella Costituente, è proprio quella di voler trasformare il M5s in una parte del “sistema politico tradizionale”, rinunciando così a inseguire quel sogno. Si tratta di un intervento politico travestito da difesa dei princìpi identitari. Non è escluso però un ulteriore significato: in qualche misura, esaltando il ruolo del simbolo e del nome che sono sua proprietà, anche se sul tema ci sono contestazioni, ribadisce con massima accentuazione il proprio ruolo.

Il terzo tra gli elementi “in nessun modo negoziabili” e che “non possono essere modificati a piacimento” essendo “il cuore pulsante” e il “faro nella tempesta” del Movimento, è il più concreto e immediato, il terreno sul quale Grillo vuole combattere la battaglia contro Conte: la regola del doppio mandato. Grillo difende quella regola a spada tratta e con fervore quasi religioso. È di lì che “tutto ebbe inizio”. Quella regola “impedisce che pochi individui si arroghino il diritto di governare in eterno”. È “un argine contro la degenerazione del potere” ed è soprattutto “la garanzia che il Movimento rimarrà sempre fedele al suo spirito originario”. Quel che Grillo non dice, ma che di certo sa perfettamente, è che quella regola è anche il solo vincolo che impedisce al M5S di diventare un vero partito, la ghigliottina che decapita ogni potenziale gruppo dirigente e sotto la quale potrebbe finire presto anche la testa di Conte, che ha alle spalle una sola elezione ma non sarà facile sostenere che quasi 4 anni da presidente del Consiglio non equivalgono a un mandato. Senza contare il rapporto di potere a senso unico e schiacciante che si crea tra gruppi dirigenti con una data di scadenza e un garante che invece è eterno.

La risposta di Conte è arrivata in serata, altrettanto dura. Il leader politico ha presentato con un video il percorso della Costituente: i gruppi di militanti selezionati a caso che dovranno elaborare proposte, il tavolo dei simpatizzanti, perché anche loro devono poter intervenire nel percorso di “democrazia partecipativa”, quello dei minorenni dai 14 ai 17 anni. Poi, a fine ottobre, le proposte verranno vagliate nell’Assemblea e si potrà discutere su tutto, perché Conte mira a una vera “rifondazione”. Anche sul simbolo, “che del resto è già cambiato altre volte”. Anche “sulla denominazione” e sulle regole, inclusa quella del doppio mandato: “Non possiamo permettere che si debba decidere da parte di alcuni arbitrariamente e preventivamente su cosa si può discutere e deliberare. La regola del doppio mandato è già cambiata. Non possiamo ammettere che quando queste decisioni sono prese da 2 o 3 persone va tutto bene e quando invece è la comunità degli iscritti in un percorso costituente e rivoluzionario non va bene”. La guerra dei 5S è cominciata e tra Conte e Grillo uno solo ne uscirà in piedi.