Il dibattito sui migranti
Migranti, il grido di dolore di Papa Francesco e i silenzi sulle vere cause all’origine degli sbarchi
Sono in pochi, davvero in pochi, ad aver compreso la complessità dietro i fenomeni migratori e fra questi, di certo, c’è papa Francesco, che sa guardare davvero il mondo.
Cronaca - di Dorella Cianci
“I migranti spesso fuggono da situazioni di oppressione e sopruso, di insicurezza e discriminazione, di mancanza di prospettive di sviluppo… Trovano molti ostacoli nel loro cammino: sono provati dalla sete e dalla fame; sono sfiniti dalle fatiche e dalle malattie; sono tentati dalla disperazione”. Papa Francesco, nel Messaggio per la 110ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, aveva descritto così la sofferenza di milioni di persone. In queste ore è tornato sul tema, ricevendo frasi irrispettose in cambio. “Del Mediterraneo – ha detto papa Francesco – ho parlato tante volte, perché sono Vescovo di Roma e perché è emblematico: il mare nostrum, luogo di comunicazione fra popoli e civiltà, è diventato un cimitero. E la tragedia è che molti, la maggior parte di questi morti, potevano essere salvati. Bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti”.
Come ben notiamo – tutti, non solo i cattolici – non ha mai smesso Bergoglio, nel suo Pontificato, di mostrare attenzione al complesso tema della migrazione. Non ha mai smesso la Cei, in particolare al tempo del Segretario generale, mons. Nunzio Galantino, e oggi con la presidenza del card. Matteo Zuppi, di rimettere al centro la dignità delle genti in fuga, di farne una priorità d’intervento. Queste parole sono state chiare tanto all’inaugurazione delle Settimane Sociali, a Trieste, quanto al Meeting di Rimini. E anche in queste ore è chiaro chi dal governo italiano vuol mettersi in mostra con polemiche inutili e chi cerca il senso più profondo del termine “essere umani”. Questo commento, gentilmente ospitato dal direttore, nasce dall’esperienza nel giornalismo cattolico coi migranti, dai reportage ultimissimi lungo la rotta balcanica (in particolare dalla Slovenia a Trieste) e lungo la via del Mediterraneo. Non solo.
Questo commento risente anche dei laboratori svolti, proprio con rifugiati e immigrati, dal gruppo di ricerca filosofica “Amica Sofia” e in particolare da un docente e filosofo, Massimo Iiritano, con alcune persone attive anche fra i territori di Riace e Camini, dove vivono – in pace – afghani, siriani e tante altre persone in fuga da povertà, guerra e cambiamenti climatici. E poi torna alla mente quanto detto in un colloquio con il co-direttore della Banca Mondiale, Quy-Toad Do, il quale ha voluto ricordare come le migrazioni hanno fatto parte dell’esperienza umana sin dai primi giorni della civiltà. Come ricordano gli scienziati, l’Homo sapiens ha lasciato l’Africa circa 200 mila anni fa, e da allora gli esseri umani non hanno mai smesso di muoversi, producendo culture, lingue ed etnie distinte. La migrazione, infatti, ha dimostrato di essere una forza potente per lo sviluppo.
Nel dialogo – intervista a Quy-Toan Do, co-direttore del World Development Report in tema di migrazioni, si è messo in risalto, preliminarmente, questo: “Ciò che guida il dibattito politico in un dato Paese – ha detto l’economista della Banca Mondiale – è sempre complesso e spesso specifico di quel determinato Paese. Tuttavia si possono comunque fare dei discorsi generali, proprio per individuare strategie in tema di migrazioni ed economia. Innanzitutto è necessario e doveroso sviscerare le percezioni errate e il risentimento contro i migranti: sono il frutto di populismi e non di certo di dati concreti”. Precisa: “Questo modo di operare richiede due passaggi obbligatori nel dibattito pubblico: uno di segno positivo, l’altro di segno negativo. In primo luogo, abbiamo bisogno di dati imparziali per dimostrare i vantaggi (e gli eventuali effettivi svantaggi) della migrazione”.
L’ultimo report della Banca Mondiale si è mosso lungo queste due direzioni. Se davvero ci sono aspetti negativi (decisamente minori rispetto a quelli positivi), i governi dovrebbero affrontarli con competenza, ma senza perdere di vista tutte le possibilità economiche, sociali e culturali che le migrazione portano con sé. Quel che manca, sempre più spesso, nel dibattito pubblico sulle migrazioni è il fattore “conoscenza”. Ad esempio: parla qualcuno dell’allarme lanciato lo scorso anno, d’estate, da Medici senza frontiere, che aveva divulgato dati inquietanti dal Ciad, luogo di vita per tanti e di transito per molte altre persone? Abbiamo, ancora parzialmente, purtroppo, cercato di descrivere la situazione intorno al Lago Ciad, dove in moltissimi (non abbiamo ancora numeri precisi) attendono il loro ingresso in Libia, con la speranza di giungere in quell’isoletta italiana. Quest’area, ora, dovrebbe essere sotto la lente per diverse ragioni.
I migranti (in transito e in sosta) fra Ciad e Libia, dopo il disastro ambientale che colpì la Libia, sono ancor meno che invisibili. Che cosa sta ulteriormente accadendo? Le persone sostano lì, intorno a quel lago di morte, e ora, legalmente, non hanno alcuna speranza di giungere nella terra del generale Haftar, né poi riescono a imbarcarsi verso le coste italiane. Esiste, a quanto pare, solo la via illegale, che non solo è praticata, ma sembrerebbe essere addirittura appoggiata da alcuni canali ufficiali dall’altra parte del Mediterraneo per snellire la complessa situazione interna, aggravata dalle questioni climatiche e dal conflitto in Medio Oriente. Spesso i fattori non si mettono in correlazione, ma è ovvio che una guerra aldilà del Mediterraneo non può che avere dure ripercussioni sul tema migratorio. È quella brutalità che qui segnaliamo, quella proveniente dai territori limitrofi al Lago Ciad: al momento tutto questo è quasi completamente sconosciuto. Sono in pochi, davvero in pochi, ad aver compreso la complessità dietro i fenomeni migratori e fra questi, di certo, c’è Papa Francesco, che sa guardare davvero il mondo.