Migranti e lager
Chi era Bija, il trafficante di migranti libico ucciso da un commando: aveva trattato con l’Italia
Sarebbe stato ucciso in un agguato a Tripoli, nessuna rivendicazione. Il trafficante al centro di inchieste giornalistiche che avevano ricostruito incontri con autorità italiane. Lo chiamavano Bija per la sua ammirazione per Roberto Baggio
News - di Redazione Web
Abdul Rahman al Milad era diventato noto come Bija: era sottoposto a sanzioni delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea con l’accusa di essere a capo di una grossa organizzazione attiva nel traffico di esseri umani in arrivo dall’Africa all’Europa. Sarebbe stato ucciso ieri nel tardo pomeriggio, secondo quanto riferito da funzionari citati da Associated Press, in un agguato di un commando a Tripoli. In Italia era diventato noto per alcune inchieste giornalistiche secondo cui Bija avrebbe trattato direttamente con il governo italiano per gestire i flussi di migranti.
La Libia è uno Paese al tempo stesso dilaniato, dalla caduta di Gheddafi e dalle Primavere Arabe, dalle faide interne tra milizie, governi provvisori o riconosciuti a metà e fondamentalisti islamici e tra i principali Paesi da cui partono i migranti, in arrivo da tutta l’Africa, per raggiungere l’Europa dopo aver attraversato il Mediterraneo. Bija faceva parte della cosiddetta Guardia Costiera libica, in realtà un’organizzazione di milizie finanziate e addestrate da Italia e Unione Europea per gestire il traffico di migranti. Ovvero per bloccarlo con la violenza.
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Chi era Bija
Lo chiamavano Bija per la sua passione per il calcio e in particolare per la sua ammirazione per Roberto Baggio. Era diventato noto a livello internazionale nel 2017 per la sua attività nel traffico e per il suo coinvolgimento in operazioni di contrabbando della “Brigata Nasr” della tribù Awlad Buhmira. Secondo una lunga inchiesta della giornalista Nancy Porsia aveva lasciato l’accademia navale nel 2011 per unirsi ai ribelli che volevano rovesciare il regime di Gheddafi, prima di arrivare a capo della Guardia Costiera di Zawiyah. Era già stato arrestato nel 2020 dal governo libico guidato da Fayez Al Sarraj per il suo coinvolgimento nel traffico, era stato liberato sei mesi dopo le proteste e le ritorsioni scoppiate nella sua città, Zawiya, nell’ovest della Libia. Già nel 2021 sceglieva e addestrava i nuovi ufficiali della Guardia Costiera Libica. Il Times aveva diffuso un video in cui lo si vedeva frustare alcuni migranti soccorsi in mare.
Le inchieste giornalistiche su Bija
Il nome di Bija divenne noto per essere al centro di diverse inchieste di giornali italiani e media internazionali. Un’inchiesta condotta dalla procura di Agrigento metteva Bija e il cugino Osama al-Khuni al centro di un’organizzazione di traffico internazionale di esseri umani e torture. Il clan al-Nasr era stato anche accusato di traffico di armi e di droga. Al Milad era stato anche inserito nella lista del Comitato delle Sanzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite “dal giugno 2018 per il suo coinvolgimento nel traffico di esseri umani e nel contrabbando di carburante. È stato anche soggetto a un bollettino speciale” dell’Interpol (l’Organizzazione Internazionale della Polizia Criminale) e a “un mandato di arresto emesso nell’aprile 2019 dalla Procura Pubblica di Tripoli con l’accusa di traffico di esseri umani e contrabbando di carburante”, come ricordò la Missione dell’Onu in Libia (Unsmil).
Gli incontri con le autorità in Italia
Bija era diventato più noto in Italia quando nel 2019 fu al centro di un’inchiesta del quotidiano Avvenire, secondo cui il trafficante due anni prima aveva partecipato ad incontri tra autorità italiane – non è mai stato chiarito quali autorità – e rappresentanti libici. Il governo – all’epoca il ministro dell’Interno era Marco Minniti – ha sempre smentito. Bija avrebbe rappresentato in quelle occasioni nelle vesti di comandante della Guardia Costiera di Zawiya. L’articolo di Nello Scavo sosteneva come l’incontro a Catania fosse la prova della collaborazione tra Italia e trafficanti libici per bloccare il flusso di migranti. All’articolo era allegata una foto di Bija, mentre le facce di tutti gli altri partecipanti erano state oscurate.