C’era una volta il miliardario George Soros – ungherese, ebreo naturalizzato americano – che, secondo la teoria del “comblotto” (uno dei tanti) alimentata dalla destra estrema, si intrometteva nelle nostre vicende patrie, finanziando qui e là cose di sinistra.
Oggi, però, sulla scena politica italiana è apparso all’improvviso un altro miliardario: Elon Musk – sudafricano, cittadino canadese, anche lui naturalizzato americano – il quale, appresa la richiesta di una condanna di sei anni a Salvini, ha delicatamente dichiarato: “Quel pazzo pubblico ministero dovrebbe essere lui quello che va in prigione per sei anni”. Non so come la notizia sia arrivata fino a Musk. Probabilmente, da grande frequentatore di X, l’ha appresa dal video (sottotitolato in inglese) diffuso da Salvini per ricordarci che lui, come Pietro Micca, si è limitato a difendere i sacri confini (un filmato, a dire il vero, alquanto sinistro: sfondo nero, abito nero, faretto posizionato in alto come dall’empireo, sguardo fisso, una fotografia da locandina di “Suspiria”).
La buona notizia è che, con due grandi imprenditori (non più uno soltanto) interessati al nostro paese, siamo entrati finalmente in pieno mercato, per la gioia di tutti i liberali, e che la concorrenza è ormai aperta: potremo scegliere come tra Apple e Windows, Coca Cola e Pepsi, come una volta tra Fiat e Renault. Resta solo un dubbio: e se Musk si ricordasse di essere anche lui africano come i 147 sequestrati da Salvini a friggere per 19 giorni sul ponte della nave sotto il sole di ferragosto?