La corsa alle presidenziali Usa

“Harris recupera consensi mostrandosi moderata, Trump fa solo supercazzole”, parla Alessandro Carrera

«Kamala ha recuperato consensi accantonando l’idea di una sanità pubblica per tutti: in Europa sarebbe inspiegabile. Donald è un animale tv ma quando si infuria diventa Tognazzi»

Esteri - di Filippo La Porta

13 Settembre 2024 alle 09:00 - Ultimo agg. 13 Settembre 2024 alle 11:34

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“Harris recupera consensi mostrandosi moderata, Trump fa solo supercazzole”, parla Alessandro Carrera

Caro Alessandro Carrera, sei oggi il direttore del Dipartimento di Lingue classiche e moderne a Houston, e poi saggista, poeta e romanziere, inoltre il massimo esperto di Dylan in Italia, e – impresa meritoria – editor di Cacciari in Usa (Salvemini disse che Vico lo aveva capito solo tradotto in inglese!). Ma soprattutto sei un finissimo osservatore della scena americana. Per te ho otto domande per altrettante risposte secche, più una battuta.

La passerella della Convention di Chicago, dove tutti erano belli, strafighi, di successo, disinvolti (accompagnati dal miglior sound) potrebbe avere un effetto controproducente sugli americani impoveriti e rancorosi? Oprah Winfray è la “donna più potente al mondo” ma lo è anche presso i redneck, che nessun sussidio pubblico riesce a raggiungere? Quelli della passerella erano radiosi (e più giovani di Trump), come i Kennedy della favola di Camelot degli anni 60: ma i Kennedy battendosi per un mondo migliore – forse la stessa Terra Promessa del rock – facevano sognare anche gli impoveriti, questi ci riescono?
La Convention democratica doveva servire a far uscire i democratici dalla condizione penitenziale in cui erano precipitati dopo il declino di Biden. Avevano bisogno di un po’ di joi de vivre. Che questa gioia non faccia né caldo né freddo al manovale di Dayton, Ohio è scontato, ma bisognava dare la carica ai militanti, perché saranno poi loro a raccogliere le piccole donazioni e ad andare porta a porta, e non possono farlo con l’aria depressa di chi perde il proprio tempo.

Non capiremo mai le categorie politiche americane. Qualcuno dice pure che Trump è un repubblicano “usurpatore” perché il suo stile becero è estraneo all’antico partito di Lincoln, e poi a quello conservatore e protestante di Reagan. Come dire che Berlusconi non avrebbe potuto celebrare nessun Family Day senza cadere nel ridicolo… Che ne pensi? C’è sempre stata nelle politiche presidenziali una oscillazione tra laissez-fare e Welfare, tra il New Deal di Roosevelt e il “governo migliore è quello che governa meno” di Thoreau, tra tagliare le tasse e introdurre tasse sul reddito, tra assistenzialismo e principio di responsabilità individuale. Ora, il mito del non-governo e l’avversione ai burocrati è la verità più profonda di quel popolo di self-made-men?
Nei giorni successivi alla Convention, Kamala Harris ha dovuto dare dimostrazione di non essere troppo di sinistra. Ha fatto marcia indietro sul progetto di una sanità pubblica unica e nazionale, non gratuita ma almeno accessibile, come già esiste per chi ha più di 65 anni. L’utopia di allargare la sanità pubblica a tutti, non solo agli anziani, ha dovuto essere accantonata. Al suo posto è comparsa la generica promessa di rafforzare la riforma di Obama. Che un candidato guadagni consensi, anche tra le classi meno abbienti, perché rinuncia al servizio sanitario nazionale, è qualcosa che un europeo non potrà mai capire, ma nemmeno un cinese o un aborigeno australiano. È il sacro mistero della self-reliance americana.

