Salvini non le manda a dire. Di fronte al federale della Lega convocato d’urgenza a Roma, denuncia di nuovo il “processo politico”, il “tentativo di attaccare il governo e la difesa dei confini nazionali”. La collega parlamentare Giulia Bongiorno, che è anche la sua legale e non perde di vista la strategia processuale, è molto più diplomatica e stempera: “Piena e assoluta fiducia nella magistratura ma nel contempo consapevolezza che nell’ambito di questo processo ci sono alcune anomalie. Confidiamo in una conclusione favorevole”.
Cosa rischia Matteo Salvini
È un gioco delle parti. La parlamentare e avvocatessa mira all’assoluzione. L’imputato e leader a capitalizzare il regalo politico fattogli dalla procura di Palermo. La convocazione straordinaria del Consiglio federale serve anche a questo. La consapevolezza dell’opportunità politica offerta da una richiesta di condanna effettivamente abnorme c’è tutta. Ci sono anche tensione e paura reali però: il leader prevede una sentenza di condanna, sa di dover mettere le mani avanti da più punti di vista. A breve deve blindare la propria posizione nel governo comunque vada a finire il processo. A lungo termine deve rendere quanto più difficile possibile, per la Corte oggi, per quelle d’Appello e per la Cassazione, emettere quella condanna.
I componenti del Federale si presentano in persona nella sala Bruno Salvadori della Camera, se possono, altrimenti si collegano su Zoom. Il capo e imputato ovviamente presiede in carne e ossa e al suo fianco c’è la parlamentare e avvocatessa. Il solo punto all’odg già dice tutto sulle conclusioni: “Iniziative della Lega per difendere la Democrazia, il voto popolare e la sicurezza dei cittadini messi a rischio da una sinistra anti-italiana che usa i Tribunali per le sue vendette politiche”. Non proprio sintetico ma non poteva esserlo: più che una convocazione è un volantino a uso dell’elettorato di destra. L’imputato, dopo il video teatrale, anche troppo, dei giorni scorsi, torna alla carica con un post dello stesso tipo: “Grazie a tutti per il sostegno. Arrendermi? Mai. Io non mollo”. La manifestazione centrale sarà quella del 6 ottobre a Pontida, promossa a evento “internazionale”. Ci saranno delegazioni da tutta Europa e la persecuzione terrà banco anche nei colloqui con Elon Musk, che il leghista conferma essere in programma e in agenda. Allo stesso tempo si farà partire una raccolta di firme di solidarietà. Il ferro va battuto quando, come adesso, è incandescente.
La strategia di Salvini e il supporto in Europa
Il rischio che corre Salvini è in realtà grosso. Ma l’occasione che gli è stata offerta anche. Dal cono d’ombra in cui era finito e dal quale pareva non avesse più alcuna possibilità di uscire, Matteo Salvini è stato sbalzato in pochi giorni di nuovo sotto i riflettori al centro della scena della destra europea. Orbàn, che di quella destra è il vero capo ancor più di Marine Le Pen, lo saluta come “il nostro eroe”, “il più coraggioso patriota d’Europa”. Il patriota ringrazia, va a propria volta giù pesante di retorica: “I processi non cambieranno il vento di cambiamento e libertà che soffia sull’Europa”. Appuntamento a Budapest, venerdì prossimo per un incontro che a questo punto ha assunto un carattere ben più importante per la destra europea di quanto previsto. Ora Salvini è la bandiera.
Il leader della Lega alza i toni quanto più possibile anche perché deve impegnare subito l’intera maggioranza, costringerla volente o nolente a fare muro, soffocare in culla qualsiasi possibile tentazione di mollarlo ove condannato. Missione compiuta e con una simile richiesta di condanna sul fronte più identitario che ci sia per la destra non poteva essere altrimenti. La strategia della premier in materia d’immigrazione è molto diversa da quella dell’ex ministro degli Interni oggi suo vice, tanto da essere stata adottata dall’intera Europa. Di certo essere appiattita ora sulla linea uguale negli obiettivi ma molto più truculenta nelle forme del leghista non le fa piacere. Però non c’è alternativa. Dunque sia la premier che il governo nella sua completezza che il secondo cittadino dello Stato, presidente del Senato, non esitano a puntare il dito contro il processo politico, con grande scandalo non solo dell’Anm ma dell’intera opposizione.
Anche Fi, il partito che nella maggioranza gioca da mesi sul fare da contrappeso e contraltare alla Lega senza farsene scappare una, è costretto a schierarsi, con una miriade di distinguo ma sostanzialmente senza margini di ripensamento: “Per il governo non ci sarebbe problema neppure in caso di condanna. È un processo politico. Proprio perché non sono sempre d’accordo con Salvini se dico che stavolta ha ragione la mia opinione vale un po’ di più”. Se nella maggioranza prendere le distanze dal leghista a rischio di galera è diventato impossibile, a maggior ragione lo è nel partito. Sino a due giorni fa leader traballante e sotto assedio, il vicepremier è tornato a essere intoccabile e ha già provveduto a rinviare per l’ennesima volta un congresso che quanto a rinvii e posticipazioni si avvia a superare la tela di Penelope. Per ora Salvini può ringraziare i magistrati di Palermo. Quanto al rischio di condanna, ci si penserà, semmai, a suo tempo. In prossimità della Cassazione.