Caro Alessandro,
voglio essere sincero. Oltre ogni spudoratezza. I giorni difficili, per te, cominciano adesso che sei diventato, ritengo meritamente, ministro della Cultura di un governo agli occhi di molti, compresi i miei, segnato da un populismo incapace, vittimisti dal linguaggio passivo-aggressivo, analfabeti civili. Quanto alle venature di fascismo, c’è altrettanto modo di ravvisarle. E non vorrei dimenticare il familismo ostentato. I selfie delle sorelle Meloni, nella loro apparente insignificanza, sono in realtà una mediocre ostentazione piccolo-borghese rionale, quanto di più impolitico possa esistere, insieme al richiamo a dio-patria- famiglia.
Fossi in te, non farei invece caso a chi ti deride per l’assenza della laurea. Miserie non meno piccolo-borghesi, sebbene giungano da un contesto politico distante, antagonistico, rispetto alla Fiamma. Perdona ora se seguito nella franchezza, la ritengo però d’obbligo dopo gli insulti ricevuti dal Minculpop informale rappresentato dal “vostro” Osho, “intellettuale organico” dell’insieme politico subculturale che purtroppo hai intorno e al quale inevitabilmente vieni comprensibilmente, ma anche immeritatamente, associato. Dicevo: analfabeti civili, interessati soprattutto a un proposito di revanche dopo decenni, non so trovare altre parole, di domicilio nella “fogna” neo e post-fascista. Dimenticando perfino le parole nette sul portato criminale del fascismo stesso pronunciate un tempo da Gianfranco Fini, rimuovendole, anzi, per non indispettire la “zona grigia” endemicamente nostalgica del Ventennio. Così nel timore di perdere un pezzo di elettorato che riconosce ancora adesso nell’ombra di Mussolini un bene rifugio della memoria familiare.
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Potranno sembrarti luoghi comuni, purtroppo però ascoltando la Meloni e i suoi famigli non si vola oltre. Restando agli insulti ricevuti nei giorni scorsi per una semplice domanda sul perché neppure un meme sull’imbarazzante, se non tragico, caso Boccia-Sangiuliano mi sarei aspettato una parola di solidarietà anche da te, per discontinuità. E non sembri questo un dettaglio, una preoccupazione personale: quel lessico segnato da “tanfo di fureria” rappresenta un problema anche per il Palazzo in via del Collegio Romano, sede del ministero, dove ti trovi adesso. Ritrovarsi responsabile della Cultura in un paese dove uno dei principali impliciti editorialisti della destra si esprime dicendo “ti puzza il culo” a chi dovesse obiettare qualcosa, è un problema, ripeto, anche per te, si chiama, appunto, “fogna”. Parlare di semplici “pozzanghere” come hai detto tu è assolutorio, non basta.
Ci siamo conosciuti nella redazione del Foglio allora diretto da Giuliano Ferrara. Ero inizialmente convinto che mi guardassi di sbieco, vedendo in me un “comunista”. Errore. Incredibilmente sei stato invece l’unico che, quando mi è stata cancellata la rubrica dedicata ai “Conformismi”, ha manifestato sincere parole di vicinanza e stima, anche cercando di trattenermi nonostante gli altri mi ritenessero, diciamo così, indesiderabile, la mia firma irrilevante, forse anche insignificante. In quel momento esatto ho cominciato ad apprezzare la tua franchezza, la tua civiltà, il tuo essere persona degna di rispetto, un intellettuale che pone attenzione e ascolto alla complessità delle cose, in grado di comprendere anche il lato opposto della strada. Nulla a che vedere con altri piccini cortigiani, ruffiani professionali, che ho in mente con nomi e cognomi.
Anni addietro, ti ho anche consegnato la tessera del mio movimento, oggi disciolto, Situazionismo e Libertà, e lo dico per rendere omaggio alla tua capacità di comprendere appunto il dissimile, l’altro da sé, e l’ironia. Tra noi c’è consonanza, sì, intellettuale, meglio, propria degli uomini di mondo. Abbiamo avuto modo di parlare d’ogni cosa: dalla tua lettura di Gramsci e l’egemonia, cui hai dedicato un saggio (che pena vedere i “clientes”, cappello in mano, quando lo hai presentato a Roma!) a Louis-Ferdinand Céline, cui, forse lo ignori, ho dedicato la mia tesi di laurea, perfino di Robert Brasillach, scrittore collaborazionista francese. Mi hai confessato di riconoscerti adesso nelle ragioni del liberalsocialismo, correggimi se sbaglio? Tutte cose che forse sfuggono a certa destra diffusa che non possiede altro lessico se non “ZTL”, “zecche”, “Maalox”, “sinistri”, “professoroni”. Che pena deve essere averli intorno.
In molti ti rinfacciano il passato neofascista, estremista, a me invece il problema che debba ora riguardarti, temo, sia un altro. E lo esprimo citando, pensa un po’, non sembri un paradosso fuori luogo, Carlo Levi, che ne L’orologio, restituendo l’esperienza di Ferruccio Parri nel primo governo post-resistenziale, lo definì “un fiore su un letamaio”. Perché tu, a dispetto di tutto, perfino del dato di fatto che siano state le impresentabili, oscene, sorelle Meloni a volerti lì, nulla hai da spartire con una destra-destra piccina e regressiva, orgogliosa populisticamente dell’analfabetismo civile diffuso; certo, non ti sarà difficile fare meglio di Gennaro Sangiuliano, controfigura della maschera del pusillanime portata al successo dall’immenso Peppino De Filippo, ma dovrai lottare con la solitudine che giunge dall’essere individualità, ciò che personalmente ti riconosco.
Sei davvero certo di poter lasciare un segno che ti distingua dal misero piagnisteo del mondo a te politicamente prossimo cui ho già accennato? Così che si possa dire, diversamente da tutti loro, di un segno di discontinuità dall’aurea mediocritas finora dal governo mostrata perfino con soddisfazione? Perché questo conta, molto al di là dell’ambizione personale, ben oltre potersi ora fregiare degli alamari temporanei – ripeto: temporanei – di ministro. Hai l’obbligo, caro Alessandro, di deluderli. Di far presto addirittura piangere le sorelle Meloni. E smentire anche chi, pensando ai tuoi trascorsi, stia immaginando che sulla scrivania del Collegio Romano porterai la “Julleuchter”, cioè la Lanterna di Yule, il candeliere solstiziale, già onorificenza conferita da Himmler ai membri più fedeli delle SS. Per te stesso, sì, innanzitutto per mostrare un altrove che non sappia di piccino populismo da strapaese identitario. Un abbraccio e buon lavoro.
P.S. Sai già che molti adesso insinueranno che stia parlando bene della tua persona, come d’altronde ho già fatto in passato proprio su queste pagine, nella certezza di ottenere quanto prima una lettera ufficiale che mi investa primo ballerino della Scala?