Il Parlamento Ue approva la risoluzione
Europa vota guerra: destra e sinistra spaccate, sull’Ucraina maggioranza e Campo Largo vanno in pezzi
La mozione che autorizza Kiev a usare le armi fornite dall’Ue in territorio russo passa con 377 voti a favore. Lega e 5s contrari, sì di FdI e Fi, Pd diviso
Politica - di David Romoli
Quando si parla di Ucraina i due poli della politica italiana, centrodestra e Campo largo, semplicemente non esistono. Esplodono, si lacerano, vanno in pezzi. Fortuna loro, possono consolarsi guardando gli avversari: mal comune… La simmetria però c’è solo se si guarda alle coalizioni: quando si passa ai singoli partiti ce n’è uno che sta messo molto peggio di tutti gli altri messi insieme, ed è il Pd, diviso in frammenti, nemmeno più in pezzi. È il quadro di oggi, non quello di domani che minaccia di essere peggiore in particolare per chi governa. Per il momento l’Italia può smarcarsi e votare a Strasburgo contro la risoluzione non vincolante che invita gli Stati membri a revocare le restrizioni sull’uso delle armi fornite dall’occidente per colpire il territorio russo. Domani sottrarsi potrebbe diventare per il governo più difficile, ove l’impegno occidentale diventasse più stringente e la Nato reclamasse la prova di fedeltà.
Occasione per verificare, non certo per la prima volta, quanto poco le coalizioni siano omogenee sul terreno che oggi sovraordina tutti gli altri, quello della guerra e anzi delle guerre, è il voto del parlamento europeo su una mozione che a favore del sostegno militare, oltre che sociale e civile, all’Ucraina. All’interno ci sono un paio di paragrafi, quelli incandescenti, che toccano la vera ferita aperta, il via libera all’uso delle armi per colpire la Russia. Ma né il centrodestra né il centrosinistra si limitano a spaccarsi sul punto dolente. Si dividono anche sulla mozione in sé. A sinistra i 5S bocciano la risoluzione in toto. Tra le file di Avs si schiera contro le armi solo Ilaria Salis, gli altri si astengono. Il Pd sin qui regge bene, con due sole astensioni, l’ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio e Cecilia Strada. A destra non va meglio. Due partiti, FdI e Fi, votano compatti a favore della risoluzione. La Lega la boccia.
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L’intero spettro delle forze politiche italiane si ricompone in modo perfettamente bipartisan quando si arriva all’articolo che chiede di eliminare le restrizioni sull’uso delle armi. Sono contrari tutti, proprio tutti anche quelli che in cuor loro sarebbero favorevoli ma si adeguano per amor di coalizione. Ma è proprio qui che il Pd capitombola. Pina Picierno, vicepresidente dell’europarlamento fa sapere subito che lei invece voterà a favore perché la restrizione “ostacola la capacità dell’Ucraina di esercitare pienamente il suo diritto all’autodifesa” e a rigor di logica non ha torto. Il pollice verso di Lega e 5S, contrari in blocco ad armare Kiev, è coerente, quello degli altri un bel po’ di meno. La segue a ruota Elisabetta Gualmini e con una bella dose di polemica aperta: “Io sto dalla parte della democrazia, non dei Vannacci, dei Patrioti e dei filoputiniani”. Tra le file democratiche si contano un certo numero di assenze, come quella di Dario Nardella, non necessariamente strategica. Non è di questa natura di certo quella di Giorgio Gori. L’ex sindaco di Bergamo si premura infatti di notificare che impegni istituzionali lo hanno tenuto lontano da Strasburgo ma se fosse stato presente avrebbe votato come Picierno e Gualmini, contro il semaforo rosso sulle armi contro il territorio russo.
L’argomento è deflagrante un po’ ovunque. I Patrioti, eterni sospetti di putinismo strisciante, si dividono in tre tra favorevoli, contrari e astenuti. Ma la stessa identica cosa capita nel gruppo della sinistra: nordici e baltici sono per lasciare le mani libere a Zelensky, France Insoumise si astiene. La risoluzione passa con 425 sì contro 131 no e 63 astenuti. Ma passa anche, con minore vantaggio però nettamente, l’invito a togliere il veto sull’uso a lunga gittata delle armi: 377 favorevoli, 191 contrari, 51 astenuti. Ritrovarsi su posizioni opposte nella materia più centrale che ci sia oggi è imbarazzante per tutti, anche per un’opposizione che di politica estera praticamente non può parlare. Ma per la maggioranza è peggio perché in quel caso la divisione riguarda chi decide, il governo.
La destra, che in queste cose si sa muovere, se la cava lasciando alla Lega una sorta di diritto di parola e di distinguo che il governo semplicemente ignora e compattandosi poi sul punto più delicato. Resta da capire se e quanto questa posizione, che è dei governi europei indipendentemente dal colore, possa reggere, essendo evidente che l’uso delle armi a lunga gittata è indispensabile se l’Ucraina deve continuare a combattere, come quegli stessi Paesi europei di fatto chiedono e sperano. Ma questo, come molti altri, è un passaggio che resterà del tutto oscuro sino al 6 novemebre. Poi dipenderà da chi abiterà la Casa Bianca nei prossimi quattro anni.