“A volte sembra proprio una prigione”. Elvira è scappata dall’Ucraina poco dopo lo scoppio dell’invasione russa, insieme al figlio Radjic. Lei è una dei tanti profughi ucraini che sono ospitati nell’aeroporto Tegel di Berlino, ormai dismesso da anni, che si è ormai trasformato in un vero e proprio campo profughi. Insieme al figlio, la donna è ospitata in una grande tenda che si trova proprio sulla pista dell’ex aeroporto e che condivide con altre 378 persone. La rivista tedesca Der Spiegel ha condotto un’inchiesta su questo centro di accoglienza, che dopo due anni di guerra si è trasformato in un luogo di disperazione. Non esistono porte o tende che dividano le varie zone della tenda. Nessuna privacy, solo lunghe file di letti a castello. Oltre 700 persone che condividono 16 cabine per i servizi igienici in cui molte delle docce hanno smesso di funzionare. Non ci sono spogliatoi. L’aeroporto Tegel ha una storia particolare: costruito nel 1948, ha chiuso definitivamente i battenti nel 2021, quando è stato aperto nel sud-est della città il nuovo aeroporto della capitale tedesca, il BER.
TESTIMONE DEGLI AVVENIMENTI DELLA STORIA RECENTE
Questo edificio sembra portare le tracce dei principali avvenimenti che hanno segnato la storia recente: nel secondo dopoguerra la sua pista ha reso possibile il ponte aereo di Berlino dopo che l’Unione sovietica aveva bloccato l’accesso a Berlino Ovest; durante la Guerra Fredda è stato il principale ponte di collegamento tra Berlino Ovest e il resto della Germania sotto controllo dell’Urss; per poi diventare decenni dopo uno dei più importanti centri vaccinali del paese durante la pandemia da Covid-19. Infine, nel 2022 è diventato un centro di accoglienza per i rifugiati di guerra provenienti dall’Ucraina. Un centro di accoglienza che avrebbe dovuto essere temporaneo, come luogo di prima accoglienza, in cui i profughi avrebbero dovuto passare solo un paio di notti al massimo. Ma oltre 30 mesi dopo, sono più di 5mila i rifugiati che ancora considerano Tegel casa. Mentre la maggior parte di loro sono rifugiati di guerra dall’Ucraina, qui vivono anche afghani, siriani e iracheni, in attesa della decisione sulla loro richiesta di asilo. Uomini e donne, bambini e anziani, così come molte persone che soffrono di vari problemi di salute. Secondo quanto pubblicato da Der Spiegel, l’ex aeroporto presto potrebbe arrivare ad ospitare fino a 8mila persone.
UNA STRUTTURA UNICA
A rendere unica questa struttura è in primo luogo la sua dimensione: in tutta la Germania non esiste nessun altro posto progettato per accogliere un numero così alto di persone. Secondo Der Spiegel, i costi sono molto elevati: si stima che solo per la gestione del luogo vengano spesi circa mezzo miliardo di euro all’anno. A seconda del numero delle persone ospitate, si potrebbe trattare all’incirca di 250 euro al giorno per ciascun richiedente asilo. Come sottolinea la rivista tedesca, a quel prezzo, se non addirittura inferiore, si potrebbe avere una stanza di albergo con pensione completa. Invece, sono molti gli ospiti della struttura che lamentano una scarsità del cibo nella mensa, arrivando persino a parlare di malnutrizione dei loro figli. Tuttavia, questi costi elevati non sono semplicemente legati ad una cattiva gestione della struttura, ma anche dalla crisi degli alloggi a Berlino che in molti casi rende impossibile per i richiedenti asilo trovare casa.
FINANZIAMENTI STRANI E ACCUSE DI CORRUZIONE
Ritornando ai finanziamenti utilizzati nella struttura, Der Spiegel sottolinea come nel 2022 43 milioni di euro del budget erano stati utilizzati per finanziare personale e misure di sicurezza, necessarie in una situazione del genere ma che forse potrebbero riguardare spese più contenute. Due anni dopo la spesa per la sicurezza a Tegel è quasi raddoppiata: con l’intenzione di arrivare ad ospitare un totale di 8mila persone, sono stati stanziati altri 46 milioni, arrivando ad un totale di oltre 131 milioni di euro per il 2024. I dubbi su possibili casi di corruzione vengono dal fatto che il governo deve subappaltare a più società la gestione della sicurezza di Tegel, e la cifra esatta di quanto riceve ciascuna azienda non è chiara, anche se alcuni subappaltatori, come Teamflex, dal 2020 al 2022 è riuscito a far crescere i suoi guadagni annuali di dieci volte.
SICUREZZA: UN TEMA CHE SPAVENTA GLI OSPITI DELLA STRUTTURA
Oltre ai soldi stanziati e alle accuse di corruzione, la stessa gestione della sicurezza è stata motivo di preoccupazione e causa di lamentele da parte degli ospiti. Razzismo, episodi di violenza e molestie. Queste sono solo alcuni dei problemi che i rifugiati ospitati a Tegel hanno lamentato alla rivista tedesca. Tra loro, sono le donne a sentirsi meno sicure, soprattutto dopo più di un episodio in cui dopo essere state in doccia sono state perquisite, sia loro che il loro intimo. Dall’altra parte, anche gli operatori che lavorano nel centro lamentano l’impossibilità di fare qualcosa per aiutare realmente queste persone. Come nel caso di una traduttrice che ha lasciato il suo lavoro a Tegel mesi fa. Nella testimonianza raccolta da Der Spiegel racconta la sua esperienza: “A volte un residente mi chiedeva di tradurre una lettera del centro per l’impiego o della compagnia di assicurazione sanitaria, ma quando appariva il supervisore del turno mi rimproverava per averlo fatto, per aver fatto il mio lavoro”. E continua: “Quasi nessuno era adeguatamente formato per lavorare con queste persone. Siamo stati assunti per non fare nulla: il supervisore del turno ci aveva praticamente proibito di aiutare queste persone”.
UN LUOGO INADATTO ALL’ACCOGLIENZA DEI MIGRANTI
L’origine di queste disfunzioni organizzative del centro Tegel risale probabilmente al fatto che quando ha aperto come centro di accoglienza nessuno della dirigenza aveva esperienza nell’accoglienza di migranti. A tutto questo si è aggiunto il fatto che molte delle persone che sono state assunte erano berlinesi che avevano perso il lavoro durante la pandemia. “Si trattava per lo più di gente assunta quando Tegel era gestito come centro di vaccinazione e test contro il Covid, e queste erano persone per la maggior parte provenienti dalla scena dei club, dal settore degli eventi, dall’organizzazione di concerti”, racconta a Der Spiegel Martina Schmidt, donna con un background nelle organizzazioni umanitarie. “Ma Tegel non è un festival”.
LA MANCANZA DI VOLONTÀ DELLA POLITICA TEDESCA
Istituito come centro di accoglienza temporaneo, Tegel avrebbe dovuto chiudere dopo un anno al massimo. Eppure, lo smantellamento di questa struttura implicherebbe la costruzione di altri spazi adeguati all’accoglienza dei rifugiati. Al governo di Berlino al momento c’è la coalizione tra Socialdemocratici e Cristiano-democratici. Se il primo sostiene la necessità di chiudere uno spazio così, dall’altra parte si vuole continuare ad ampliare la struttura. Ad oggi, sembra che non vi sia alcuno spazio per un compromesso. E non per una impossibilità reale, ma – come spesso accade – per una mancanza di volontà politica di farsi carico della questione migrazione.