Il caso dell'ex presidente della Liguria

“Intercettazioni a Toti fuori misura”, l’accusa di Petrelli

Il presidente dell’Unione delle camere penali: “L’ex governatore della Liguria non ha avuto diritto di difesa adeguato alla gogna mediatica subita”

Giustizia - di Angela Stella

5 Settembre 2024 alle 14:30

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“Intercettazioni a Toti fuori misura”, l’accusa di Petrelli

Le intercettazioni nel caso Toti: accuse di eccessiva invasività

«La circostanza emersa di recente della durata pluriennale delle intercettazioni ambientali e telefoniche disposte nel procedimento a carico di Giovanni Toti, non solo appare inammissibilmente sproporzionata rispetto all’oggetto del processo, ma mette in luce i rischi connessi alla arbitrarietà priva di sanzioni della scelta da parte del pm, delle incolpazioni di ambito mafioso dalle quali discende l’utilizzo di tale strumento intercettativo». Così il presidente dell’Unione Camere penali, Francesco Petrelli, dopo il racconto dell’ex governatore della Liguria, Giovanni Toti, a Quarta Repubblica.

Petrelli: un sistema che compromette il diritto di difesa

«Per non dire della conseguente compressione del diritto di difesa» – ha aggiunto il leader dei penalisti – «dovendosi l’imputato confrontare con una quantità così incommensurabile di dati intercettativi da rendere impossibile il controllo dei relativi contenuti, e dunque del tutto iniqua tale modalità di acquisizione probatoria. Non vi può essere equilibrio fra i poteri se non c’è equilibrio nell’utilizzo dei relativi mezzi». Secondo Petrelli: «Nel nostro sistema processuale i limiti, i modi e la invasività delle intercettazioni dipendono dal reato ipotizzato e tale scelta è appannaggio del pm titolare che, quindi, attraverso la formulazione dell’accusa, sceglie di fatto le modalità più o meno intrusive di ricerca della prova. Un sistema che si presta evidentemente a facili strumentalizzazioni, perché, quale che sia alla fine il reato accertato, la prova resta valida. È un sistema che va ripensato».

Conclude l’avvocato: «La riforma Orlando ha finito di fatto con il privilegiare la tutela del terzo intercettato rispetto al diritto di difesa, in quanto si nega all’indagato la possibilità di avere copia delle intercettazioni non inserite dal pm nel fascicolo processuale, rendendo spesso molto arduo – se non impossibile – il lavoro di ricerca negli archivi riservati della procura. Nel processo Toti – ma nei processi di mafia magari meno esposti mediaticamente questo accade spesso – si tratta di monitorare anni e anni di intercettazioni che gli archivi non riescono neppure a contenere, dovendo ricorrere a server esterni. Anche tali modalità costituiscono un grave vulnus alle garanzie di corretta e integrale gestione dei dati».

5 Settembre 2024

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