Il caso della consigliera
Il Csm silura Natoli, sospesa per un avviso di garanzia
Sospesa la laica in quota FdI, indagata per abuso d’ufficio e rivelazione. Mirenda: “Inquietante, basta l’iscrizione nel registro per subire un procedimento di sospensione”
Cronaca - di Paolo Comi
Un componente del Consiglio superiore della magistratura non va bene o non è gradito? Non c’è alcun problema. E’ sufficiente contestargli un reato, anche inesistente, e scatta subito la sua sospensione. L’organo di autogoverno della magistratura non finisce mai di stupire. Quando si pensa di aver visto tutto, ecco arrivare qualcosa di nuovo e di ancora più stupefacente. Dopo il “turbo processo” toccato all’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, rimosso dalla magistratura in meno di un mese senza sentire mezzo testimone a difesa, questa volta è il turno del “processo di piazza”.
In spregio al principio di non colpevolezza stabilito dalla Costituzione italiana, la più bella del mondo, il Plenum di Palazzo Bachelet ha sospeso ieri la consigliera laica Rosanna Natoli. Per la sospensione dell’avvocata siciliana è stata sufficiente la sua iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura di Roma per un reato abolito dal Parlamento, l’abuso d’ufficio, ed un altro asseritamente commesso a 1000 km di distanza. Natoli, come ricordato ieri su questo giornale, aveva incontrato lo scorso novembre presso lo studio di un collega a Paternò una magistrata, la giudice catanese Maria Fascetto Sivillo, che mesi prima era stata da lei giudicata in sede disciplinare. La circostanza era diventata di pubblico dominio in quanto la magistrata aveva registrato di nascosto l’incontro e poi aveva consegnato lo scorso luglio, tramite l’avvocato Carlo Taormina, l’audio al Csm.
Natoli, chiamata a fornire spiegazioni, dopo aver definito “inopportuno” tale incontro, aveva comunque precisato di averla incontrata solo per un “atto di pietà” e solo dopo che era stata comunque emessa la sentenza. La Procura di Roma a cui il vice presidente del Csm Fabio Pinelli aveva subito trasmesso l’audio in questione, riversato su una chiavetta usb, pur non essendo competente territorialmente in quanto l’eventuale rivelazione del segreto della camera di consiglio sarebbe stata commessa a Paternò, iscriveva immediatamente Natoli nel registro degli indagati. Oltre alla rivelazione, Natoli era iscritta anche per abuso d’ufficio, un reato inesistente in quanto abolito dal Parlamento.
Natoli ha provato ieri a difendersi utilizzando argomenti giuridici e di diritto che non hanno fatto breccia al Csm. “La mia autonomia e indipendenza di consigliera del Csm è stata violata dalla Procura di Roma con quell’avviso di garanzia”, ha affermato Natoli, auspicando che “il procuratore generale della Cassazione, che è qui, e il ministro della Giustizia valutino questi comportamenti”. Fra i punti contestati dalla Natoli la stessa chiavetta usb che non è stata mai sottoposta in queste settimane ad alcun accertamento ufficiale da parte di un consulente. “Bisognava sequestrare il telefono della dottoressa Fascetto e periziarlo, ma nessuno l’ha fatto», ha sottolineato. L’avvocata siciliana ha colto poi l’occasione per rispedire al mittente le ricostruzioni giornalistiche secondo cui sarebbe stata eletta al Csm “perché amica del presidente del Senato Ignazio La Russa, come una senza arte né parte finita qui solo per via di quell’amicizia”. “Sono considerazioni che dimostrano come non ci siano tetti di cristallo da sfondare, ma solo un muro di gomma maschilista e sessista”, ha ricordato.
Al termine del voto, a scrutinio segreto, a favore della sospensione si sono espressi in ventidue, verosimilmente tutti i togati di tutti le correnti tranne l’indipendente Andrea Mirenda, che aveva preannunciato pubblicamente il suo voto contrario. Contro la sospensione anche gli altri cinque laici eletti su indicazione del centrodestra. Due gli astenuti. “La questione di diritto affrontata dal Plenum va ben oltre il “caso Natoli” e proietta ombre inquietanti sulla futura libertà del Consiglio: da oggi, difatti, ogni singolo consigliere potrà essere sottoposto al pregiudizio di un procedimento di sospensione dalle proprie funzioni di rilevanza costituzionale sulla base di una mera iscrizione nel registro degli indagati”, ha commentato amaro Mirenda. “Facile cogliere – ha aggiunto il giudice veronese – la parabola paradossale di un atto, l’iscrizione, che sebbene pensato esclusivamente in funzione di garanzia, diviene oggi la condizione necessaria e sufficiente per l’esposizione del consigliere a pesantissima minaccia”. Nulla di nuovo.