Il cantante bolognese
Luca Carboni: “Ho avuto un tumore ai polmoni, la malattia è un’esperienza collettiva, mi ha dato libertà”
Per due anni lontano dalle scene. "Un po' di tosse che non passava, uno choc. Pensi che a te non toccherà mai. Ora ho voglia di ritrovare le persone". A novembre una mostra
News - di Redazione Web
Luca Carboni è tornato a parlare dopo due anni lontano dai riflettori. Ha raccontato, in una lunga intervista a Il Corriere della Sera, a Walter Weltroni, di essersi curato da un tumore ai polmoni. Ha staccato con il mondo mentre stava registrando un album nuovo e una canzone che aveva intenzione di proporre a Vasco Rossi, Rimini d’estate. Era previsto un album nuovo e un tour. In pochi minuti è crollato tutto, il tumore era grande e difficile da operare.
“A marzo del 2022 mi è stato diagnosticato un tumore al polmone. Un po’ di tosse che non passava, la decisione di fare una lastra. Uno choc. Sono rimasto senza parole, quella malattia sta nella nostra vita, ma pensi che a te non toccherà mai. Improvvisamente tutto è cambiato”. A novembre tornerà con una mostra dei suoi quadri a Bologna, curata da Luca Beatrice e prodotta da Elastica, la pittura è l’altra sua grande passione che lo ha aiutato in questi anni.
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Gli esordi di Luca Carboni
Lui che non si sentiva un frontman, che non pensava di poter cantare, di non avere il phisique du role, e che nel frattempo ha venduto più di cinque milioni di dischi. “Ho sempre pensato che, in fondo, fosse un incidente di percorso”. Ha pubblicato 18 album, 12 in studio, 1 live e una serie di raccolte. Quando tornerà a cantare, la prima canzone che tornerà sarà Primavera. E vorrebbe che fosse a Bologna, la sua città. Ha ricordato, nella stessa intervista, dei suoi esordi. Di quando mise i suoi testi in una busta per Ron e la lasciò a Vito, il titolare della nota osteria di Bologna, dove quei testi li lessero Lucio Dalla e gli Stadio.
La malattia, la cura, l’incontro con gli altri
“La malattia, sovrastando ogni impegno, mi ha dato una sensazione di libertà. Anche creativa. Non avevo scadenze, vincoli. Non dovevo rendere conto di lentezze e ritardi a nessuno. Ora ho voglia di riaprire la porta della mia vita, di ritrovare le persone”. Ha raccontato di come questa esperienza, di fronte alla possibilità che gli restasse poco ancora da vivere, abbia rafforzato la sua convinzione spirituale, la sua fede.
Si è curato al Sant’Orsola a Bologna, prima con una massiccia cura di chemioterapia e quindi con un’operazione per l’asportazione. Ha continuato con l’immunoterapia. “Questa esperienza mi ha messo in contatto con tante persone. Ho frequentato oncologia, ho vissuto le storie di tanti malati. Il tumore non è un’esperienza individuale, ma collettiva. Non puoi sentirti guarito se non è guarito l’altro, la persona che avevi a fianco mentre facevi le flebo. In questi anni ho pregato per me, ma anche per chi condivideva il mio stesso percorso. Come un mio amico dell’isola d’Elba, che ha scoperto il mio stesso male ma non ce l’ha fatta”.