Hai detto che la gente non vota tanto l’esperienza o la competenza ma una “storia”, dunque la coerenza, la credibilità. La storia della Harris è credibile?
Lo è diventata grazie a un capolavoro mediatico dei giovani esperti di comunicazione che le hanno ricostruito l’immagine. Di per sé, la storia è credibile: figlia di immigrati, laureata in un prestigioso black college, magistrata, procuratore generale della California, senatrice, vicepresidente, magari anche presidente, un perfetto romanzo americano. Complicato dal fatto che quattro anni fa è stata accusata di non essere abbastanza di sinistra, mentre ora per Trump è una comunista. Complicato dal fatto che Biden le aveva incautamente assegnato l’incarico di indagare le cause dell’immigrazione al confine con il Messico (un milione di persone all’anno da tutto il mondo, non solo dall’America Latina). Ma indagare le cause è un compito da sociologi, non da politici. E d’altra parte il vicepresidente può solo collaborare con il presidente come diplomatico o inviato speciale. Quindi adesso Kamala Harris deve difendersi dall’accusa di non aver risolto un problema che non poteva risolvere in ogni caso. Però c’è un’enorme differenza rispetto a Hillary Clinton. Che Kamala Harris sia una donna come Hillary e birazziale come Obama ha il suo peso, ma la sua persona non trasmette quel messaggio che Hillary Clinton aveva stampato in faccia (“Fatevi da parte perché adesso è il mio turno”) ed era tipico della generazione uscita dal femminismo americano degli anni 60 e 70. Kamala Harris è già un’altra storia. Può permettersi di essere votata per quello che dice e che fa, più ancora che per quello che è. Poi vedremo se questo basterà.

Un elemento decisivo in ogni campagna presidenziale resta il patriottismo (altro elemento a noi estraneo). Walz ha detto di amare la patria e ha rivendicato la sua esperienza nella Guardia Nazionale (mentre scorrevano le immagini di lui in divisa). Non posso immaginare quanti dei nostri consumati leader politici abbiano evitato il servizio militare (quand’era obbligatorio). Insomma la bandiera e l’inno sono comunque dei ancora valori potenti, unificanti?
Lo sono, ma meno di trent’anni fa. Tim Walz si vanta dei suoi anni nella National Guard, ma è stato subito accusato di non essere mai stato veramente in guerra. I fallimenti in Iraq e Afghanistan hanno lasciato il segno. È dai tempi di George Bush padre che nessun presidente eletto ha mai svolto un regolare servizio militare, e se c’è un endorsement di cui Harris poteva fare a meno è quello di Dick Cheney, l’architetto della seconda guerra in Iraq.

Obama ha dichiarato che Kamala tra il primo e il secondo anno di college friggeva patatine, Clinton ha aggiunto che andava sempre a mangiare da McDonald’s, tutti orgogliosi di venire dal basso, e oggi tutti egualmente impegnati a proteggere la tartassata classe media. Anche la Meloni, pur non avendo fritto patatine alla Garbatella, rivendica di essere una underdog. Credi che si tratti della stessa cosa?
Il discorso della politica non è rivolto a chi si tiene informato. In Texas, dove vivo, tutto quello che si dice è per rassicurare i farmers delle contee rurali che il loro mondo non cambierà. È del loro voto che si preoccupa il governatore, non di quello che pensa un professore di Houston.

A la Stampa il deputato dell’Illinois Raja Krishnamoorthi dice: “Possiamo vincere anche negli Stati del Sud ma dobbiamo essere sicuri che gli elettori capiscano quale è la posta in gioco”. Lo capiranno o prevarrà la loro xenofobia e la difesa dei “valori cristiani”?
Il Sud è in gran parte perso nel suo eterno orgoglio ferito e nei demagoghi che lo alimentano. La nostalgia di quello che non è mai stato conduce solo alla speranza di quello che non sarà mai.

Le categorie di destra e sinistra sono oggi sbiadite ovunque (anche perché ci sono molte destre e molte sinistre), ma in America qual è davvero l’elemento “di sinistra” dei democratici che nessun repubblicano, anche open minded, potrà accogliere? Quello che ha detto Walz (“Saremo un paese più inclusivo?”), o la capacità di sottrarre più sanità alla mano privata (il seguito di Obamacare), o l’economia green o il diritto di abortire?
Gli americani non hanno mai avuto re, regine, duchi o papi. Vogliono che lo stato funzioni e li aiuti, ma non amano doverlo ammettere. Non essendosi mai presentati con il cappello in mano davanti al signore di turno, non vedono perché dovrebbero sentire gratitudine se lo stato fa qualcosa per loro.

Politica estera. Al di là delle boutade spavalde di Trump (“appena eletto farò finire la guerra in Ucraina con una telefonata”), Kamala dovrà confrontarsi con movimenti filopalestinesi, specie giovanili, sempre più diffusi. Non pensi sia un tema sensibile?
I movimenti filopalestinesi sono già molto meno diffusi della primavera scorsa. Le proteste tendono sempre di più ad assomigliare ai social media. Finito un video ne comincia un altro.

Una battuta sul duello tv tra Trump e Kamala.
Trump è un animale televisivo, ma quando s’infervora comincia a parlare come Ugo Tognazzi in Amici miei. Se si potesse tradurre in inglese il monologo sulla supercazzola con scappellamento a destra, sarebbe un grande discorso di Trump.

 

13 Settembre 2024

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