L'ex viceministra degli esteri
“Ospedali al capolinea, malati senza cure e fondi ridotti alla sanità: è la ricetta Meloni”, parla Marina Sereni
«Questo anno scolastico vedrà il numero più alto di precari di sempre. Il governo parla di tagliare l’assegno unico. Ridotti del 20% i fondi del Pnrr destinati alla sanità. Il Pd sarà il perno di una forte opposizione»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
Marina Sereni, responsabile Salute e Sanità nella Segreteria nazionale del partito democratico, già viceministra degli Esteri: L’autunno si prospetta politicamente rovente. Quali le priorità del Pd?
Sono le priorità della maggioranza delle famiglie e delle persone che vivono nel nostro Paese: il lavoro, la sanità, la casa, la scuola. Il governo Meloni – occupando ogni spazio possibile nella comunicazione – cerca di descrivere un’Italia che va a gonfie vele, ma chi vive di pensione o di stipendio, tanti giovani e tante donne ma anche molte aree territoriali incontrano grandi difficoltà e vedono la realtà per quello che è. Il costo della vita aumenta ma i salari no, il lavoro povero tocca milioni di persone, l’occupazione dei giovani e delle donne non cresce come dovrebbe. La nostra battaglia per il salario minimo non si è fermata, stiamo raccogliendo le firme per la legge d’iniziativa popolare, torneremo a riproporre questa emergenza in Parlamento con la spinta della mobilitazione popolare. Tanti cittadini non riescono a curarsi, le liste d’attesa non si accorciano, le carenze di personale sanitario colpiscono sia gli ospedali che la medicina territoriale. Hanno voluto affossare la legge Schlein per aumentare la spesa sanitaria fino alla media Ue del 7,5% del Pil e per sbloccare le assunzioni ma l’allarme per la crisi del Ssn secondo il Censis è avvertito dal 90% degli italiani (non certo tutti elettori del centrosinistra!). Stanno riaprendo le scuole e le famiglie con figli toccano con mano l’aumento delle spese per libri e materiali scolastici mentre si preannuncia un inizio anno con il numero più altro di insegnanti precari di sempre. E ora circolano indiscrezioni allarmanti secondo cui il governo vorrebbe toccare l’assegno unico per i figli, l’unica misura universalistica e concreta che aiuta le famiglie con figli. Dopo i tagli alle misure di contrasto della povertà, al fondo per gli affitti, alle risorse per la disabilità questo sarebbe un colpo davvero drammatico per le famiglie meno abbienti.
Elly Schlein ha molto insistito sull’importanza dell’essere uniti. Ma cosa differenzia questa sottolineatura dall’annoso e ripetitivo dibattito sul “campo largo”? E in questo campo vorrebbe rientrare Matteo Renzi.
Il risultato delle elezioni europee e amministrative di giugno ha dato ragione alla strategia di Elly Schlein. Se il Pd torna ad essere chiaro e netto su alcune grandi questioni sociali gli elettori e le elettrici ci premiano. Ma da soli non bastiamo a sconfiggere una destra incapace e pericolosa che sta insieme solo per la gestione del potere ma non ha una visione sul futuro dell’Italia in Europa e nel mondo. E infatti nei Comuni abbiamo ottenuto risultati molto positivi perché abbiamo saputo costruire alleanze ampie, unendo forze politiche diverse e movimenti civici. Non è un fatto matematico o geometrico: quello che conta sono le proposte, i contenuti. Lavoriamo per vincere nelle tre regioni che vanno al voto entro l’anno – Liguria, Emilia-Romagna, Umbria – e da lì costruiamo la spinta per un programma e un campo dell’alternativa credibile anche a livello nazionale. Il Pd è il perno di questa alternativa e spenderemo ogni energia in questa direzione. Non una alleanza “contro” ma un progetto “per” che susciti entusiasmo e speranza nei ceti produttivi, nel mondo della cultura, tra i giovani, tra le donne. Non dimentichiamoci mai l’astensionismo, è fondamentale costruire percorsi di partecipazione democratica dal basso. Per questo non mi appassiono alle polemiche di giornata sul ruolo di questo o quel nome. C’è da lavorare, e tanto, per conquistare la fiducia degli elettori e delle elettrici cui questa destra non dà risposte. Partiamo dai temi e non dalle formule.
Si dice, a ragione, che per valutare lo stato di benessere e di civiltà di un Paese, è bene visitare un ospedale. Due anni di governo di destra cosa hanno comportato nel settore di cui lei è responsabile nazionale per il Partito democratico?
