Conte l’ha avuta vinta. In Liguria Renzi esce dal Campo largo, come da diktat contiano. A fare il passo indietro è la stessa Italia viva, lasciando libertà di voto ai suoi elettori. Ufficializza la sofferta retromarcia la capogruppo Raffaella Paita: “In queste settimane abbiamo offerto la massima disponibilità. Abbiamo fatto di tutto per raggiungere l’obiettivo di una presenza riformista nel centrosinistra. Ma nelle ultime ore, su pressione dei 5S, ci è stato chiesto di eliminare l’apparentamento o cancellare dalla lista alcuni nomi. Per noi non è serio”.
Iv aveva già rinunciato a comparire ufficialmente, confluendo in una lista unica con i socialisti e +Europa per rabbonire i 5S. Senza grandi risultati se ancora ieri mattina, sul QN, campeggiava un’intervista al vice di Conte Ricciardi sprezzante e tassativa: “Qualsiasi campo con Renzi diventa un campo santo, non largo. Ragion per cui vogliamo evitare qualsiasi convergenza, apparentamento, unione con Renzi, renziani e travestimenti vari”. A Iv non restava alternativa alla ritirata che suona definitiva non solo in Liguria ma a livello nazionale, come fa capire la stessa Paita: “Siamo disponibili a fare gli accordi col centrosinistra ma non a tutti i costi. Deve essere chiaro per l’oggi e per il domani”. Ma a Conte è già chiarissimo e provvederà senza alcun dubbio lui a fare in modo che quei “costi” siano troppo esosi persino per un Renzi ormai molto vicino alla disperazione.
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Lo schiaffo di Conte non colpisce Renzi ma Elly Schlein. La madrina e prima sponsor delle alleanze con i renziani era lei e a lei Conte ha voluto dimostrare che l’ultima parola non spetta al Nazareno. La mazzata arriva subito dopo il colpo basso sulla Rai, che ha portato al massimo livello l’irritazione dello stato maggiore del Pd. Ma si tratta di una rabbia impotente. Le voci su una rottura in Liguria che circolavano ieri sono infondate. Il Pd non può rompere l’alleanza perché rischierebbe di dar partita vinta alla destra in Liguria e non può permetterselo. Infatti la capogruppo Braga, una sorta di alter ego di Elly, si affretta a buttare litri d’acqua sulla fiammella: “Sono fiduciosa che non ci saranno ragioni per non continuare in questa direzione”. In effetti, cacciato Renzi e subìto in silenzio lo sgambetto Rai, di minacce per l’alleanza Pd-5S in Liguria non dovrebbero essercene più. Il candidato Orlando si lancia in un molto generico appello alla “unità che ci viene chiesta dal basso” glissando sul fatto che a non volere quell’unità e a essere riuscito a silurarla in Liguria è proprio il principale alleato del Pd.
L’uno-due di questi giorni è eloquente. Conte non uscirà dal centrosinistra, anzi ribadirà con massimo trasporto la sua collocazione in quel “Campo”. All’interno del quale non darà tregua a Elly, che considera più la sua diretta avversaria che non la principale alleata. In parte il Pd si illude che quella dell’ex premier sia una messa in scena in vista dello scontro finale con Grillo nell’assemblea costituente del Movimento, a novembre. È appunto un’illusione. L’imminente duello ha certamente un suo peso ma non significa che Conte reciti la parte del grintoso quasi antagonista del Pd con il progetto di addivenire poi a miti consigli una volta messo ko l’Elevato. È lui, senza alcun bisogno di Grillo, a non avere alcuna intenzione di accettare la leadership di Schlein e del Pd.
Illusoria si è dimostrata anche la speranza del Pd di risolvere la disfida con i 5S sulla base dei rapporti di forza registrati dalle elezioni del 9 settembre. Quei rapporti di forza a favore del Pd sono più che compensati da un elemento più decisivo: Schlein ha bisogno di Conte molto più di quanto Conte non abbia bisogno di Schlein. A fare la differenza è il diverso rapporto con l’obiettivo del governo. Per quanto la segretaria outsider cerchi di rendere il Pd partito d’opposizione il dna stesso di quel partito è l’essere partito di governo e che esiste solo in vista del governo. Una nuova sconfitta alle prossime politiche sarebbe devastante e costerebbe per prima cosa la segreteria a Elly Schlein.
Conte, al contrario, può permettersi di restare all’opposizione anche nella prossima legislatura: ne guadagnerebbe in voti e probabilmente anche di peso specifico nel centrosinistra. Per lo stesso motivo Schlein deve mettere la sordina all’irritazione ed evitare per quanto possibile scontri aperti e tensioni palesi che ricadrebbero sulle chances di vittoria alle prossime elezioni mentre Conte può permettersi di prendere rumorosamente le distanze a piacimento. Il problema del Campo Largo, in fondo, è una asimmetria politica che costringe e costringerà la segretaria del Pd a ingoiare un boccone amaro dopo l’altro.