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L’agonia di Sangiuliano: l’intervista flop al Tg1 del ministro sempre più a rischio

L’agonia di Sangiuliano: l’intervista flop al Tg1 del ministro sempre più a rischio

Sarà stata la scelta giusta? Ed è quella definitiva? A Chigi se lo chiedono in molti e sembra che il dubbio alberghi anche nella stessa premier che quella scelta ha fatto: esporre il suo ministro della Cultura a pubblico ludibrio, oggetto di barzellette e battutacce in ogni bar e in tutte le case, spingerlo a un’autodafè umiliante in un’intervista in cui ogni virgola sia nelle domande che nelle risposte pareva da copione, pur di evitare il rischio di un rimpasto innescato dalle dimissioni di Gennaro Sangiuliano.

Il prezzo è stato altissimo per Sangiuliano, messo in una condizione nella quale nessun ministro della Repubblica si era mai trovato, ma esoso anche per la premier. Il rischio di ritrovarsi al G7 della Cultura con il ministero specifico vacante pare evitato, ieri anzi Sangiuliano ha tempestato le agenzie con comunicati il cui scopo essenziale era dimostrare che è in funzione e nel pieno delle sue prerogative. In compenso il ministro non si troverà a proprio agio tra i colleghi del G7 e se, come è probabile, l’appuntamento di Pompei sarà cancellato nel dubbio che Maria Rosaria Boccia sapesse più di quanto non si ammetta le risatine e gli ammiccamenti non mancheranno. L’immagine del ministro è uscita smantellata dall’intervista gogna ma quella del governo tutto non ne viene fuori molto meglio, senza contare l’ira tutt’altro che sedata di Salvini per quel goffo tentativo del collega di tirarlo in mezzo.

L’intervista al ministro Sangiuliano: le critiche

L’opposizione è sul sentiero di guerra più di prima. Al lungo elenco di critiche e j’accuse se ne è anzi aggiunto un altro, quello di uso privato del servizio pubblico. In effetti un’intervista chilometrica, scombinando tutti i palinsesti, decisa non a viale Mazzini ma a palazzo Chigi e condotta direttamente dal direttore del Tg1 è una primizia assoluta e non di quelle che ci si augura vengano ripetute presto. Tanto che l’ufficio di presidenza della Commissione di vigilanza Rai verrà convocato “con la massima urgenza” per trattare le faccenda. Ma nel complesso è un prezzo che Meloni ritiene fosse comunque giusto pagare pur di evitare la giostra infernale del rimpasto e l’obbligo di affrontare subito lo spinoso caso Santanchè, incombenza inevitabile se avesse accolto le dimissioni del ministro innamorato.

Insomma, se era quello era lo scotto per mettere a tacere dopo giorni di slavina crescente un caso che, partito dal niente o quasi niente, si è poi ingigantito come una valanga soprattutto per gli errori e le topiche del ministro. Il calcolo della regia era probabilmente anche più sottile: molto meglio una questione di cuore e corna, anche a costo di rendere il pettegolezzo dilagante e di moltiplicare le beffe, che non un problema politico. Solo che non è affatto detto che il gioco riesca. La consulente non ammutolisce. Ieri ha postato il suo bravo messaggio e se l’è presa direttamente, pur se al solito con modalità sibilline, con la premier: “Non sono io ad aver creato il ricatto. Sono coloro che occupano i palazzi del potere”. “Chi ha davvero fatto gossip, io, lui o l’altra persona?”.

Le dichiarazioni di Simona Boccia

Parlando con la Stampa Boccia ha fatto capire che l’altra persona in questione è Giorgia Meloni e proprio la Stampa pubblicherà oggi un’intervista esclusiva con la protagonista del feuilleton. È un’intervista che palazzo Chigi teme, anche se meno dell’ipotesi non confermata di un’apparizione televisiva a In Onda, su La 7, stasera. È una voce non confermata ma basta a tenere la premier e il suo staff sulla corda, nel timore che qualcos’altro da tirare fuori Maria Rosaria ce l’abbia. Che cosa? L’aspetto assurdo è che nessuno lo sa e neppure lo immagina. Per tutta la giornata, ieri, si sono moltiplicate voci fantasiose, ipotesi più o meno bislacche, leggende metropolitane. La conclusione, per ora, è che nonostante l’esposizione impietosa del ministro in tv la vicenda non è chiusa. Non è neppure detto che abbia già dato il peggio e neppure che la parola dimissioni non torni in ballo presto e forse prestissimo.