La denuncia del giornalista

Israele piange i 6 ostaggi e ignora i 40 mila morti che ha causato

La denuncia del giornalista israeliano Gideon Levy su Haaretz: “Due pesi e due misure non solo per i vivi ma persino per i morti”. E il mondo è impassibile come Israele

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

10 Settembre 2024 alle 13:30

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Palestinians look at the destruction after an Israeli airstrike on a crowded tent camp housing Palestinians displaced by the war in Muwasi, Gaza Strip, Tuesday, Sept. 10, 2024. An Israeli strike killed at least 40 people and wounded 60 others early Tuesday, Palestinian officials said. Israel said it targeted "significant" Hamas militants, allegations denied by the militant group. (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
Palestinians look at the destruction after an Israeli airstrike on a crowded tent camp housing Palestinians displaced by the war in Muwasi, Gaza Strip, Tuesday, Sept. 10, 2024. An Israeli strike killed at least 40 people and wounded 60 others early Tuesday, Palestinian officials said. Israel said it targeted "significant" Hamas militants, allegations denied by the militant group. (AP Photo/Abdel Kareem Hana)

È vero, come sosteneva il presidente Mao Zedong, che “vi sono morti che pesano come piume e morti che pesano come montagne”. E la morte di oltre 40mila palestinesi, la maggioranza dei quali donne e bambini, uccisi a Gaza, nella percezione di moltissimi israeliani, pesano come piume, spazzate via dal vento dell’odio e della vendetta. Ne dà conto la “coscienza critica” d’Israele: Gideon Levy.

Scrive Levy su Haaretz: “Israele piange i sei ostaggi uccisi. Anche il mondo li piange. I loro nomi, le loro foto, le loro storie di vita e le loro famiglie hanno animato i telegiornali di Israele e di tutto il mondo. Hersh Goldberg-Polin e Eden Yerushalmi sono diventati delle celebrità contro la loro volontà, durante la loro prigionia e la loro morte. Il mondo ha pianto per loro – è impossibile non farlo: sei bellissimi giovani che hanno vissuto l’inferno della prigionia prima di essere brutalmente giustiziati”. La loro morte è atroce, il dolore dei familiari indicibile, la vicinanza è un dovere morale. Ma…

“Ma – rimarca Levy – i nostri sei ostaggi sono solo la punta della storia, una piccola frazione delle vittime della guerra. Il fatto che siano diventati una storia globale è comprensibile. Meno comprensibile è l’incredibile contrasto tra l’ampia copertura della loro vita e della loro morte e il totale disinteresse per l’analogo destino di persone della loro stessa età – incolpevoli, ingenue e belle come loro, e altrettanto vittime innocenti – da parte palestinese”. E qui si dipana la sciagurata politica, che si fa anche narrazione, dei due pesi, due misure. Nella vita. E nella morte. Annota Levy: “Mentre il mondo è sconvolto dalla sorte di Gaza, non ha mai tributato lo stesso rispetto alle vittime palestinesi. Il presidente degli Stati Uniti non chiama i parenti dei palestinesi caduti, nemmeno se, come i Goldberg-Polin, avevano la cittadinanza americana. Gli Stati Uniti non hanno mai chiesto il rilascio delle migliaia di rapiti palestinesi che Israele ha detenuto senza processo. Una giovane donna israeliana uccisa al Nova festival suscita più simpatia e compassione nel mondo di un’adolescente rifugiata di Jabalya. L’israeliana è più simile al ‘mondo’. È già stato detto tutto sul fatto che la sofferenza palestinese viene trascurata e nascosta nella conversazione pubblica israeliana, ma non è ancora stato detto abbastanza. Il palestinese ucciso a Gaza che aveva un volto, un nome e una storia di vita e la cui uccisione ha sconvolto Israele non è ancora nato”. E a sconvolgere non sono neanche le morti dei più indifesi tra gli indifesi, i più innocenti tra gli innocenti: i bambini.

Annota Levy: “Anche i 17mila bambini uccisi nella Striscia dall’inizio della guerra avevano speranze, sogni e famiglie che sono stati distrutti dalla loro morte. Per la maggioranza degli israeliani non hanno alcun interesse; una minoranza addirittura gioisce della loro morte. Nel mondo al di fuori di Israele sono visti come vittime terribili, ma anche lì di solito non hanno né nomi né volti. Il cuore degli israeliani è con le vittime israeliane. Niente di più comprensibile e umano. Ma un cordoglio nazionale di tale portata per sei ostaggi, nel totale disinteresse per le decine di migliaia di vittime palestinesi, è malato e immorale: una disumanizzazione senza un briciolo di umanità per le vittime, nemmeno per i bambini uccisi; per i bambini sfollati, orfani, malati, affamati o a cui sono stati amputati gli arti. Ci sono decine di migliaia di bambini di questo tipo a un’ora di macchina da Tel Aviv, e noi siamo del tutto indifferenti a loro. Israele ha inviato missioni di aiuto nelle Filippine. Più Israele piange i suoi ostaggi e i suoi morti, più diventa evidente l’inconcepibile divario tra il suo dolore nazionale e la sua totale apatia nei confronti delle vittime palestinesi. Non è difficile immaginare come si sentano i gazawi di fronte al mondo, che è stato scosso da sei ostaggi israeliani morti mentre perdeva interesse con una velocità allarmante per 40mila palestinesi morti. Inoltre, quando si parla di sequestri, si parla solo degli ostaggi israeliani”.

E si fa finta di dimenticare una enormità di ingiustizia che non data 7 ottobre 2023, ma che accompagna decenni della sofferenza palestinese. Afferma Levy: “Che dire delle centinaia e migliaia di palestinesi rapiti dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania; dei cosiddetti detenuti amministrativi, trattenuti senza processo; dei ‘combattenti illegali’ e dei lavoratori innocenti che sono stati catturati e di cui nessuno riporta il numero? Alcuni di loro, come minimo, sono detenuti in condizioni infernali. Anche loro hanno famiglie preoccupate che non hanno idea di cosa gli sia successo per 10 mesi; anche a loro vengono negate le visite del Comitato internazionale della Croce rossa. Questa settimana Sheren Falah Saab ha fatto un lavoro superlativo raccontando la storia di un palestinese di Gaza, Mohammad ‘Medo’ Halimy, un TikToker di 19 anni che è stato ucciso mentre andava a caricare il suo telefono. L’articolo è stato un raggio di luce nell’oscurità. Un palestinese morto a Gaza con un nome e un volto, grazie a TikTok e a Falah Saab. La storia di Medo provoca un groppo in gola, non meno del video di Eden Yerushalmi che Hamas ha diffuso questa settimana. È consentito” – conclude Levy – “dire queste cose nell’Israele di oggi?”. Ed è consentito, è la nostra chiosa finale, scriverne, parlarne, in Italia senza essere marchiati, dagli ultras di Netanyahu, di “antisemitismo”?

Ps: la riflessione di Gideon Levy è antecedente all’Aysenur Ezgi, la ventiseienne attivista internazionale di origine turca e passaporto americano uccisa da un soldato israeliani mentre difendeva la terra palestinese in Cisgiordania. Anche la sua morte, in Israele pesa come una piuma.

10 Settembre 2024

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