Meloni ha cercato di rispondere alla nostra mobilitazione in difesa della sanità pubblica, alle proteste delle regioni (anche quelle amministrate dalla destra), agli appelli degli esperti e degli scienziati con tante promesse e nessun fatto. Le prime due leggi di bilancio di questo governo hanno segnato un ritorno ai tagli sulla sanità. Dopo i sacrifici e lo sforzo enorme fatto nel periodo del Covid con i governi Conte 2 e Draghi. Va detto che anche noi abbiamo avuto responsabilità nei decenni passati, riducendo i finanziamenti per la sanità, ma con la pandemia abbiamo toccato con mano le criticità del Ssn. La spesa sanitaria è un investimento, non un costo, indispensabile anche per garantire crescita e sviluppo. Per questo l’obiettivo di allineare la nostra spesa sanitaria alla media europea del 7,5% del Pil non è un lusso ma una necessità. La destra non ci crede ed è andata oltre i tagli in bilancio: sul Pnrr hanno ridotto del 20% ospedali e case di comunità, hanno scippato alle regioni 1,2 miliardi per la messa in sicurezza degli ospedali, hanno provato a cancellare perfino i pochi fondi per i Disturbi dei comportamenti alimentari, operazione sventata solo grazie alla grande mobilitazione delle associazioni. Hanno approvato una norma per favorire le associazioni antiabortiste nei consultori, anziché preoccuparsi di aumentarli e farli funzionare con il personale necessario, mentre al Senato stanno proponendo una brutta legge sulla salute mentale che rappresenterebbe – proprio nell’anno basagliano – un passo indietro inaccettabile rispetto ai principi della legge 180 ancora oggi validi e da attuare. Per non parlare dell’autonomia differenziata la cui attuazione sarebbe devastante in un sistema sanitario in cui già troppe sono le diseguaglianze territoriali. Giro per tutta Italia e dovunque trovo cittadini arrabbiati e professionisti preoccupati, demotivati, a volte sull’orlo delle dimissioni dal Ssn. E allo stesso tempo trovo grande voglia di battersi per impedire a questa destra di distruggere il Ssn che è considerato da tutti un inestimabile patrimonio e un presidio irrinunciabile di cittadinanza ed equità.
Qual è il discrimine di fondo?
La destra non ha il coraggio di dire apertamente che vuole smantellare il Ssn, anche perché sente che i cittadini chiedono il contrario. Ma al tempo stesso nessuno – né nel governo né nella maggioranza – considera questa una priorità. Noi non ci fermeremo, continueremo a batterci in Parlamento e nel Paese. Per chiedere più risorse e più personale, ma anche per cominciare a delineare una nuova idea di sanità pubblica, che faccia i conti con i profondi mutamenti che la società e la scienza hanno attraversato. Più prevenzione, più prossimità, più integrazione tra sanitario e sociale, maggiore diffusione delle nuove tecnologie, maggiore collaborazione tra le diverse professionalità, maggiore attenzione all’appropriatezza e all’uso efficace delle risorse pubbliche. Su tutto questo vogliamo aprire una grande campagna di ascolto e dialogo con i cittadini, con gli operatori e le operatrici, con gli amministratori locali. La battaglia è politica ma anche culturale e la possiamo vincere se coinvolgiamo le nostre comunità per indicare le riforme necessarie al rilancio della sanità universalistica e pubblica.
Il 2024 è stato un anno elettorale. Non ancora concluso: a novembre si vota in Emilia-Romagna, Liguria e Umbria. Divisi si perde: i 5Stelle, lacerati dal dibattito interno, hanno imparato la lezione?
Tutti dovremmo aver imparato la lezione. In Emilia-Romagna e in Umbria la scelta delle candidature a presidente di Michele De Pascale e di Stefania Proietti hanno consentito anche di arrivare rapidamente a coalizioni aperte e larghe, cui possono riconoscersi tutte le forze che oggi non sono nel centrodestra. Mi auguro che in queste ore si trovi il modo di concludere anche il confronto sulla Liguria, a partire dalla candidatura di Andrea Orlando considerata da tutti la più autorevole e forte.
A proposito di elezioni. A novembre si vota negli Stati Uniti. Kamala Harris può farcela contro Donald Trump? Per Conte non ci sarebbe particolare differenza.
La rinuncia di Biden e la candidatura di Kamala Harris hanno sicuramente riaperto una partita che Trump pensava di aver già vinto. Sarà comunque una battaglia dura, non mancheranno i colpi bassi e le fake news, ma credo che i Democratici abbiano dimostrato grande unità e capacità di reazione. Da donna e da progressista non posso che fare il tifo per Kamala Harris, che ha tutte le caratteristiche per poter vincere e guidare quella grande democrazia.
Si vota e si combatte. Sul fronte ucraino, in Medio Oriente.
È un momento particolarmente drammatico, angosciante. Il fragore delle armi non accenna a placarsi né in Ucraina né in Medio Oriente. E oltre ai lutti dei popoli che stanno vivendo la guerra nella cruda violenza quotidiana guardiamo con inquietudine ai rischi di espansione di questi conflitti militari. Aiutare l’Ucraina a resistere e a difendersi e invocare il cessate il fuoco in Medio Oriente è importante ma non basta. L’Europa dovrebbe in entrambi i teatri esercitare il massimo sforzo politico e diplomatico. È necessario moltiplicare le iniziative per la liberazione degli ostaggi e la fine della violenza. In queste ore è urgente fermare l’azione del governo Netanyahu, che, in nome della legittima lotta al terrorismo, ormai da mesi sta compiendo azioni inaccettabili contro i civili a Gaza e ora ha lanciato una pericolosa e illegale operazione militare in Cisgiordania. Riconoscere lo Stato di Palestina e sostenere l’Anp è necessario per isolare le fazioni terroriste e mantenere aperta la prospettiva “due popoli, due Stati”.