L'appello rivolto all'Unità

“Riconosceteci, finché la Palestina esiste ancora”, l’appello del ministro al-Maliki

Le drammatiche parole affidate da Riad al-Maliki al nostro giornale: “Israele sta cancellando il nostro Paese. Roma dia una chance alla pace”

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

31 Agosto 2024 alle 07:00

Condividi l'articolo

“Riconosceteci, finché la Palestina esiste ancora”, l’appello del ministro al-Maliki

Mentre Israele colonizza la Cisgiordania, mentre nella Striscia di Gaza, a Rafah, si consuma l’ennesima strage, c’è un atto simbolico dalla fortissima valenza politica che l’Europa dovrebbe compiere: riconoscere ufficialmente lo Stato di Palestina. Ad oggi sono nove i paesi europei che lo hanno fatto: Spagna, Irlanda, Norvegia, Svezia, Bulgaria, Cipro, Ungheria, Polonia, Romania. A livello delle Nazioni Unite, secondo l’Anp, questa posizione è stata assunta dal 70% dei membri: 142 su 193.

Tra loro non ci sono l’Italia e gli Stati Uniti. E all’Italia si rivolge, attraverso le colonne de l’Unità, il ministro degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese Riyad al-Maliki: “Mentre Israele è impegnato in una devastante guerra di vendetta, riconoscere lo Stato di Palestina – afferma al-Maliki – è un’assunzione di responsabilità non solo verso il popolo palestinese ma per ridare una chance ad una pace giusta, duratura. Una pace tra pari”. Una pace, aggiunge il ministro palestinese che “ristabilisca la legalità internazionale in Palestina, fondata su risoluzioni Onu approvate dal Consiglio di Sicurezza ma che Israele ha sempre disatteso”. Il fattore tempo è decisivo. Gaza è ridotta ad un cumulo di macerie, in Cisgiordania è in corso una devastante offensiva militare dell’Idf. “Occorre fermare il genocidio in atto – è l’accorato appello di al-Maliki – prima che la Palestina sia cancellata e il suo popolo annientato”.

Nell’appello affidato a l’Unità riecheggia quanto il ministro degli Esteri palestinese – lontano anni luce per storia e formazione da Hamas – ebbe a dire il 19 febbraio scorso rendendo la parola davanti alla Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, all’Aia: «Sono qui davanti a voi mentre 2,3 milioni di palestinesi a Gaza, metà dei quali bambini, vengono assediati e bombardati, uccisi e mutilati, condannati alla fame e sfollati; mentre più di 3,5 milioni di palestinesi in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, sono soggetti alla colonizzazione del loro territorio e alla violenza razzista che la consente; mentre 1,7 milioni di palestinesi in Israele sono trattati come cittadini di seconda classe e intrusi non graditi nella loro terra ancestrale; mentre a 7 milioni di rifugiati palestinesi continua a essere negato il diritto di tornare alla propria terra e alla propria casa». Da allora sono trascorsi più di sei mesi e la situazione è peggiorata, in termini di morti (oltre 40mila), di feriti (più di 90mila), di condizioni di vita impossibili per un essere umano.

Non è più tempo di rinvii, di prese di posizione cerchiobottiste che tanto piacciono a chi oggi governa l’Italia. Sostenere che non è tempo, vuol dire essere complici degli annientatori. Un concetto esplicitato da una delle figure di primo piano della leadership palestinese: Hanan Ashrawi. Portavoce della delegazione palestinese ai colloqui di Oslo-Washington, più volte ministra dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), è stata la prima donna a ricoprire l’incarico di portavoce della Lega Araba, paladina dei diritti umani nei Territori. “Quello in atto è un genocidio – ci dice Ashrawi dal suo ufficio a Ramallah -. In Cisgiordania siamo già oltre un regime di apartheid, le milizie armate dei coloni spadroneggiano, assaltando impunemente villaggi palestinesi. A Gaza è l’inferno in terra. Riconoscere lo Stato di Palestina oggi, subito, è il minimo dovuto se non si vuol essere complici dei carnefici che continuano a voler passare come vittime”.

Dice a l’Unità Arturo Scotto, parlamentare e membro della Direzione nazionale del Partito democratico, tra i più impegnati sul tema: “Il governo di Israele – dopo 10 mesi di bombardamenti a Gaza e 40000 morti – ormai sembra aver scelto di chiudere persino la pratica della Cisgiordania e rafforzare l’occupazione. Evacua villaggi e spiana la strada a un ulteriore incremento delle colonie. Tra poco il tema di uno Stato della Palestina resterà poco più che un genere letterario. Per questo servirebbe che i governi occidentali battessero un colpo. E riconoscessero uno Stato dando un segnale a Netanyahu e al suo governo estremista”. La diplomazia cerca di battere un colpo. L’Onu chiede la fine «immediata» dell’operazione condotta da Israele nella Cisgiordania occupata. La richiesta, già avanzata nei giorni scorsi, è stata ribadita dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che ha espresso la sua «profonda preoccupazione» per l’operazione di Israele. L’ufficio per gli Affari umanitari delle Nazioni Unite ha avvertito della continuazione di «operazioni militari vicino agli ospedali» e dei «gravi danni» inflitti alle infrastrutture, con interruzioni di elettricità e telecomunicazioni in alcuni punti.

Da Bruxelles a Madrid. Il governo spagnolo ha chiesto espressamente a Israele di fermare le operazioni militari che sta effettuando negli ultimi giorni in Cisgiordania, insistendo sulla necessità di rispettare la legalità internazionale e facendo appello a una ‘de-escalation’. “Le operazioni militari di Israele che estendono la violenza in Cisgiordania sono molto gravi, e devono essere fermate”, ha dichiarato il ministero degli Esteri in un comunicato, in cui si manifesta la condanna delle operazioni contro presunti terroristi palestinesi, che ha già provocato numerose vittime. Il premier Pedro Sanchez, alla vigilia della sua recente visita a Dakar, aveva già espresso la condanna per le azioni militari dell’esercito israeliano in Cisgiordania.

“Dal governo spagnolo abbiamo sempre difeso l’ordine internazionale, il rispetto alla legalità internazionale e pertanto la condanna totale e ferma di ogni sofferenza che vive in questo caso la popolazione palestinese sia a Gaza che in Cisgiordania”, aveva dichiarato il capo del governo. E l’Italia? C’è qualcuno alla Farnesina o a Palazzo Chigi disposto ad ascoltare l’accorato appello del ministro degli Esteri palestinese? O si continuerà ad affermare, come da copione malamente recitato, che non è il momento, o che sarebbe un cedimento ad Hamas. Tre quarti dei paesi membri dell’Onu l’hanno riconosciuto. Presidente Meloni, perché non fa questo passo? Teme di passare per antisemita?

31 Agosto 2024

Condividi l'articolo