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Uccidere un ladro non è reato: il Salvini-pensiero

Uccidere un ladro non è reato: il Salvini-pensiero

“Se l’uomo che ha perso la vita non fosse stato un delinquente non sarebbe finita così”. È una dichiarazione del vicepresidente del Consiglio della settima potenza industriale del mondo. Il quale pensa che se uno straniero muore, vuol dire che ha perso la vita. Tutto qui: succede. Ma in questo caso non l’ha persa. Gliel’hanno levata. Gliel’ha levata una signora di Viareggio che lo ha investito volontariamente con un Suv e poi gli è passata sopra con le ruote per quattro volte. Facendo marcia avanti e marcia indietro. Marcia avanti e marcia indietro. Senza preoccuparsi per il sobbalzo dell’automobile.

La signora è stata interrogata e poi rimandata a casa. Il vicepresidente del Consiglio ha detto – dimostrando grande capacità di pietà – che la morte del signore extracomunitario assassinato dalla signora è stato un dramma. Bene. Non ha detto che è stata una festa. Ma poi ha spiegato che il “dramma” è stato l’effetto di un’azione delinquenziale. Cioè ha spiegato che il delitto vero è il furto della borsetta, e invece l’assassinio è solo una conseguenza del furto della borsetta. Non è un crimine a se stante. Un dramma, appunto. Forse casuale, forse causale. C’è qualcosa che accomuna le idee di Salvini a quelle di qualunque altra persona che fa parte della civiltà occidentale? Non credo.